Capitolo trentotto.

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Arrivai davanti casa, e bussai.

«Aprite, fa freddo fuori!» dissi bussando.

Mi aprì Lorenzo. Aveva i guanti da cucina indossati alle mani.

«Calma, sono qui!» disse facendomi accomodare.

Lo superai e andai in soggiorno, dove tutti, ovviamente erano accovacciati sul divano.

«Ciao eh.» dissi salutandoli con la mano. Ricambiarono.

«Beh, com'è andato il primo giorno di lavoro?» mi domandò come un padre Riccardo.

«Benissimo.» dissi levandomi il cappotto.

Leiner indossava la bandana che aveva preso di mira e aveva comprato nel negozio dove ormai lavoravo. Gli sorrisi.

«Che avete fatto voi?» chiesi sedendomi sfinita.

«Tre ore e mezza di prove.» disse Francesco scroccando le ossa delle mani con un gesto.

«Bello!» dissi «Poi voglio ascoltarne qualcuna eh!» continuai con esaltazione.

«Certo, baby!» disse Leiner facendomi l'occhiolino.

Lo guardai e accennai un sorriso.

«Il pranzo è pronto!» urlò d'improvviso Lorenzo.

«Uh! Che si mangia? Che si mangia?» domandai come una bambina.

«Lasagna!» disse alzando la voce con fierezza.

Tutti come in delirio, andammo a tavola. Gustammo quel piatto che era infinitamente buono, ovviamente, e parlammo di Artù. Che dicemmo? "E' un cane bellissimo", "è molto buono", "è molto affezionato al padrone" e Lorenzo ci guardava con orgoglio, e poi il suo sguardo si fermò al cane che dormicchiava su dei cuscini solo per lui.

Ridemmo un altro po', poi parlammo del disco.

«Alessandro, con "The best time" ti sei lanciato eh!» dissi ridendo dopo che mi avevano raccontato del significato.

Alessandro ricevette pacche sulle spalle da parte dei suoi colleghi.

Il pranzo continuò così fino alla fine, poi aiutai Lorenzo e Riccardo a sparecchiare la tavola.

Tra i due sembrava ci fosse ansia, non seppi il motivo, ma trasmettevano quello.

Poco dopo venti minuti, mi stesi sul divano e precedetti Francesco che era già pronto a lanciarsi su.

«Dai, fa stare un po' me qui. Alle quattro devo stare la a lavoro!» dissi giustificandomi.

Francesco, pur non accettandolo si mise sulla poltrona meno comoda, rispetto al sofà.

Risi.

«Comunque Dalila è interessante. Hai qualche informazione su di lei?» mi domandò Pierozzi.

«Ha ventidue anni e credo sia di queste parti.» dissi.

Sembrò pensieroso.

«Oggi devi chiederle di più!» mi disse.

«Si, ma non vorrei essere tropp...-» mi interruppe.

«Ti prego!» mi pregò.

«Okay, ci proverò, ma non ti prometto che saprò la sua vita da quand'è nata a ora eh.» lo avvertì.

Mi rispose con un sorriso soddisfatto.
Lo guardai.
Francesco si alzò.

«Vado a cagar...-» lo interruppi con il mio sguardo.
«Dove vai!?» chiesi ridacchiando.
«In bagno.» fini la frase più educatamente.

Quando se ne andò, si sedette al posto suo, Alessandro, che sembrava stanco come sempre.

«Ale!» lo chiamai a bassa voce.

Lui mi guardò.

«Vorrei farti una domanda.» gli dissi a sua sorpresa.
«chiedi pure.» mi disse con disponibilità.
«Ma Leiner» iniziai «perchè si comporta così stranamente amorosamente con me?» domandai a bassa voce.

Lui guardò a destra e a sinistra e abbassò il capo avvicinandosi a me.

«Non vorrei sbagliarmi, ma credo voglia sostituire Emma.» mi rispose con malinconia.

In quel momento ci rimasi male.
Non sapevo il perché e nemmeno che aspettarmi da lui. Magari Alessandro si stava sbagliando davvero. Magari non era così. Ma non volevo nemmeno credere che in così pochi giorni Leiner si fosse innamorato inspiegabilmente di me.

«Okay, grazie.» dissi ancora con sorpresa amara. Passò Leiner, che non stava un minuto fermo, e lo guardai.

«Che c'è? Che guardi? Ho qualcosa in faccia?» mi domando toccandosi le guance.
«No!» dissi smettendo di fissarlo.

Forse arrossii.

O forse no.

Ma provavo vergogna e imbarazzo.

«Che ore sono?» chiesi cambiando argomento mentre Alessandro, nella sua pigrizia, sembrasse ci stesse analizzando entrambi.

«È l'ora di farsi una vita!» rispose facendo il finto indignato, Lorenzo, verso Alessandro.
«Ma perché ce l'avete tutti con me!?» chiese facendoci ridere tutti.

Arrivò Francesco.

«Che mi sono perso!?» domandò levandosi le scarpe.
«Niente di sano.» rispose Lorenzo.
«Ma dov'è Riccardo?» chiesi cercandolo con lo sguardo.
«È al telefono con sua madre credo.» disse Lorenzo toccandosi la nuca.
«Ah okay.» finì.

Arrivarono le quattro meno un quarto, salutai i ragazzi e mi avviai per la seconda volta al lavoro.

Dear Jack- Ossessione.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora