Capitolo venti.

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Stavo inseguendo Leiner quando all'improvviso sentii Riccardo tossire.

«Okay arrivo. Gelosone.» gli dissi ridacchiando.

«Io? Geloso? No!» disse facendo il finto offeso.

«Il mio scemo preferito.» disi abbracciandolo.

«Ma con tutta questa dolcezza non vi viene mal di stomaco?» ci chiese Francesco.

«Ha ragione Francesco!» si intromise Lorenzo.

«Ma noi stiamo bene così, giusto Rì?» mi chiese Riccardo.

«Giusto. Ora scusate, ma non mi va di parlare con delle persone che ti parlano, ti cercano, ti fanno affezionare e poi spariscono.» dissi lanciando una frecciatina volontaria a Lorenzo.

«Oh! Colpo basso al nostro Cantarini!» lo insultò Francesco.

«Vedi di smetterla tu!» disse Lorenzo andando dalla sua fidanzata.

«Idiota, prima si intromette e poi si lamenta se qualcuno lo sfotte.» dissi ridendo.

«L'amore fa cose strane!» disse Riccardo guardando Lorenzo per poi scostare il suo sguardo su di me.

«Molto strane.» continuai. «Perché Giorgio è seduto sulla panchina da solo? Sembra che Lorenzo l'abbia sfruttato per portare il cane.» dissi ridendo e guardando male Lorenzo che nel frattempo, giocava con il cane e Alex.

«Ma dai!» mi disse. «Lo sai che stavo pensando la stessa cosa?» continuò ridendo.

Sparlammo di Lorenzo ancora un po', era davvero divertente! Ma poi smettemmo per farci dei selfie alla cavolo.

«Anche se è buio, c'è la luce della luna e di qualche lampione per fortuna.» notò Riccardo.

«Già.» dissi.

All'improvviso vedemmo una macchina parcheggiare poco distante da noi. Era nera e i finestrini sembravano oscurati.

Uscii fuori qualcuno, noi facemmo passi indietro e loro passi avanti: erano tre persone.

«Ma chi sono? Fanno paura.» mormorai al primo che mi trovai accanto, ovvero Riccardo.

«Non lo so, so solo che non permetterò che ti facciano qualcosa.» mi disse tenendomi il braccio.

«State lontani. Chi siete?» domandò Francesco, fu coraggioso.

Non diedero risposta, secondo Emma erano degli alieni, mentre secondo Ylenia, erano dei pazzi.

«Allora!? Rispondete immediatamente.» si fece avanti Lorenzo.

Li sentimmo ridere.

Il vento soffiava, cadeva ogni tanto qualche foglia da alcuni alberi, e il cielo era ormai oscurato dalle nuvole.

«Ragazzi, direi di andarcene.» sussurrò Giorgio.

Artù abbaiava e ringhiava contro quelle persone.

«Al mio tre corriamo, intesi?» disse Leiner.

«Andiamo verso il collegio.» dissi ottenendo un cenno con la testa come risposta.

«Uno.» disse «Due, tre!» gridò quest'ultimo numero, Leiner, ad alta voce e incominciammo a correre verso la strada del collegio. C'è stato chi prendeva strade diverse, e chi la strada principale, come me, Lorenzo e Riccardo.

Ci fermammo a pochi metri da dove eravamo posizionati inizialmente per prendere un po' il respiro.

«Tutto bene Rita?» mi chiese Riccardo con ancora un po' di affanno.

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