27 (Bree: Remembering lightning)

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Non uno, ma ben due messaggi in realtà. Arrivati in ritardo per i soliti scherzetti del mio cellulare. Nel primo mi chiedeva di uscire, nel secondo disdiceva tutto ancora prima della mia risposta perché doveva lavorare al locale. Mi sento ancora un po' pezzo di merda per la storia di Samir, ma vorrei vederlo. Steve, intendo. Vorrei vedere se davvero il mio cuore è impazzito per lui fino al punto in cui credo.

Lo chiamo. Il suo cellulare squilla un bel po' prima che risponda.

- Buonasera miss non sparisco e invece si. -

- Ma se ci siamo sentiti stanotte! -

- E non hai risposto al mio invito. Per me questo è sparire senza volerlo dire. -

- Steve il tuo messaggio mi è arrivato praticamente adesso. Lo sai com'è ogni tanto il mio cellulare. E' già capitato, no? -

- Scuse o meno, ormai l'invito è ritirato. - Vuole fare l'offeso, ma so che non lo è. Una vena dolce nella sua voce tradisce l'indifferenza che vuole mostrare. - Il lavoro chiama e io ho l'abitudine di rispondere. -

- E dai, Steve. Quanto la tirerai alle lunghe con questa storia? -

- Finchè miss Bree non si deciderà ad accettare i miei inviti. -

Rifletto un attimo. Potrei chiedere a Gigì se...

- Ohi, ci sei? -

- Sì, scusa. Stavo pensando ad una cosa. Ho un'idea per farti smettere sta storia. -

- Sentiamo. -

- Venirti a trovare sul lavoro lo potresti considerare accettare il tuo invito a vederci? -

- Intendi venire al locale? -

- Posso proporlo. Alle ragazze piace e io potrei fare un'altra eccezione al mio 'non andare in disco'. -

- Ma nelle tue condizioni non penso sia il caso. -

- Quali condizioni? -

- Parlo del bambino. - Fitta al cuore. Avevo dimenticato che lui ancora non sa nulla di ciò che è successo. - Musica alta, alcool, confusione, fumo. Non penso gli faccia bene. -

Una lacrima silenziosa mi riga il volto. Non lo ascolto più mentre lui continua a parlare producendo alternative alla mia proposta. Ripenso a quello che ho passato stringendo forte la mano sulla pancia, graffiandomi.

- Steve. - Lo interrompo. - Ci vediamo stasera al locale. Tu devi lavorare e io devo aggiornarti. -

- Aggiornarmi? E' successo qualcosa? -

Non rispondo e attacco. Non sarei riuscita a dire altro. Il dolore nascosto è tornato in superficie più feroce di prima.

Mi sono calmata stando per venti minuti a piangere sotto l'acqua bollente della doccia. Uscita di lì ho chiamato Gigì e Cristina. Entrambe hanno acconsentito ad andare al locale dove lavora Steve.

Ceniamo a casa mia con un po' di pasta improvvisata. Gigì si infila qualcosa scelta dal mio guardaroba e insiste, ovviamente, per scegliere cosa dovrò mettere io. Stavolta ha optato per un vestitino nero allacciato al collo che mi scende morbido sui fianchi e si ferma troppo in alto per i miei gusti. Insisto per infilarci sotto un paio di pantaloncini. Non voglio rischiare di restare nuda al primo passo. Decoltè rigorosamente nere e sono pronta. Mi convince a caricare un po' col trucco.

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