Capitolo 9

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Sono un po' agitata, visto che non conosco bene Miss Mery. In realtà non la conosco per niente, ma se non vado a trovarla non potrò mai sdebitarmi con lei.
E poi mi farà bene avere un'amica.

Sono praticamente fuori alla sua porta. L'ansia sale, faccio un bel respiro prima di bussare, ma nel momento in cui sto per farlo la porta si apre spaventandomi a morte.

«Oops scusami, ti ho spaventato! Scusami non volevo. Tu devi essere Desyrè, io sono Stive, il figlio di Mery... o come si fa chiamare lei, "Miss Mery."»
«Ciao, sì io sono Desyrè Tomas, è un piacere conoscerti Stive!» gli rispondo, e lui mi sorride.
«Prego accomodati, mia madre è di là in cucina, sta cercando di preparare la cena, speriamo di uscirne vivi senza che ci avveleni. È negata, ma non dirglielo sennò dovrò ucciderti.»

Sono più rilassata ora che sono entrata in questa casa, e devo dire che il figlio di Miss Mery è veramente simpatico, mi trasmette tranquillità e posso dire che sto bene. In Italia non mi capitava mai di sentirmi così, anzi l'esatto contrario.
In ogni posto in cui andavo c'era qualcosa di brutto e di spaventoso che mi mette i brividi solo al pensiero.
La serata procede perfettamente e devo dire che c'è molto feeling tra me e Stive: non smetto di ridere ad ogni parola che dice.

Continuiamo a chiacchierare sorseggiando i nostri caffè, sembra come se ci conoscessimo da una vita, e questo mi fa sentire serena.
Stive si alza per prendere una sigaretta appoggiata sul caminetto.
È veramente molto carino, anzi dire carino è un'offesa; è davvero un gran Figo, non riesco a non guardalo.

Indossa un paio di jeans chiari con una maglietta attillata nera che fa risaltare il suo fisico scolpito ma senza esagerare. I suoi capelli sono di un castano chiaro e gli occhi color nocciola. Il suo sguardo è un po' strafottente, ma nei suoi occhi trapela un filo di tristezza. Lo guardo mentre fuma la sua sigaretta e noto un velo di malinconia mentre lo fa. Cerco di leggergli nella mente per capire quale sia il motivo della sua sofferenza, ma vengo distratta da Miss Mery che mi fa distogliere lo sguardo da quello triste di Stive.

«Cara io vado a riposare, per me è tardi. Ma voi continuate a fare quello che vi pare, siete giovani e avete tutta la notte per divertirvi.» dice e mi dà un bacio sulla guancia, così io le sorrido timidamente.
«Stive dimenticavo... spero che la cena sia stata di tuo gradimento e che non ti abbia "avvelenato", figliolo... buonanotte.»
«Ma come ha fatto a sentirmi? Dì la verità, sei stata tu a dirglielo?», ride puntandomi il dito contro. Ovviamente nego tutto, sono solo felice che gli è tornato di nuovo il sorriso sulle labbra.
«No Stive, non sono stata io. E poi come avrei potuto, mi avevi detto che se lo avessi fatto mi avresti uccisa.», gli rispondo e rido come una pazza.

«Beh visto che non è tardi e che siamo "giovani " e ancora vivi, ti va di fare una passeggiata?»
«Certo Stive perché no?»
Usciamo di casa e continua a fare battute sulla cena di stasera, prendendomi in giro su come cercavo di evitare quell'orribile pasta al sugo che sua madre aveva preparato e che cercava in tutti i modi di farmi assaggiare.

Camminiamo per la città e vengo colpita da un bellissimo parco giochi. Mi fermo e come una bambina capricciosa arriccio il naso cercando di fargli tenerezza e pregandolo di farci qualche giro.

«Dio mio sono esausta, non mi divertivo così tanto da anni.»
Ci sediamo su una panchina con ancora il fiato corto.
Sembriamo due bambini: continuiamo a ridere senza fermarci.
Dopo un po' ci avviamo verso casa mia, Stive si è proposto di accompagnarmi, visto l'ora che si era fatta, e a dire il vero a me non dispiace affatto. Dopo qualche minuto di silenzio mi sento chiamare.
«Desyrè, posso chiederti una cosa un po' personale?»
«Certo!» rispondo, annuendo con la testa.
«Come mai hai lasciato l'Italia per venire qui a Los Angeles?»

Mi fermo di botto, il mio cuore cessa di battere.
Mi sento male solo al pensiero di tutto quello che ho passato, mi fa troppo male solo ripensare a tutto.
Voglio reagire ma non riesco a muovermi, sono rimasta praticamente pietrificata.
Rimango lì ferma senza dire una parola, non mi sento più le gambe. Mi sento svenire.
Lo guardo con il terrore che possa accadere di nuovo, dopo tanti spostamenti e sacrifici.
Non qui, non di nuovo. Ti prego.

STIVE'S POV.

«Desyrè, Desyrè! Stai bene? Ehi rispondimi, parla ti prego!»
È assente e non capisco cosa succede. Dopo qualche minuto la vedo riprendere colore, era diventata bianca cadaverica.
«Piccola cos'è successo, ti senti male?
Cazzo non dirmi che è stata la cena di mia madre.
Rispondimi ti prego, così mi fai spaventare.»
«NO Stive sto bene tranquillo, non è niente ora mi passa.» risponde balbettando.

Guardo il suo viso ancora pallido, non so cosa gli sia preso. Di sicuro devo aver detto qualcosa che l'avrà turbata.
Continuiamo a camminare senza che nessuno dei due parli.
Noto che l'aria si  è rinfrescata, quasi da far freddo.
Mi giro per guardarla, per vedere come sta, si è praticamente rannicchiata tra le sue braccia cercando in tutti i modi di riscaldarsi. Sorrido a quella tenera scena.

«Hai freddo?»
«Sì un po'.» dice sottovoce.
Avvolgo il mio braccio alle sue spalle tirandola a me per far sì che il mio corpo la riscaldi.
È ancora un po' scossa, e stringendosi sul mio petto i suoi occhi incrociano i miei. Mi fa sorridere e dimenticare della paura che mi sono preso poco fa.
«Ti avevo avvisata piccola, mia madre quando cucina non scherza, li fa fuori tutti.» rido per tranquillizzarla stingendola di più.

Mi dà una pacca sulla spalla cercando di svincolarsi dalle mie braccia, ma senza avere più via di scampo.
«Mi lasci andare o sono tua prigioniera?» chiede indispettita.
«Mi spiace ora sei mia.» rispondo ridendo, «Non ti lascerò mai più.»

DESYRÈ'S POV.

«Tranquillo Stive, ora che mi hai conosciuta non ti libererai facilmente di me.»
Posso affermare che di lui mi fido, anche se non lo conosco. Ma quegli occhi mi dicono che anche lui come me ha sofferto tantissimo.

«Dovrai sopportarmi caro Stive, anche perché tua madre non riuscirà a starmi lontano, ormai siamo amiche.»
Lo abbraccio e gli do un bacio sulla guancia.
Mi allontano per tornare nel mio appartamento.

Nulla Può SuccedertiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora