Capitolo 19

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Mi giro e lo guardo, i miei occhi si incastrano perfettamente nei suoi. Non so come sia possibile tutto questo, ma quando accade so di essere intrappolata e non riesco più ad uscirne in nessun modo. Faccio un gran respiro:
«Perché, perché lo hai fatto?»
Da come mi guarda ho un po' paura di sapere, ma arrivati a questo punto è meglio così, visto che dovremo passare altri due giorni insieme.
«Spiegami, avresti preferito un'altra al posto mio? Perché non sopporti che sono amica del tuo ex amico Stive? Perché ti sto sulle palle per chissà quale motivo? O perché ti senti così al di sopra di tutto e di tutti e visto che sei il mio capo puoi permetterti di prenderti gioco di me quando ti pare e piace? Dimmelo, Neytan!»
Sono davvero incazzata ora e non riuscirei a fermarmi nemmeno se venisse un uragano.

Mi alzo per l'ennesima volta da quel divano alzando la voce e andando avanti e indietro per tutta la camera come una pazza scatenata, anche se devo proprio ammettere che non so il perché mi stia arrabbiando così tanto per una cosa così inutile.
Lo vedo ancora seduto a giocare con la penna tra le mani e non mi degna nemmeno di uno sguardo, ma nel momento in cui sto per arrendermi e andarmene, si alza di scatto e mi viene incontro con aria inferocita. Indietreggio di un paio di metri. Cavolo, ora sì che ho esagerato. Arriva a due centimetri dal mio viso e continua a fissarmi.

«Vuoi proprio sapere il perché, Desyrè? Sei proprio sicura di volerlo sapere?» dice con un tono spaventoso. Prendo fiato per l'ennesima volta, cercando di non fargli capire che sono terrorizzata dal suo atteggiamento.
«Sì Neytan, voglio saperlo.» rispondo, cercando di sembrare decisa, ma non credo di esserci riuscita. Sto aspettando Neytan con le braccia appoggiate sui fianchi. Lui continua a guardarmi senza fiatare. Ma nel momento in cui sta per farlo il mio cellulare squilla, e odio me stessa per averlo comprato.

Dopo la telefonata con la signora Milton l'aria sembra essersi calmata in questa stanza. Neytan si è steso sul mio divano preferito con le mani tra i capelli scompigliandoli ancora di più. Guardo quella scena divertita pensando di averlo fatto davvero impazzire con il mio comportamento di poco fa. Sarà la stanchezza del lavoro degli ultimi giorni o forse non mi sono ancora abituata al fuso orario.
Continuo a fissarlo facendo fatica a non sorridere.

Sorseggio il mio caffè, in camera c'è ancora silenzio, e per spezzarlo comunico che l'appuntamento con il cliente per la quale eravamo lì era stato spostato nel tardo pomeriggio dell'indomani a casa sua. Neytan continua a massaggiarsi i capelli facendoli diventare ancora più arruffati di quello che già non lo siano normalmente. Non riesco più a trattenermi, faccio il possibile ma proprio non ci riesco: dalla mia bocca esce una rumorosa risata che fa saltare Neytan dal divano, provocandomi ancora più divertimento.
Non riesco più a smettere di ridere, sento le mie guance allividire e il dolore allo stomaco aumentare. Se non riordina quei capelli sento che morirò dal ridere.

NEYTAN'S POV.

«Mi spieghi cos'hai da ridere? Casa hai messo in quel caffè? Giuro ne voglio uno anche io!»
Se vederla arrabbiata riesce a farmi un tale effetto, ora vederla ridere come una bambina mi fa eccitare ancora di più.
«Cosa ti prende? Me lo spieghi, per favore?» chiedo ridendo anch'io solo per il suo modo buffo di ridere.  Indica i miei capelli cercando di farmi capire che sono questi ultimi a farla ridere, ma più mi guarda e più sembra divertita dato che toccandoli per cercarci qualcosa di strano all'interno li scompiglio ancora di più.
«Desy, mi spieghi cosa ho nei capelli? Io non vedo nulla, non è che mi stai solo prendendo in giro per farmela pagare? Tu ne saresti capace.»

«No, ti sbagli, non sono così meschina, è solo che se tu ti guardassi allo specchio capiresti perché sto ridendo.»
Mi avvicino allo specchio che si trova vicino all'entrata, e appena la mia immagine si riflette non faccio altro che sorridere al guardare la mia buffa immagine. Mi giro verso di lei che continua a ridere senza tregua.
«Tu, piccola peste. Ti prendevi gioco di me senza dirmi niente.» dico, rincorrendola per la stanza come un bambino.
«Volevo, giuro, ma non ci riuscivo. Ero troppo impegnata a ridere. E poi ho cercato di dirtelo ma tu non capivi, ecco perché ti ho detto di andare allo specchio.» esclama, continuando a correre.
Sono esausto, non sono più abituato a fare questo gioco. Mi butto sul divano e quando Desy mi si siede di fianco, con la scusa che mi rilasso, la prendo in mio possesso cercando di fargliela pagare.
«Non è giusto, dovevo aspettarmelo da un viscido avvocato come te!» dice piagnucolando.
«Cosa hai detto? Un viscido avvocato? Ricordati una cosa bambina, io sono il migliore.»
È bello scherzare con lei in questo modo, vorrei che questa serata non finisse mai. Sono praticamente sopra di lei, le mantengo le mani per cercare di scompigliarle i capelli. Lei continua a ridere e urlarmi di smetterla, ma non glielo darò vinta. Quando sono soddisfatto del mio lavoro la libero guardandola come non mai.

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