Capitolo 11

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«Mi preparai per andare da Neytan, per essere sicuro che i fuochi fossero pronti in orario. Entrai nel suo ufficio e rimasi pietrificato. Non riuscivo più a respirare dopo quello che avevo visto.
Ad oggi non riesco ancora a respirare ripensandoci.
Rimasi lì fermo per non so quanto tempo.

Non riuscivo a muovermi, continuavano senza nemmeno accorgersi di me. Erano così in sintonia...»
La rabbia mi assale, stringo i pugni e incomincio a tremare. I miei occhi bruciano, faccio fatica a respirare. Mi calmo non appena sento la mano di Desyrè stringermi le spalle, incoraggiandomi a continuare.

«Li guardavo con totale disgusto mentre si scopavano. Restai lì a guardare praticamente pietrificato quasi tutto il tempo. Più li fissavo e più mi sentivo perso.
Il giorno dopo mi trovai ubriaco fradicio, non mi reggevo in piedi ed ero pieno di sangue. Pensa che non mi ricordavo nemmeno il mio nome.», continuo con un sorriso amaro fra i denti.

«Il proprietario del locale chiamò la polizia e fui arrestato per rissa ed eccesso di alcool e cose varie, che in realtà non ricordo.
Avevo così tanta rabbia in circolo che picchiavo chiunque mi passasse davanti, lo avrei ammazzato con le mie stesse mani, se non mi avessero preso. Per uscire dal carcere quel giorno chiamarono proprio Neytan, "il mio avvocato".

Quando vidi il suo bel faccino mi si abbagliò la vista, mi scaraventai su di lui come una tigre. Se non fosse stato per la guardia lo avrei ammazzato giuro! Solo dio sa quello che avrei fatto.

Continuava a chiedermi cosa mi prendesse, ma io non gli dissi nulla.
Lo guardavo diritto negli occhi, vedevo il suo sguardo perso e confuso. Provava a comprendermi, ma non ci era ancora arrivato, e questo mi faceva incazzare terribilmente. Alla fine non ci riuscì, non so il perché, pensa che non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi, gli dissi solo "nulla, non ho nulla."

Mi girai e me ne tornai nella mia cella. Sono stato tre giorni lì, poi mi fecero uscire su cauzione; credo sia stato lui a pagarla, perché a mia madre non dissi nulla. Aveva già tanti problemi e io non volevo aggiungerne altri. Continuavo a bere e fare casini, non andavo più a lavoro, me ne stavo da solo nei locali ad ubriacarmi e a fare a botte con tutti, ero impossessato dal male.
E ogni giorno che passava il dolore aumentava sempre di più. Ero rimasto solo: avevo perso Hanna, l'amore della mia vita, e non potevo raccontare a nessuno il mio dolore, perché anche il mio migliore amico era morto per me.

Dopo poco decisi di cambiare aria, presi il primo aereo per New York e giurai a me stesso che non sarei più tornato.»

DESYRÈ'S POV.

Le lacrime rigano il mio viso, vorrei morire dopo quello che mi ha raccontato. Sento il dolore che prova, lo sento da come trema, eppure non riesco a vedere il suo viso, visto che da quando ha iniziato a raccontare non fa altro che guardare fuori dalla mia  finestra dandomi le spalle. Lo abbraccio forte per fargli sentire tutto l'affetto che provo nei suoi confronti, lo sento rilassarsi grazie a quell'abbraccio. Fa un gran respiro e decide finalmente di girarsi verso di me.

Lo guardo con le lacrime agli occhi, anche i suoi sono bagnati. Mi guarda come se volesse scusarsi di avermi fatto piangere. Mi accarezza asciugandomi il viso e facendomi un sorriso.
«Ti avrò annoiata con la mia storia eh?», mi chiede con voce roca.
Lo guardo e vedo tanta tristezza, non so perché ma l'unica cosa che riesco a fare è abbracciarlo talmente
forte tra le mie braccia da fargli mancare il respiro.

«Ti prometto che io ci sarò, ci sarò per sempre in qualunque momento, te lo prometto.»
Lo conosco da poco ma le mie parole sono sincere.

Passiamo una bella mattinata insieme per scacciare via quei brutti ricordi. Ci sfreniamo a ballare e a cantare come due perfetti idioti. Pranziamo insieme e poi in serata decidiamo di andare in qualche locale siccome non ero mai andata a ballare per colpa dei miei problemi in Italia.

«Stive sono pronta. Ma dove ti sei cacciato? Dai non voglio giocare ancora a nascondino, dove sei? Dannazione, ma sei matto?! Mi hai spaventata!»
«Scusami Desy non volevo, ero in bagno.
Wow sei stupenda, ma è così che ti vesti per andare a ballare?», vedo che rimane senza parole, tant'è che la lingua quasi tocca a terra dallo stupore.
«Sì perché? Cos'ha che non va il mio vestito?» chiedo con finta ingenuità; mi piace ricevere complimenti.

STIVE'S POV.

«Nulla, dicevo tanto per dire.», rido, ma provo poi a ricompormi.
«Sei stupenda, solo che non immaginavo che potessi essere così sexy. Mi farai fare a botte con qualcuno stasera con quell'abitino, e non mi sembra il caso visto che sono tornato solo da pochi giorni.»

Continuo a guardarla senza mai toglierle gli occhi di dosso. Subito noto il rossore sulle sue guance.

DESYRÈ'S POV.

«Ma dai Stive smettila e non preoccuparti. Se proprio vuoi saperla tutta, non sono mai andata a ballare in vita mia.», ecco, finalmente l'ho detto.
«Ma come, hai ventisei anni. Dai non sparare cazzate.», ma il modo in cui lo guardo, come a volerlo ammonire, gli fa capire che è meglio non continuare.
«Dimmi una cosa, dove sei stata tutti questi anni?»
«Stive ora non mi va di raccontarti il mio passato, stasera voglio solo divertirmi e non pensare a nulla.»

Non aspetto sua risposta, lo prendo soltanto per il braccio e lo tiro fuori dal mio appartamento.
Per ora me la sono scampata.

Nulla Può SuccedertiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora