Capitolo quarantatre.

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Sentii bussare mentre osservavo schifata il cellulare a terra che da bianco diventava nero. Andai ad aprire e vidi una figura maschile davanti a me. Aveva i capelli spettinati, una maglietta mezza infilata nei pantaloni stropicciati.

«Ciao.» sorrisi.
«Ciao...» disse squadrandomi.
«Okay, fammi vedere dove stanno queste quattro formichine...» disse seguendomi mentre lo guidavo alla stanza critica: il salotto.

«Beh, le puoi levare queste quattro formichine?» domandai con ironia.
«Porca putt...-» s'interruppe.

Sospirai.

«Il mio cellulare è sepolto là.» dissi indicando le formiche sullo strumento elettronico quasi invisibile.

«Oh.» disse. «Okay. Dammi una scopa.» disse con certezza.
«Con una scopa vuoi spazzare le formiche e recuperare il cellulare?» domandai alzando le sopracciglia.
«Beh, di certo non voglio scoparle.» rise e lo guardai male.
«Okay, te la vado a prendere se questa è la tua idea migliore.» dissi andando in bagno a prenderla.
«Hai la scopa in bagno!?» mi chiese gridando.
«Si. Problemi?» domandai anch'io gridando e prendendo l'oggetto.
«No...» farfugliò.

Ritornai da lui.

«Ecco, tieni.» dissi porgendogli la scopa.
«Grazie tante.» disse avvicinandosi al punto "X".

«Con la scopa spingo il cellulare in quel lato, dove non ci sono quei mostri.» mi disse prendendo le misure.
«Basta che possibilmente non me lo spacchi.» dissi con le braccia incrociate al petto.
«Nah.» commentò provando a spostare lo strumento.

Guardai la scena mentre tra un movimento all'altro, lui si spostava con eleganza i capelli dalla fronte, era il solito.

«Prendilo!» mi disse all'improvviso.
«Preso!» dissi prendendo in mano non solo il cellulare ma anche le formiche.

Iniziai a scuotere il braccio senza staccare la presa dal cellulare.

Lui rideva. Risi anch'io.

Andai vicino a lui mentre la mia mano si liberava da quelle mille zampette che correvano di qua e di là.

«Grazie.» dissi ridendo.
«Di niente, sei in debito con me.» mi fece l'occhiolino.
«In debito? Ah, siamo preziosi ora ah?» dissi.

Lui era con le spalle contro il muro e io davanti a lui. Solitamente dovrebbe essere il contrario, ma diamine, non eravamo in un film.

Sorridemmo.

Le sue mani toccarono la mia vita per qualche minuto. Eravamo immobili, e non so da dove presi tutto quel coraggio per guardarlo negli occhi.

Prende il mio viso fra le sue mani e il calore inizia a farsi sentire su tutto il corpo.

«Se te lo stai chiedendo, si, mi sono lavato le mani prima di venire da te, uscendo dal bagno.» mi disse abbassa voce.
«Riesci sempre a rovinare i momenti più intimi e belli.»
«Per te è un momento intimo e bello il nostro?»

Era come se la lava di un vulcano mi avesse invasa.

«Abbastanza.» risposi.
«Lo sai che baci benissimo?»
«E tu che ne...-»

M'interruppi. Le sue labbra erano poggiate sulle mie ed era un momento magnifico. Era così bello quell'attimo che per me durò tanto, troppo tempo forse.

Quando ci staccammo lo guardai mentre lui cercava di soffocare una risata.

«Stai per ridere perché ho fatto schifo?» chiesi già con angoscia.
«No.» disse.

Lo guardai.

«Ora vado, buon divertimento.» disse guardando il pavimento.

Lo guardai male stavolta.

«Grazie.» dissi con ironia.

Se ne andò come se niente fosse.
Pensava che da quel momento in poi non mi sarebbe pesata la cosa?
L'avevo baciato, lui mi aveva baciata, si, insomma, ci eravamo baciati.
Perché andarsene senza dire una parola?
Aveva forse la fissa che io sia una ragazza che gli concedeva tutto?
Il prossimo passo sarebbe stato portarmi a letto per poi la mattina dopo, cacciarmi dalla stanza come se nulla potesse ferirmi?

Dear Jack- Ossessione.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora