dix. +

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Alexus Campo.

Ashton mi lasciò per andare nell'ufficio che aveva in casa. Io vagai per tutta la casa, aprendo diverse porte prima di arrivare in una stanza in particolare. Deglutì e spalancai la porta. I muri erano neri, c'erano chitarre di colori diversi, amplificatori bianchi, una batteria in un angolo e una pianoforte bianco al centro.

Mi mordicchiai il labbro e feci un passo avanti, toccando il pianoforte e sedendomi sullo sgabello, cercando di ricordarmi quand'era stata l'ultima volta che avevo suonato. Era bello come me lo ricordavo, il mio probabilmente era ancora sfasciato nella mia vecchia stanza per averlo colpito con una mazza. Le mie dita tremanti sfiorarono i tasti prima di premerli.

"Non sapevo che suonassi." La sua voce mi spaventò, i miei occhi si sollevarono per incontrare i suoi mente si avvicinava.

"Non suono da anni." Ammisi e premetti un altro tasto. Ashton annuì e si infilò le mani nelle tasche dei suoi pantaloni. "L'ultima volta che ho suonato avevo diciassette anni ed ero così... Arrabbiata. Ero arrabbiata e ho rovinato l'unica cosa che mi faceva felice con una mazza di alluminio."

"Tutti i diciassettenni sono arrabbiati." Mormorò Ashton e si mise a sedere su un amplificatore.

"Il fatto è che" mi leccai le labbra, cercando di non sembrare arrabbiata. "Avevo una ragione per esserlo. I miei genitori naturali pensavano di potersi presentare quando vincevo premi, concorsi e soldi. Non era giusto per le mie mamme o per me."

"Pensavi che il pianoforte fosse la causa di tutta la tua rabbia?" Le sue mani si posarono sulle mie cosce, le mie emozioni impazzirono al suo tocco.

"Lo pensavo." Iniziai a suonare la mia composizione preferita, Sonata in B Minore. "Poi pensai che si trattasse della loro avidità e pensai che sarei stata avida anche io."

Mi strinse una coscia mentre continuavo a suonare. Il mio respiro si fermò quando sollevò la mano.

"Continua a suonare, Gattina." Lo guardai e vidi l'oscurità nei suoi occhi, le pupille dilatate prima che tornassi a guardare il pianoforte.

Le mie dita continuarono a muoversi, il mio corpo si incurvava contro i suoi movimenti mentre lui mi spostava le mutandine di lato e premeva l'indice sul mio clitoride. Chiusi gli occhi, annegando nella sensazione mentre continuavo a suonare. Mi mordicchiai il labbro mentre lui spingeva un dito dentro di me, la mia testa si piegò indietro mentre lui si sedeva accanto a me.

"Continua a suonare, Gattina." Disse di nuovo. Il mio corpo stava tremando, le mie dita tremavano mentre mi costringevo a continuare. Solo che questa volta la canzone era più oscura, mentre lui continuava a muovere le dita dentro di me.

"Ashton." Sussurrai, cercando disperatamente di ricompormi. "Oh."

"Alzati." Mi ordinò, le mie ginocchia tremarono mentre mi alzavo. Le sue dita uscirono da me per poi togliersi i pantaloni e i boxer. "Siediti, Gattina."

Lo feci velocemente. Le mie gambe erano spalancate e la sua erezione mi sfiorava la schiena. Ansimai quando mi accarezzò, le mie si posarono sui tasti del pianoforte. Ashton mi sollevò e mi fece sedere sulla sua lunghezza. La sensazione era surreale, le mie dita continuavano a sbattere sui tasti. La mia testa si piegò indietro e la posai sulla sua spalla, le sue mani si posarono sui miei fianchi mentre mi guidava su e giù.

"Devo continuare a suonare?"

"Fino alla fine, piccola." Al suono di quel soprannome mi spinsi in basso ancora più forte, cercando di continuare a suonare al meglio.

Il mio corpo tremava, i miei denti affondarono nel mio labbro inferiore mentre iniziavo a muovere i miei fianchi in contemporanea con i suoi movimenti. Potevo sentire il battito del suo cuore contro la mia schiena, il suono era bellissimo e si combinava alla perfezione con la Sonata scritta da Franz Liszt.

"Proprio così, Gattina." Mi baciò un orecchio, il collo, le spalle e mi sfilò la camicia.

Mi succhiò e leccò la pelle mentre io finivo di suonare, i miei gemiti sovrastarono la musica mentre mi accasciavo contro lo strumento. Alla sensazione di me che mi stringevo contro di lui mi mordicchiò la spalla e afferrò la mia vita.

"Questo è nuovo." Sussurrai, poggiandomi contro di lui. Lui mi circondò la vita con le braccia e continuò a baciarmi la spalla.

"Cosa?" Il suo tono di voce era roco, stanco.

"Non ho mai avuto un orgasmo mentre suonavo il pianoforte." Lui sorrise contro la mia pelle e mi strinse. "Mi piace quando sorridi."

"Si?"

"Lo fai spesso quando sei con me." Le sue mani mi accarezzarono la pancia.

"Ho una buona ragione." Il mio cuore tremò. "Sto facendo un buon lavoro?"

"A fare cosa?"

"A provare." Mormorò, il suo naso mi sfiorò la pelle. "Voglio fare un buon lavoro."

"Tu pensi di star facendo un buon lavoro?" Lui sospirò e scrollò le spalle.

"Non so cosa fare." Disse, mordendosi il labbro.

Chiusi gli occhi, leccandomi le labbra. "Lo capirai."

"Alexus." Sussurrò, stringendomi a sé. "Ti prego, non andare via."

"Me ne andrò solo se tu mi lascerai andare."

****

Tornai a casa dal mio migliore amico con uno stupido sorriso. La cena era pronta sul tavolo e lui aveva aperto una nuova bottiglia di vino per noi.

"Ho una notizia estremamente eccitante." Mormorò e mi fece sedere. "Come è – Alexus Sol Campo, stai indossando la sua camicia?"

Abbassai lo sguardo verso la costosa stoffa che mi adornava il corpo, sapendo già cosa stavo indossando.

"Non pensavo fosse un problema." Mormorai e incrociai le braccia al petto. "Ma qual è la notizia?"

"E' qualcosa che funzionerà per entrambi." Sorrise e sollevò il bicchiere di vino.

"Butterai la tua crema alle fragole visto che ne sono completamente allergica?"

Kale scosse la testa. "Non quel genere di notizia."

"In effetti mi sembrava un po' strano visto che ami quella stupida crema." Mormorai e diedi un morso al pollo davanti a me.

"Comunque." Inghiottì. "Ci ho comprato un nuovo appartamento. E' più vicino al mio ufficio e alla tua università e, visto che stai vedendo Mr. Rigidità, è più vicino anche al suo ufficio."

"Oh mio Dio." Risi. "L'hai avuto? Hai avuto il loft?"

"Cazzo, si! Adesso puoi sistemare lì il tuo pianoforte e suonarlo." Kale ghignò, le mie guance arrossirono quando nominò lo strumento.

"Fantastico, solo che dobbiamo prendere quello piccolo visto che quello vecchio è distrutto." Risi e mi alzai per abbracciarlo.

"Grazie per non avermi lasciato, Alexus, significa il mondo." Mi strinse gentilmente. "E non indossi il reggiseno, merda."

"Non lo indosso mai qui!"

"Il che è disgustoso! Le tue tette penzolano –"

"Nessuno ti dice niente delle tue palle!"

"Perché a tutti piacciono le mie palle!"

"Kale, sei così strano."

"Ma è per questo che mi vuoi bene." Mi fece l'occhiolino e sollevò il suo bicchiere per fare un brindisi.

"Mi conosci così bene."

A/N: scusate se ieri non ho aggiornato ma ero in viaggio per tornare in Puglia, visto che io vivo a Milano per l'università, quindi in treno non avevo connessione. 

Che ne dite di questa storia fino ad ora? Vi sta piacendo? Man mano che si va avanti diventa sempre più interessante. 

Baci,

Mr. Irwin } a.f.i traduzione italianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora