Capitolo undici.

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«Rita.» mi chiamò.

Non risposi, sbattei la porta, scesi a passo veloce dalle scale. Passai vicino ad Ylenia e a Riccardo, che mi videro in quello stato, ovvero, triste. Uscii fuori e mi nascosi dietro il collegio, vicino ad un albero e mi sedetti. Credo mi scese una lacrima, forse ci tenevo davvero a lui, forse mi ero presa davvero una cotta per Lorenzo.

«Rita!» mi chiamò una voce maschile col fiatone.

«Oddio Rita, che hai?» mi chiese una voce femminile.

Alzai la testa e vidi entrambi: Riccardo ed Ylenia.

«Niente.» dissi.

«Smettila di raccontarci cazzate e dicci la verità.» mi disse Riccardo, sedendosi accanto a me come Ylenia.

«Davvero, non ho nulla.» continuai.

«E' stata colpa di un ragazzo?» mi chiese Ylenia.

«Se è stata colpa di Lorenzo, giuro, lo uccido di botte.» minacciò Riccardo.

«Tranquilli, è solo un momento no.» dichiarai.

Non so perché, ma loro non insistettero più di tanto, così si alzarono e prima di andarsene, Riccardo si voltò verso la mia direzione.

«Rì, non essere triste a causa delle persone: moriranno tutte.» mi disse per poi andandarsene.

Avevo bisogno di star sola, Lorenzo stava limonando con Alex, probabilmente avranno anche scopato.

Mi ero davvero innamorata di Lorenzo? No, era impossibile. E allora perché mi aveva fatto male quella scena? Non lo so. So solo che poteva evitare di fare il coglione, abbracciarmi per illudermi.

Passarono altri lunghi e interminabili minuti, e decisi di rientrare a scuola. Non volevo entrare nella mia camera, così andai nella stanza 222, tanto non credevo che in mezzora avevano finito di fare le loro cose.

Salii e bussai. Mi aprii Riccardo, che vedendomi, si precipitò immediatamente per abbracciarmi.

«Posso entrare?» chiesi.

«Entra, e sfogati.» mi disse facendomi entrare, e chiudendo la porta.

«Sei solo?» chiesi.

«Abbastanza.» mi disse.

«Lorenzo ama Alex?» chiesi ancora.

«Non lo so, ma che è successo?»

«Sono entrata nella mia camera, e loro stavano iniziando: lui in boxer e lei ancora vestita, per fortuna.»

«Oh.» disse. «Ci tenevi tanto a lui, eh?»

«Dio mio se ci tenevo, era strano l'effetto che faceva su di me.» dissi.

«Come lo chiami tu quel sentimento che ti sta divorando?»

«Non lo so, forse "amore".»

«Capito.»

Ci fu un lungo silenzio, ma solo per un po'.

«Rick.» lo chiamai.

«Dimmi.»

«Posso abbracciarti?»

«Puoi fare di me ciò che vuoi.» mi disse facendomi piombare tra le sue braccia.

«Grazie Rick, con te passo i miei momenti più felici.»

«Adoro quello che mi hai appena detto.»

«E io adoro te.»

Poco dopo si alzò senza dire nulla, aprii un cassetto e prese qualcosa. Era un cerotto.

«Che fai con quel coso?» chiesi ridendo.

«So che quello che sto per fare non è molto normale, forse nemmeno maturo, però..»

«Mi fai paura.» dissi ridendo mentre lui si avvicinava a me.

«Voglio riparare i danni.»

«Che danni?» chiesi.

«I danni del tuo cuoricino.»

«E cosa pensi di fare? Di mettere un cerotto sul cuore?» chiesi ridacchiando.

«Non proprio sul cuore, ma almeno sulla pelle.» disse sorridendo e mettendomelo sul petto, dove sta il cuore.

«Tu sei tutto matto.» dissi ridendo sempre di più.

«Ora dovresti star meglio.» disse sedendosi accanto a me.

«Se sarà così, consiglierò a tutti di andare da te, che sei un buon medico.» dissi guardandolo.

«Mi lusinghi.» disse facendo il cretino.

«Ora che si fa?»

«Quello che vuoi.»

Finì la frase e nel frattempo bussarono la porta: era Alessandro. Riccardo aprì ed entrò.

«Disturbo?» chiese.

«No, sto andando via.» dissi alzandomi.

«Vai via, che devo dormire.» disse scorbutico.

«Ale, che hai? E' un giorno no?» chiesi.

«Lascialo stare, ha sonno.» disse Riccardo ridendo. «Magari a dopo!» mi disse Riccardo accompagnandomi alla porta.

«A dopo.» dissi uscendo con un sorriso. Quel ragazzo era troppo buffo.

Passai davanti alla mia camera che improvvisamente si aprii. Lui uscii fuori, capelli scompigliati e sorriso sul volto.

«Rita.» mi chiamò.

Lo ignorai,  proseguì entrando nella prima stanza che mi ritrovo aperta. Chiusi la porta, mi girai e c'erano due ragazzi.

«Oh.» dissi. «Ciao.» continuai ridendo.

«Rita, che stai a fa?» mi chiese Francesco.

«Appunto.» disse Leiner.

«Scusate, sto scappando da Lorenzo.» dissi.

«Lo sospettavo, fa paura a tutte.» disse Francesco avvicinandosi a me.

«Che vuoi fare ora?» chiese Leiner.

«Me ne vado, scusate.» dissi aprendo la porta e uscendo.

«Vabbè, se hai bisogno di qualcosa noi ci siamo!» gridò Francesco.

«Grazie!» urlai anch'io proseguendo in qualsiasi corridoio che non ospitava quel ragazzo.


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