Capitolo ventisette.

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«E così Rita ha perso le chiavi di casa e voi avete un'altra copia dentro, eh?» disse Francesco ridendo.

«Smettila di prendermi in giro! Può capitare!» dissi col fare l'offesa.

«Certo. Certo che può capitare!» disse ancora ridendo Francesco.

«Sei uno sbruffone!» lo insultai.

«"Sbruffone" non è di certo una parola che si addice ad un belloccio come me!» disse Pierozzi ridacchiando maliziosamente.

Roteai gli occhi al cielo esasperata, sperando che uno di loro trovasse un'idea geniale.

«Io direi di sfondare la porta.» propose Leiner.

«Ma non siamo in un film...» risi.

«E se invece entrassimo dal camino?» propose Riccardo scatenando una risata generale.

«Rick, c'è solo un problema: non ha un camino quella casa.» dissi ridendo.

«Ah peccato...» disse deluso e divertito allo stesso tempo.

«Ora potete fare proposte più normali per entrare in casa? Grazie.» dissi guardandoli male.

«C'è una finestra aperta?» chiese Alessandro.

«Si, c'è ne sarebbe una.» disse Emma rivolta ad Alessandro.

«Ma è in alto.» dissi col fare l'arresa in partenza.

«Andiamo a vedere, potremmo trovare comunque una soluzione per entrare.» disse Lorenzo uscendo.

«Okay, andiamo.» dissi seguendolo a sua volta.

Uscimmo tutti da casa Cantarini e in un attimo fummo davanti casa mia e di Emma.

Ancora un ridacchiando, Francesco e Leiner, guardarono la finestra aperta che si trovava al piano di sopra della casa.

Vidi Lorenzo avere in mano qualcosa che luccicava appena al sole. Ci pensai e poi provai a parlargli.

«Lorenzo, vieni, voglio dirti una cosa.» dissi improvvisamente sotto lo sguardo curioso di tutti.

Per Lorenzo fu inaspettato, credo, però comunque andammo un po' più in disparte.

«Posso chiederti una cosa?» domandai con le braccia incrociate al petto.

«Dimmi pure.» disse scostandosi i capelli dalla fronte, roba che gli mancava solo il ventilatore che gli facesse vento per farlo apparire un vero e proprio modello.

«Quindi?» mi chiese facendo scomparire i pensieri.

«Ehm...volevo domandarti il motivo per cui hai in mano le mie chiavi di casa.» dissi con sicurezza.

«E se ti dicessi che sono le mie chiavi?» mi chiese col fare ovvio.

«Me le fai vedere?» chiesi.

«Perché dovrei?»

«Perché non dovresti?»

Il nostro discorso fu interrotto da Francesco che aveva svelato il suo intento: raggiungere la finestra. Guardai male un ultima volta Lorenzo e poi il mio sguardo fu fisso per un po' a Francesco ma i miei pensieri erano sempre rivolti a lui.

«Io provo a salire per di la!» disse alzando la voce Francesco.

«Non è una buona idea, è meglio lasciar perdere.» disse Emma rendendosi conto della follia.

«Di cosa avete paura? Proprio voi! Tre anni fa uscivamo dalla finestra senza alcun problema, e ora, vi spaventate per questo? E' la stessa cosa, solo che è il contrario.» ci disse Francesco col fare il professore.

A quel punto mi girai verso Lorenzo, il quale non si era accorto della mia presenza così vicina a lui, e gli levai le chiavi di mano guardando se sono le mie mentre Lorenzo si innervosì.

«Ma che fai?!» mi chiese mentre gli tirai uno schiaffo.

«Ma come ti permetti di farmi passare per quella idiota davanti agli altri? Col cazzo che stasera verrò nella stessa abitazione dove ci sei anche tu.» dissi gridando mentre gli altri mi rivolsero degli sguardi pietrificati.

Me ne entrai in casa furiosa mentre Lorenzo era ancora li fermo, nella stessa posizione con la mano sulla guancia rossa. Dopo qualche minuto, entrò in casa qualcuno, che presumi era Emma. Infatti era proprio lei.

«Non è cambiato per niente, è un coglione.» dissi sfogandomi.

«Calma, calma.» disse lei provando a tranquillizzare la mia rabbia.

Mi stesi sul divano esasperata.

«Secondo me ha già pianificato un piano per rovinarmi la vita.» dissi con le mani fra i capelli.

«Dai, non dire così. Magari le aveva in mano per caso...» disse lei provando a giustificare la sua azione.

«Per caso? E' un caso che non voleva farmi vedere che mazzo di chiavi aveva in mano?» chiesi guardandola.

«Senti, facciamo così: proverò dopo a chiederlo a uno di loro senza che lo sappia Lorenzo, magari loro lo sanno.» propose lei.

«Okay, provaci.» accettai.

«Va bene, più tardi mi metterò all'opera come una stalker in cerca di risposte a ogni domanda.»

Risi un po'. Forse avrei dovuto rilassarmi.

«Beh, che mangiamo?» chiesi rimanendo stesa sul sofà.

«Dato che è quasi l'una e fa caldo, io direi che una bella mozzarella te la devi far bastare.» mi disse ridendo.

«Scherzi!?» chiesi.

«Dove pensi che abbia trovato il tempo di cucinare?» mi chiese spazientita.

«Ah, giusto, quasi metà della giornata l'abbiamo spesa per colpa di quel carciofo.» dissi schifata.

«Rita!» mi chiamò all'improvviso. «E se invece lui ha tenuto le chiavi per così tanto tempo solo per vederti un po' di più?» mi chiese mentre sussurrai una dozzina di "NO" e lei sorrideva maliziosamente.

«Stai delirando, forse è la fame.» dissi alzandomi e andando a tavola.

Mentre mangiavamo, parlavamo.

«Senti Rì, ma davvero non andiamo a cena da loro?» mi chiese con tristezza.

«Davvero. A meno che tu non voglia andarci.» gli dissi con indifferenza.

«No ti prego, con te.» mi pregò.

«No, non ce la faccio. Ma ti rendi conto? Se vado a casa sua gli sputo in faccia.» dissi pensando a come sarebbe bello farlo davvero.

«E se ti garantisco che farà il bravo?» mi disse.

«Emma, lo sai anche tu che farà il bastardo, non promettere cose che non puoi controllare.» gli consigliai.

«Va bene.» disse arresa con tristezza.

«Facciamo così: tu ci vai, poi se magari mi passa la rabbia, vengo anch'io. Tanto una pizza in più non farebbe mai male in caso la mia mancanza in casa.» proposi.

Lei accettò con poca sicurezza ma si alzò e andò a stendersi sul divano mentre feci ordine sul tavolo.

Mi squillò il cellulare. Lo presi in mano e notai che il numero era quello di mia madre.

Risposi e parlai un po' tralasciando la maggior parte delle cose che riguardavano i Dear Jack, poi chiusi e raggiunsi la mia amica sul divano e iniziammo a parlare di varie cose.

Dear Jack- Ossessione.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora