Capitolo diciotto.

227 18 1
                                    

«Lorenzo, lascialo stare!» gridai ancora una volta, ma egli non volle lasciarlo.

Si picchiarono a sangue, era spaventoso. Tutta quella confusione in quella stanza, portò ad attirare l'attenzione di Francesco e Alessandro che entrarono immediatamente.

«Ma che cazzo state a fa? Lorenzo, smettila e tu, Riccardo, fermati!» gli ordinò Francesco separandoli.

«Tutto bene te?» mi chiese Alessandro prendendomi le mani.

«Diciamo di si, cioè io sto bene ma loro...» dissi guardandoli.

«Sembravate animali! Ma che cavolo vi è venuto in mente?» chiese Francesco arrabbiato.

«Non lo so, so solo che tutta questa situazione si è creata a causa mia.» dissi stando dietro ad Alessandro.

«Scusami Rita se t'ho spaventato.» mi disse Riccardo impaurito.

«Ora basta, vado a disinfettarmi.» annunciò Lorenzo. Riccardo aveva un anello, con quello doveva avergli graffiato il labbro inferiore.

Continuai a guardare Riccardo in quello stato: era una situazione assurda!

«Io direi di andare a fare una bella passeggiata.» mi consigliò Francesco prendendomi per mano.

«Va bene.» dissi.

«Tu invece, metti il cervello a posto.» continuò Alessandro parlando a Riccardo.

«Scusatemi.» si scusò ancora lui.

«Ci vediamo dopo.» dissi lasciando la mano di Francesco ma continuando a seguirlo.

Arrivati fuori, il tempo si preparava a piovere, mentre io e Francesco parlavamo.

«Ma che è successo?» chiese lui.

«Eravamo soli nella sua stanza, mentre ci baciavamo, entrò lui. Ammetto che iniziai io a lanciare frecciatine, ma poi ho smesso e hanno continuato tutti e due.» dissi guardando in basso.

«Sai che ti dico?»

«Mh?»

«Vi fate troppi problemi cazzo! Avete 17 anni! Vivetela questa vita, che tanto vivo non ne uscirà nessuno!» mi disse con un sorriso.

«Eh, lo so, lo so Fra.» dissi guardandolo.

«Stanotte ci divertiremo.» mi disse.

Incominciai a guardarlo male, ma poi ricordai che saremmo usciti tutti insieme.

«Speriamo, non ho voglia di pensare a questa faccenda.» dissi.

«Nemmeno io.»

Passarono le ore, io e Riccardo ci abbracciammo almeno un paio di volte. Si scusò continuamente, e io lo perdonai, ovviamente. 

Era sera, avevamo appena finito di cenare quando salii al piano di sopra e mi fermai davanti la stanza 222. C'era appoggiata sul letto la chitarra di Lorenzo, e vedendo la porta aperta con dentro in stanza nessuno, approfittai per entrare e pizzicare qualche corda a caso.

Mi sedetti sul letto, presi la chitarra e la misi sulle mie ginocchia.

Provai a suonare qualcosa, ma non uscii un suono chiaro e sensato.

Di colpo sentii tossire, ero nel terrore. Presi la chitarra e dalla paura la "lanciai" sul letto. Diciamo che non abbi una grande mira, dopodiché lo strumento cadde a terra.

«E tu che ci fai qui? E la mia chitarra?» chiese velocemente.

«Lorenzo! Ehm, stavo aspettando Riccardo!» dissi.

«Provando a suonare la mia chitarra? Spero per te che non si sia rotta una corda o che non si sia graffiata!» mi disse piegandosi per prenderla da terra.

Ero spaventata, dovevo stare ferma.

«Allora?» chiesi preoccupata.

«Un graffio.» disse portandola vicino a me.

«Scusa, mi dispiace.» dissi alzandomi e andandomene.

«Ci vediamo stanotte.» disse serio.

Uscii dalla stanza ed entrai nella mia camera pensando a quello che avevo fatto: se lo avesse saputo Riccardo, aveva tutti i motivi di questo mondo per esser arrabbiato.

Entrarono Emma e Alex dopo almeno dieci minuti.

Emma rideva mentre Alex sorrideva.

«Tutto bene? Che mi sono persa?» chiesi.

«Ti sei persa Alessandro che cadeva.» disse Emma chiudendo gli occhi dalle risate.

«Poverino!» esclamai ridendo.

«Poverino un corno: mentre cadeva aveva appoggiato la sua mano sulla mia spalla facendo cadere anche me!» disse Alex facendo la finta offesa.

Ridemmo per un po', raccontammo qualcosa di divertente e parlammo di stanotte.

Però, certi discorsi cercavo di tenerli "a distanza" da Alex.

Si fece mezzanotte e iniziammo a prepararci per la nostra uscita segreta.

Quando entrammo nella stanza di Riccardo, Lorenzo e Alessandro, notammo che Francesco e Cantarini, portavano con loro, una chitarra ciascuno.

«Oggi suoniamo un po', delizieremo il Colosseo!» annunciò Francesco.

«Shhh, non urlare!» dissi ridendo.

Scesero dal balcone piano piano, e come un mese fa, Lorenzo era dietro di me.

«Buttati dai.» mi disse.

«Spero che in quello che hai detto, c'era incoraggiamento.» dissi guardandolo male.

«Non voglio che ti uccida, ci mancherebbe.» mi disse con un sorriso che mi fece innervosire.

«Smettila di farmi innervosire.»

«Ritina, non voglio farti innervosire.»

«Smettila di sorridere in quel modo!»

«Perché? T'innamori di più se sorrido?»

«Quanto ti odio Cantarini.» dissi.

Misi il piede in modo storto, stavo per cadere, ma lui mi tenne.

«Attenta piccola, non voglio che t'uccida!» mi ripete.

«Scendete forza, mettete ansia!» urlò da sotto Riccardo.

«Non gridare, vengo.» gli dissi ancora tremando per quello che stava accadendo pochi secondi fa.

«Forza Ritina.» mi "incoraggiò" fastidiosamente Lorenzo.

«Zitto!» gli ordinai.

Scesi pian piano da li. Lo stesso fece Lorenzo e iniziammo ad avviarci mentre Riccardo si teneva a distanza di lui. 

Dear Jack- Ossessione.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora