Capitolo cinquanta.

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Uscimmo da quel posto.
Avrei voluto essere accanto a lui, a stringergli la mano, ma qualcosa mi portava in confusione.
Quando sembra che tutto vada bene, c'è sempre qualcosa che porta a trasformare il positivo in negativo.
Forse avrei dovuto frequentare altri ragazzi, e non andare più a cercarlo.
Ci pensai molto a questo, e forse era ora di voltare pagina.
Da quel giorno non ci rivedemmo più come prima, solo a distanza. Stessa cosa con gli altri, fu la cosa più giusta.
Dalila continuò a frequentare Francesco, raccontandomi giorno dopo giorno, i progressi che lei e Francesco facevano insieme.
Ora lei e lui erano fidanzati da quasi un anno e mezzo. Per questo lui veniva più spesso al negozio, dove insieme, io e lei, lavoravamo.

«Buongiorno bellissima!» disse Francesco entrando con tre ciambelle in mano.
«Amore, buongiorno!» rispose Dalila dandogli un bacio a stampo.
«Buongiorno.» dissi sorridendo e piegando dei vestiti che erano sullo scaffale poco distante da loro.
«Vi ho portato una ciambella ciascuno, così, per darvi forza.» disse Francesco mentre Dalila lo abbracciava.
«Grazie Frank, meno male che ci sei tu che pensi a noi.» dissi prendendo la ciambella e iniziandola a mangiare.
«Già.» finì lui.
Poco dopo iniziò ancora a parlare.
«Rita, il fidanzatino?» domandò.
«Non ho un fidanzatino, e ti prego di non chiedermelo più in quel modo. Sembravi mia nonna.» risi.
«Scusami.» mise le mani in alto come segno di innocenza.
Parlarono entrambi fra loro bisbigliando quando mi allontanai.
Poco dopo lui se ne andò.

«Cosa confabulavate voi due?» chiesi.
Lei sorrise.
«Beh, sono quasi due anni che siamo fidanzati, e lui vorrebbe fare una festa.» disse.
«Una festa solo voi due?» domandai.
«No. Con le nostre famiglie, la band, qualche altro amico e te. Non ti darebbe fastidio la presenza di Lorenzo, vero?» chiese.
«Certo che no! Per me va bene. E poi vengo per voi due e per nessun altro.» dissi con fermezza.
«Okay.» rispose.
«A quando poi?»
«Ancora non sappiamo. Poi di dico.» sorrise.

Quando mi avvicinai a casa, vidi il tempo farsi sempre più nero. Sospirai.
Vidi da lontano la porta spalancata e mi allarmai.
Entrai con cautela, le luci erano accese.
Sentii rumori nel piano di sopra.
Cercai qualcosa per potermi difendere in caso mi avrebbe attaccata. Probabilmente non sarei riuscita a picchiare nessuno, ma avere una protezione è sempre un bene.
Presi una forbice da cucina. La tenni impugnata fra la mano sinistra.
Salii di sopra provando a far silenzio.

Entrai nella mia stanza e c'erano due uomini. Ragazzi. Forse poco più grandi di me, non si capiva granché. Erano vestiti di nero.

Li guardai finché non presi coraggio di parlargli.

«Che ci fate qui? Uscite subito!» urlai.

Si girarono e mi guardarono malissimo. Mi si avvicinò un ragazzo.

«Tutto qui quello che hai da offrire?» sventolò i miei cinquanta euro davanti al mio naso.

Si, era tutto. Ma lui non sapeva che il giorno dopo avrei preso lo stipendio e che per quel giorno me la sarei cavata.

«Si, direi di si.» mormorai.
«Ahhh!» si lamentò.

Li guardai ancora per un po'.

«Se osi chiamare qualcuno, ti spariamo!» cacciarono due pistole, una ciascuno.

Guardai attentamente le due pistole e mi venne da ridere.

«Perchè ridi?» domandò uno dei due.
«Perché sono costate 12 euro ciascuno. Sono dei giocattoli, vero?» domandai indicando il prezzo attaccato.
«Vuoi scoprirlo?» chiese uno mettendone in fronte.
«Sto zitta, sto zitta.» dissi.

Se ne andarono poco dopo lasciando solo cinque centesimi. A terra c'era un coltellino. Lo lasciai dov'era e andai di sotto, dove iniziai a pensare a cosa diavolo avrei fatto con soli cinque centesimi.

Dear Jack- Ossessione.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora