Capitolo sedici.

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Uscii fuori silenziosamente senza farmi scoprire e andai dietro ad un cespuglio per spiarli meglio.

«Smettila di fare così! Non ti capisco!» gridò lei.

«Ma non sto facendo nulla!»

«Appunto, non fai un cazzo!» urlò ancora.

Lui cercava di tenere la calma, di non arrabbiarsi al contrario di lei.

«Cosa vuoi che faccia?»

«Non lo so, comportati da fidanzato.»

«Mi comporto come fidanzato già.»

«Ma se non fai un cazzo dalla mattina alla sera!»

«Io ti amo dalla mattina alla sera.» disse lui toccandole il viso.

Quanto odiavo quella scena. Okay, non doveva fregarmene un bel niente, ma feriva lo stesso.

A quel punto mi alzai per andarmene, ma mentre camminavo caddi accidentalmente a pochissimi metri da loro.

«E tu che stai a fa?» mi chiese Lorenzo.

Non era arrabbiato, ma bensì felice. Ridacchiava, forse aveva capito che li spiavo e quella cosa gli faceva più che piacere.

«Ci spiavi?» chiese Alex.

«Io? Spiare? Ma no! Che avete capito?! io stavo...» cercai di trovare una scusa più veloce possibile.

«Stavo guardando i fiori dietro al cespuglio!»

«Dietro al cespuglio non ci sono fiori.» notò Lorenzo dopo aver controllato.

«Ehm, sono appassiti!» dissi.

«Adesso?» chiese lui con quel sorrisetto odioso.

«Certo.» continuai. Mi stavo rendendo ridicola.

«Certo Rita, facciamo finta di crederti. Andiamo Lore.» disse lei prendendolo per mano.

«Ciao Rita, divertiti ad osservare i fiori eh!» mi insultò Lorenzo andandosene con lei.

«Giuro lo uccido!» dissi sottovoce guardandolo andare lontano da me.

All'improvviso arrivò qualcuno col fiatone dietro di me. Mi girai.

«Hey Ylenia, tutto bene?» chiesi.

«Si certo. La preside oggi vuole vederci tutti perché deve dirci una cosa. Quindi vieni, andiamo in classe anche se oggi è domenica.» mi disse facendo il segno di seguirla.

«Vengo.» dissi seguendola.

Arrivammo in classe ed entrammo; quando entrarono tutti, compresi Alex e Lorenzo, la preside iniziò a parlare.

«Allora ragazzi, mi sono arrivate delle segnalazioni da parte sia di alunni che da professori. Dovete essere maturi, avete tutti diciassette e diciott'anni, quindi d'ora in poi mi aspetterò più maturità da parte vostra!» lamentò la preside.

Alzò la mano Lorenzo.

«Mi scusi, ma che tipo di segnalazioni?» chiese.

«Innanzi tutto, pare che qualcuno qua si diverte a baciarsi per i corridoi e per le stanze. Non lo sapete che qui è vietato baciarsi?» chiese la prof.

«Ma perché?!» chiese Alessandro.

«Non è giusto!» lamentò Leiner.

«Ma prof., è una cosa naturale, nulla di male!» disse Riccardo.

«Perché alla fine si arriva ad uno step un po' troppo azzardato.» disse guardando sia Alex che Lorenzo. Mi misi a ridere.

«Che c'è da ridere Barone!?» chiese la prof.

«Nulla, mi scusi.» dissi trattenendomi.

«Scusi, ma perché guarda solo me e Alex?!» chiese quel tonto di Lorenzo.

«Vuoi che lo venga a sapere tutta la classe o lo vuoi capire solo?» chiese la prof.

Alex mantenne il broncio per tutto il discorso.

«E poi, non è un caso che vi troviate in camere diverse divisi in tre maschi e tre femmine!» continuò la prof.

«E se ci sono due gay?» chiese Francesco facendo ridere tutti. A quella domanda tutti i ragazzi si allontanarono da lui ridendo.

«Pierozzi, non scherzi!» lo sgridò la prof.

«Ma ha ragione!» lo difesi io.

«Sapete che penso? Che Barone e Pierozzi farebbero una bella accoppiata!» affermò la prof scatenando una risata generale.

Misi il broncio mentre Riccardo fulminò con lo sguardo la preside.

Lorenzo mi guardò serio tutto il tempo, era parecchio incazzato. Che gli feci?

Quando la professoressa andò via, tutti uscirono dalla classe. Mi avviai anch'io, ma qualcuno mi bloccò da dietro, andò avanti e chiuse la porta. Mi guardai intorno, eravamo rimasti soli, io e Lorenzo.

«Che c'è?» chiesi guardandolo.

«Sei stata tu, vero!?» mi chiese col fare ovvio.

«A fare cosa?» chiesi.

«Non fare la finta tonta, lo so che sei stata tu a informare la preside del rapporto che abbiamo avuto io ed Alex!» mi disse con braccia incrociate.

«Ma quanto hai fumato?» chiesi. «Mi sto facendo i cazzi miei da un mese e poco più.» dissi incominciando ad innervosirmi.

«Smettila di mentire e non mi fare incazzare!» mi ordinò.

«Non sto mentendo!» mi difesi.

«Sei ancora gelosa.» affermò convinto.

«La convinzione fotte, mio caro.» lo informai.

«Smettila, finiscila!» alzò la voce.

«Non gridare!» gli dissi.

«Perché?»

«Perché quando gridi mi fai paura.» dissi.

Mi guardò per un po'.

«Va bene, cerco di mantenere la calma.» disse guardando il soffitto.

Ancora silenzio.

«Davvero non sei stata tu?» mi chiese.

«Si, davvero.» dissi.

«Okay.» disse voltandosi per andarsene.

«Non mi chiedi scusa?» chiesi aspettando che parlassi.

Si voltò guardandomi, fece una smorfia e se ne andò in silenzio. Magari era troppo orgoglioso per ammettere che esagerò.

Uscii dalla classe.

Poco dopo salii al piano di sopra.

Entrai in stanza e incominciai a preparare lo zaino per il giorno seguente.


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