Capitolo cinquantuno.

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Avrei dovuto denunciarli, sennò li avrei rivisti ogni giorno, come minimo.
Sospirai per la millesima volta e uscì di casa. Chiusi la porta a chiave ed entrai in macchina.

Passarono due ore quando tornai a casa.
Mangiai gli avanzi del giorno prima immaginandomi i due ladri che rientravano in casa.
La sera, chiusi con più attenzione le porte e le finestre.
Pensai ad un sacco di cose mentre guardavo la cena davanti a me a base di biscotti e una mela.
Quel giorno ero messa male con il cibo, per fortuna che era solo un giorno.

Quando mi addormentai, fui svegliata poco dopo da un rumore alla finestra accanto al letto.
Mi girai dall'altra parte e vidi che la finestra vibrava.
Mi alzai in piedi, presi il loro coltellino che avevano lasciato a terra, e accesi la luce.

Misi le braccia conserte con uno sguardo a dir poco spaventato ma anche un po' annoiato.

Aprii la finestra e i due caddero violentemente a terra.

«Lasciatemi dire che nemmeno io sarei salita sulla finestra del piano di sopra. Peccato che non siete su un cespuglio di rose pieno di spine.» gli dissi ai due mentre chiusi la finestra.

Certo, non ebbi il coraggio di chiudere occhio, per questo rimasi con il cellulare.
Poco dopo sentii ancora un rumore. Andai di nuovo davanti alla finestra con attenzione e vidi improvvisamente qualcosa colpire il vetro e poi il mio viso.
Caddi a terra tenendomi la mano sinistra sull'occhio, e guardai la pietra che si trovava ormai a terra.
Corsi piano in bagno;
Mi guardai allo specchio ed ero ancora di più mostruosa.

«Cazzo, cazzo, cazzo.» sussurrai.

Sentii ancora dei rumori, stavolta erano dentro di nuovo.

«Cazzo, non mi avevi mai detto che avevi una bella mira!» disse uno all'altro.
«Tu non sai niente delle mie belle capacità nascoste.» commentò l'altro.

Rimasi dietro la porta del bagno ad ascoltarli.

«Dov'è finita quella? L'hai uccisa?»
«Se l'avessi uccisa, a quest'ora, starebbe a terra senza muoversi!»
«Era un modo di dire, coglione!»
«Tu sei il coglione qua.»
«Lo siete entrambi, okay? Che volete ancora?» chiesi.
«Cazzo, che ti è successo all'occhio?» domandò uno di loro.
«Ma sei serio!?» gridai.
«Dai, non ti arrabbiare...»
«Na vaffanculo, uscite da casa mia!» dissi.
«Hey hey, non ascoltarlo. È un frocio. E i froci non capiscono granché.» disse l'altro.
«Io non sono gay!» disse.
«Si che lo sei!»
«No!»
«Potete litigare fuori dalla mia abitazione?» domandai.

Mi guardarono esasperati.

«Dovresti aver paura di noi.» disse.
«Sta arrivando la polizia.» dissi accennando un sorriso.
«Cazzo, veramente?» domandò uno.
«Scappa, scappa, corri!» disse l'altro.

Se ne andarono di corsa.
Non era vero che stava arrivando la polizia, ma avrei dovuto chiamarli.

Tutta la notte la sprecai a guardare l'occhio e a disinfettarlo bene.
Faceva male, appunto la mattina andai all'ospedale.

Erano le otto meno dieci quando uscii di casa. Mentre chiudevo la porta, vidi uscire dalla casa Cantarini, Lorenzo.

«Buongior...che cazzo ti è successo? Stai bene?» domandò avvicinandosi.
«Shh, non gridare, sto bene. Sto andando all'ospedale ma stai tranquillo.» sussurrai una volta vicino.
«Ti accompagno io se vuoi.» disse.

Cavolo, non gli parlavo da un anno e più. Mi era mancata la sua voce?

«Faccio sola, grazie.» dissi.
«Ti arresterebbero se ti vedessero guidare in quelle condizioni.»
«Okay, va bene. Grazie.» dissi.

Durante il tragitto mi parlò.

«Allora, com'è successo?» domandò.
«No, niente...» dissi.
«Dai, so che è successo qualcosa. Ora parla. Riesci ad aprire l'occhio?»
«No.» risposi.

Quando arrivammo in ospedale, mi fecero vedere immediatamente da un dottore mentre Lorenzo rimase ad aspettare in sala d'attesa.

Dear Jack- Ossessione.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora