Alexus Campo.
Prendemmo stanze di hotel separate. Non parlammo. Non ci cercammo e, soprattutto, non ci guardammo. Mi stava facendo male e sapevo che lui era arrabbiato perché nessuno di noi poteva passare neanche qualche secondo senza guardarci. Il viaggio in aereo l'avevamo passati ai lati opposti dell'aereo e io ordinavo champagne su champagne.
La mattina del matrimonio mi svegliai presto, ordinai il servizio in camera e mi feci la doccia prima di iniziare a prepararmi. Mi portai i capelli da un lato, mi misi l'eyeliner, applicai il mascara, misi il rossetto e aggiunsi del blush sulle guance.
Guardai la busta con il vestito per un attimo prima di prendere la stoffa rosa tra le mie mani. Sospirai prima di infilarlo. La stoffa raggiungeva il pavimento, era senza spalline e la parte dello stomaco era piena di perline. Lo specchio davanti a me rifletteva un'immagine sbagliata.
Mostrava una donna sicura di se, ma non lo ero e tutto quello che volevo era che Ashton entrasse qui e mi sussurrasse cose in un orecchio che mi avrebbero fatto ridere e l'avrei spinto via, ma questi non eravamo più noi. Dopo essermi messa i tacchi controllai l'ora e pensai di mandare un messaggio a Kale per poi ricordarmi che ero arrabbiata anche con lui.
Ero sola. Completamente sola.
Quando Ashton venne da me mancava un'ora per arrivare al luogo del matrimonio e sembrava che lui non avesse neanche provato a sistemarsi i capelli. Sembrava focoso, ma questo era un matrimonio.
"Vieni qui." Dissi e gli presi la mano.
Era confuso perché non stavo combattendo con lui. Era chiaro che fossi esausta. Presi la mia spazzola e lo feci sedere sul letto, evitando il suo sguardo mentre prendevo il gel –quello dell'hotel ovviamente—e gli spazzolai i capelli per sistemarmi all'indietro.
"Alexus." Io premetti le labbra e scossi la testa, sentendo che stavo per piangere.
"Non oggi, non adesso." Dissi e mi raddrizzai. Ashton deglutì e annuì prima di alzarsi.
"Se significa qualcosa.." Fece una pausa, insicuro se continuare. "Sei bellissima, Alexus."
Tutto quello che riuscì a fare fu annuire perché significava il mondo per me. Soprattutto quando lo diceva lui. Ashton Irwin mi aveva stretta tra le sue mani e non sapeva neanche l'effetto che avrebbero avuto le sue parole.
"Penso sia il mio turno." Sussurrai, guardandolo. "Mi dispiace di aver dormito con Tai—"
"No, non devi farlo." Sollevò le mani come per posarle sulle mie guance prima di lasciarle cadere di nuovo ai suoi fianchi. "Non riesco a dormire, Alexus. Tutto quello a cui posso pensare è la tua faccia quando hai visto Wendy e mi sta uccidendo."
"Allora smettila di pensarci." Lo pregai, prendendogli il viso tra le mani e accarezzandogli le guance. "Perdere il sonno per una ragazza non vale la pena."
"Tu non sei solo una ragazza." Sospirò e guardò il pavimento. "Tu sei la ragione. Per quanto possa essere da adolescenti non riesco a smettere di pensarti."
"Ho paura che non mi perdonerai mai." Sussurrai, circondandogli il collo con le braccia.
Lui non fece lo stesso, non che lo sperassi. Invece mantenne le braccia lungo i suoi fianchi mentre io mi trattenevo dal piangere e cercavo di memorizzare com'era lui per paura che non sarebbe mai tornato. La sensazione di essere sola a nutrire le proprie emozioni era consumante e mi chiesi come avrei fatto.
E stavo diventando di nuovo un buco. Le sue mani mi circondarono lentamente, il suo viso si posò contro il mio collo mentre lasciava piccoli baci sulla mia pelle. La sensazione delle sue lebbra era meravigliosa, anche se non erano sulle mie. Era una sensazione di euforia, poi scoppiai a piangere.
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Mr. Irwin } a.f.i traduzione italiana
Fanfiction[Secondo libro della 'The CEO Series'] "Abbiamo una cosa in comune, Miss Campo, ed è la mia maledetta lingua." Traduzione italiana della storia di @kingsofmuke, tutti i diritti e i meriti sono riservati a lei.