19 (Bree: Remembering lightning)

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La porta della mia stanza si apre. Entra lui. Non è cambiato di una virgola eppure non so cosa in lui mi porta a pensare che sembri più grande, più maturo. Più uomo, insomma. 

- Ciao Bree. - Sta sorridendo. 

Non riesco a dire una parola.

- Sei stupita? Non sei contenta? Ti aspettavi qualcun altro, forse. -

- Pensavo venisse Gigì. -

- Le ho detto io di stare a casa dato che finalmente posso vederti. - Sembra tranquillo, l'Evan di sempre. 

- Perchè dopo così tanto tempo? - Io, invece, non riesco ad essere la Bree di sempre con lui. 

- Dovrai ricordarlo da sola. -

- Ne ho piene le palle di sta cosa. - Una strana sensazione di rabbia mi scoppia dentro. Il mio migliore amico, quello con cui ho fatto l'amore sulla spiaggia e con cui ho condiviso un figlio è qui davanti a me. E' dovuta passare quasi una settimana prima di venirmi a trovare. E non ha neanche una scusa decente! Sa solo dirmi che non può dirmelo, come tutti. 

- Posso solo immaginarlo. - 

- No, non puoi. -

- Bree, ti prego. - Solo adesso si avvicina. Si siede accanto a me. - Scusami se non sono stato qui dal primo giorno, non sai quanto avrei voluto, ma non potevo. Te lo giuro su quanto ti voglio bene. -

- Se è vero... - Gli afferro la mano che ha posato sulla mia schiena per accarezzarmela e la poggio sulla mia pancia. Non ho la minima idea se sia ancora piena, ma completo la frase in modo automatico. - ...giura su di lui. -

Evan di colpo sbianca. Ritira la mano e si alza. - Andiamo Bree. -

Prende il mio borsone rosso ed esce. 

Capisco di aver esagerato. Deve essere successo qualcosa, altrimenti non avrebbe reagito così. 

Mi alzo in silenzio ed esco anche io. Lo trovo appoggiato al muro ad aspettarmi. 

- Scusami. - Lo sussurro appena, ma lui lo sente. 

Eccome se lo sente. In meno di un batter di cuore, me lo ritrovo appiccicato addosso. Mi abbraccia forte, accarezzandomi i capelli e affondandovi il viso. Mi sussurra milioni di volte che mi vuole bene e che gli sono mancata. Mi bacia le tempie teneramente come fa sempre mentre piango sulle sue spalle per qualcosa andata storta. Stavolta non sono io a piangere, però. Quando allarga il suo abbraccio per guardarmi in viso, vedo che il mare dei suoi occhi grigi dietro le lenti da vista è allagato di lacrime. Riesce a trattenerle. Sì, è diventato un uomo.

- Dove mi porti? - Espongo il mio sorriso più grande. Voglio spezzare quest'aria triste che si è creata.

- In un bel po' di posti. - Si passa le mani sugli occhi sollevando gli occhiali per cancellare le lacrime. - Dobbiamo sbrigarci, però. Mi hanno detto di riportarti qui entro la fine dell'orario di visita. -

- Non c'è tempo da perdere allora. -

Mentre andiamo in macchina gli chiedo se gli hanno detto altro. Mi dice che ha parlato con la Dottoressa Collins e lei gli ha spiegato di non farmi stancare troppo, di farmi bere spesso e mangiare piano. Gli ha anche detto che nel caso in cui mi arrivi qualche fulmine non deve spaventarsi di nulla perchè è tutto normale. 

- Mi ha anche dato queste. - Esce dalla tasca un tubetto bianco. Lo apre e me lo porge. Dentro ci sono tante pillole biance, rotonde e piatte. Sembrano quasi delle mentine. - Mi ha detto di fartene prendere due nel caso in cui ti venga la nausea dopo un ricordo. -

Bree: Remembering lightningDove le storie prendono vita. Scoprilo ora