Capitolo 22

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Sento delle voci, voci che non riconosco. Il dolore è allucinante, faccio fatica a respirare e non riesco a muovermi. Sento solo pressione sul mio corpo, come se un tir mi stesse schiacciando. Cerco di aprire gli occhi, ma mi è difficile farlo.

Intravedo una luce ma il bruciore agli occhi è troppo forte e mi impedisce di aprirli del tutto. Una forte stretta al braccio mi costringe a spalancarli. Eccoli, sono sopra di me. Cerco di urlare con tutto il fiato che mi rimane, ma fallisco perché le loro mani sono avvolte al mio collo, impedendomi di reagire. Quando tutto mi sembra portarmi alla fine, i miei polmoni riprendono a funzionare. Gli occhi di Neytan mi riportano ad avere un respiro più regolare. Lo guardo impaurita con le lacrime agli occhi; anche il suo viso lo è, cerca di capire cosa sia successo, mi osserva con il terrore stampato sul viso. Il mio corpo continua a tremare dallo spavento ma quando le sue braccia mi sollevano da quel pavimento ghiacciato, il mio cuore ricomincia a battere.

Vedo un bambino sulla soglia della porta di quel bagno, avrà all'incirca dieci anni. Mi guarda spaventato, anzi terrorizzato. Come se sapesse, ma tutto questo mi sembra impossibile.

La voce di Neytan mi riporta alla realtà, le sue braccia mi stringono forte, forse troppo. È scosso, si vede da come cammina. Sembra stia volando, mi bacia la nuca dicendo:
«Piccola tranquilla, andrà tutto bene.»
Usciamo da quella casa col terrore stampato sui nostri visi. Mi mette in macchina allacciandomi la cintura di sicurezza, è agitato forse più di me, le sue mani iniziano a toccarmi in cerca di qualche ferita.
«Ehy tranquillo Neyt sto bene.»
Ma ignora ogni parola che esce dalla mia bocca. Lo prego di guardarmi, bloccandolo con le mie mani che appoggio sul suo viso, e dicendogli di stare tranquillo.

Quando poi i suoi occhi decidono finalmente di guardare i miei, riesco a vedere il terrore. Una lacrima scende sul suo viso e io lo capisco che nonostante tutto il male che ha potuto fare, il suo cuore è ancora vivo, vivo di emozioni.
Tiro indietro la testa per massaggiarmi il collo ancora indolenzito, mi blocco quando i miei occhi rivedono quel bambino dietro ad una grande finestra, il suo viso è ancora spaventato.
Prova a dirmi qualcosa ma non riesco a sentirlo, urlo a Neyt di fermarsi, esco in fretta dalla macchina cercando di capire cosa mi vorrà dire,
ma è inutile. È troppo distante per poterlo fare. Avvicinandomi il più possibile alla finestra cerco di leggere il suo labiale, ma fallisco. Sento Neyt tirarmi per un braccio per farmi risalire in quella macchina,  ma quando sto per farlo d'istinto mi giro, mi concentro sulle sue labbra per capire cosa stia dicendo: le mie labbra seguono le sue e mi sforzo a capire, e quando credo di averlo fatto, lo dico ad alta voce mimando il suo labiale, "Mi dispiace."

NEYTAN'S POV.

«Desy, perché sei scesa dalla macchina? Ehy rispondimi perché lo hai fatto?»
È ancora scossa, se prima vedevo paura nei suoi occhi ora vedo tristezza e non ne capisco il motivo.
«Neyt quel bambino alla finestra vuole dirmi qualcosa!»

Mi giro di scatto.
«Quale bambino? Non c'è nessun bambino. Sei ancora sconvolta, ora andiamo, devi riposare.»
«No Neytan, non trattarmi così non farlo anche tu.» dice con tutta la rabbia che ha.
«Quel bambino mi ha detto qualcosa, guardandolo negli occhi. Mi sta dicendo che gli dispiace, capisci ora?»

Non capisco cosa le sia preso, sarà di sicuro ancora sconvolta per quello che le è appena accaduto. Prendo il suo viso tra le mie mani e con dolcezza cerco di farle capire.
«Non c'è nessun bambino, guarda Desy.»
E guarda su quella finestra, rendendosi conto che di quel dolce bambino non c'era neanche l'ombra.

«Ma come, io l'ho visto!»
I suoi occhi sono stanchi, troppo stanchi, mi guarda confusa e una lacrima scende sul suo viso. La prendo di nuovo tra le braccia e ingrano la marcia per portarla il più possibile lontana dalla quella casa Witter.

È da più di un'ora che siamo tornati in albergo. Desyrè si è addormentata da circa mezz'ora. Non ha detto una parola lungo il tragitto.
Non riesco a capacitarmi di quello che è successo in quel fottuto bagno. Ho provato a farmelo spiegare, ma il suo silenzio mi ha fatto capire che non le andava di parlarne. Sento il suo cellulare squillare ripetutamente, lo prendo impedendo di farla svegliare:
«Pronto?... no Stive, sono io, Neytan.»
«Lo stronzo ora risponde anche al suo cellulare? Dov'è Desy? Passamela!»
«Stive, non posso, Desy sta riposando, abbiamo avuto una giornata di merda ok? Ti faccio richiamare dopo.»
«Senti un po' brutto stronzo, non ti azzardare a dirmi quello che deve o non deve fare, capito?! Ne ho piene le palle di te, ora passa quel fottuto cellulare a Desyrè e cerca di non rispondere più al suo posto, sono stato chiaro?»
«Senti Stive ti ripeto davvero non è il momento.»
La mia voce è troppo stanca per rispondergli, ma poi di un tratto la rabbia mi sale perché dopo tutto questo ne ho davvero le palle piene delle sue paranoie.

«Mi spieghi che cazzo di problemi hai? Perché sei così incazzato con me? Vuoi spiegarmelo una volta per tutte? E poi ti ripeto: Desy ha avuto una giornata di merda, cerca almeno di non rompermi i coglioni.»
E al ricordo di come l'ho trovata su quel fottutissimo pavimento faccio un gran respiro cercando di calmarmi.
«Tu non hai idea di cosa abbia passato oggi, e invece di fare lo stronzo dovresti chiederti come mai abbia risposto io al posto suo, ora dorme e non mi va di svegliarla, sai cosa c'è Stive? È che tu non hai le palle per parlarmi. Adesso spiegami una volta per tutte cosa cazzo ti è preso durante tutti questi anni, e se dopo non sarai soddisfatto potrai anche pestarmi di botte se questo ti farà stare meglio, perché ti ripeto Stive ne ho le palle piene dei tuoi fottutissimi silenzi. Ora scusami ma devo andare e lascia fuori lei che non c'entra un cazzo in tutto questo.»
Butto il suo cellulare sul divano e porto le mani tra i capelli. Sono troppo incazzato Dio santo, ma che problemi ha quel fottuto stronzo?

Dopo qualche minuto mi trovo Desyrè a pochi metri da me.
«Scusami, ti ho svegliata? Non volevo, ero al telefono con quello stronzo di Stive, non volevo svegliarti ,è solo che dopo quello che è successo oggi dovevo sfogarmi e lui me lo ha servito su un piatto d'argento, mi fa talmente incazzare quella sua indifferenza che credevo che dopo tutti questi anni  gli fosse passata ma invece mi sbagliavo, vorrei solo capire perché ce l'ha tanto con me, credimi, lo vorrei tanto.»

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