57 (Bree: Remembering lightning)

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Lo studio del Dottor Bertini è piccolo ma spazioso. Dentro c'è ben poca roba. Solo un divano due posti ed una poltroncina abbinati, oltre ad un tavolino di vetro ed una lampada a stelo. Lui è molto più giovane di quanto credessi. Nonostante non sia in abiti da medico, ci accoglie in modo serio e professionale. Ci sediamo sul divano biposto, tenendoci la mano. Lui si accomoda sulla poltroncina e mi fissa in silenzio tamburelando con le dita sui braccioli.

- Dottore deve dirci qualcosa? - Steve interrompe il silenzio. Ha fretta di portarmi via di lì.

- In effetti devo dire qualcosa alla signorina. Qual è il suo nome? -

- Bree. - Rispondo con un filo di voce tremante. - Brigida. - Aggiungo. Nonostante la giovane età mi mette parecchio in suggestione.

- Signorina Brigida, lei ha combinato un bel guaio. -

- Io? Dottore non capisco cosa intende. -

- Lei oggi ha giocato con la mente di uno dei miei pazienti e io non posso permettere una cosa del genere. -

- Cosa avrei fatto? - Lo guardo sconvolta.

- Dottore se ci ha chiamati qui per sparare stronzate, ce ne andiamo immediatamente. - Steve si alza tenendomi ancora per mano.

- Signor Steve, la pregherei di non intromettersi più nei miei discorsi con la signorina. Lei è qui solo come guardia del corpo della signorina, se così lo vogliamo definire. Anche se non vedo proprio di che protezione dovrebbe aver bisogno. -

- E noi siamo qui perché lei non sa fare il suo lavoro. -

Bertini si alza dalla sedia e raggiunge la porta. - La signorina Brigida è al sicuro qui dentro. Lei è pregato di aspettare fuori. -

- No! - Intervengo. - Per favore, siediti Steve. -

Mi guarda un attimo leggendo l'implorazione nei miei occhi, poi torna ad accomodarsi accanto a me. Anche Bertini torna al suo posto.

- Dottore io non ho fatto nulla. Sono solo venuta a far visita ad un amico che è vostro paziente. Non ho giocato con la sua mente come sostiene lei. -

- L'ha fatto. Non consciamente, forse. Non volontariamente, magari. Ma l'ha fatto. Lei per Evan Nimei è come il ticchettio della sveglia per Capitan Uncino. Non so se rendo l'idea. -

- Si spieghi senza esempi, per favore. -

- Lei risveglia l'Evan malato. Dopo il trauma della perdita del bambino che avete entrambi subito, neanche le terapie migliori riescono a tenerlo sotto controllo quando c'è lei. -

Rimango in silenzio.

- La farò breve signorina. Lei non deve più avere nessun tipo di contatto con Evan Nimei. Deve diventare uno sconosciuto per lei. Altrimenti lei resterà sempre un rischio per la sua salute. -

Mi alzo fissandolo ancora in silenzio, fredda ed estranea al mio stesso corpo. - Grazie della spiegazione Dottore. - Faccio cenno a Steve di alzarsi. - Vorrei dirle solo una cosa prima di andare via. Io ho subito il trauma della perdita del bambino, io. Io lo portavo dentro. Lui l'ha ucciso. Inoltre l'unica salute che è a rischio quando sono vicino ad Evan Nimei è la mia, non la sua. Questa non è la prima aggressione che ricevo da lui, quindi non si preoccupi per la buona riuscita delle sue cure perché non ho alcuna intenzione di rivederlo. Buona giornata. -

Mi affretto ad uscire dalla porta. Steve mi segue. Non l'ho ancora guardato in viso, ma credo che stia provando una strana soddisfazione. Questo potrebbe farmi arrabbiare, ma decido di non soffermarmici sopra.

Fuori dalla clinica troviamo Claudio seduto sul marciapiede. Ci ha aspettato.

- Bree, ti senti bene? - Ha gli occhi arrossati.

Bree: Remembering lightningDove le storie prendono vita. Scoprilo ora