36 (Bree: Remembering lightning)

5.7K 15 0
                                    

Estrema voglia di alzarmi da questo letto e correre loro incontro. Voglia di baciare Steve, di abbracciare mia madre, di stringere Gigì, di parlare con Sabina. Mi accontenterei anche soltanto di avere la forza per aprire gli occhi, ma nulla. Ci provo in continuazione, ma non riesco.
Sento il calore di una mano che accarezza la mia. Mi concentro e riesco a stringere di nuovo il lenzuolo tra le mani. Stavolta Sabina se ne accorge.
- Oddio, ti sei mossa. Riesci a sentirmi, Bree? -
Sì che ti sento Sabina. Ti sento eccome. Ma non posso fare altro.
- Mi senti Bree? - Prende la mia mano tra le sue. - Se mi senti, prova a stringermi la mano. -
Mi concentro di nuovo e, anche se per pochi istanti, ci riesco.
- Oddio è meraviglioso. Riesci a fare altro? -
Mi concentro di più. Provo ad aprire gli occhi, a muovere le gambe, ad alzare il braccio, ma nulla.
- Mi hai sentito, Bree? Stringi la mano se non puoi fare altro. - La stringo per qualche attimo in più.
Mi riempie di domande su cosa sento e cosa no. Comunichiamo per un po' così, lei parla e io rispondo stringendole la mano. Poi, quasi leggendomi nel pensiero, mi spiega la situazione.
L'intervento è andato bene, o almeno così pensavano. Non sono riusciti a svegliarmi dall'anestesia. Respiravo in modo autonomo e il mio cuore batteva da solo, ma non prendevo conoscenza. Così mi hanno tenuta sotto osservazione costante aspettando il momento in cui mi fossi ripresa. Per fortuna sembra che adesso qualcosa si sia smosso finalmente. Ed è un segno positivo.
Mi bacia la fronte. Una lacrima riesce a farsi strada tra le mie ciglia serrate e cade giù silenziosa e solitaria. Mi dice di riposare e che andrà a dire a Benussi e alla Collins le reazioni che sono riuscita a manifestare. Sento la sua mano abbandonare la mia, i suoi passi e di nuovo la porta.
Da sola, nel mio buio, immersa nel silenzio della stanza e nel caos dei miei pensieri, decido di distogliermi dal pensiero dell'operazione e della mia condizione attuale. Fissarmi su domande a cui non posso avere risposta, come 'Mi sveglierò davvero?', non ha senso. Il mio cervello funziona e funziona a meraviglia. Le orecchie funzionano, gli occhi pure funzionerebbero se riuscissi ad aprirli di mia spontanea volontà. I muscoli ricominceranno a rispondere ai miei comandi. Ho bisogno di distrarmi e l'unica distrazione possibile per una persona che non può far nulla è pensare. E io ne ho di che pensare! Ho un mese di vuoto da colmare di ricordi ancora. Voglio essere pronta per andare fuori di qui il prima possibile, non appena le mie gambe riusciranno di nuovo a portarmici. E questo significa che devo completare di aprire i miei archivi chiusi a chiave, come direbbe la Collins.
Inizio a ripensare alla sera dello spettacolo sperando che arrivi un fulmine. Credo di sperare che il suo arrivo dimostri che non è successo nulla di grave nella mia testa, che confermi che mi sto riprendendo, che mi rassicuri che presto potrò comandare di nuovo il mio corpo.
Sembra voler farmi contenta, il fulmine. Si insinua veloce tra i miei pensieri, ma con la delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli. Le orecchie iniziano a ronzarmi e la testa sembra che voglia esplodere. Un concerto di martelli pneumatici mi distrugge il sistema nervoso. Sento ogni singola parte di me iniziare a contrarsi freneticamente ed in modo involontario. Poi tutto tace, tutto si ferma e lui fa la sua entrata trionfale.

- Ci sono qua io. - Continua a ripetermi, baciandomi i capelli.
Joshua e Gigì si allontanano da noi appena incrociamo una piccola traversa in cui hanno lasciato l'auto, mentre Steve continua la strada con me. Mi accompagnerà a casa, dove anche Joshua verrà a portare Gigì. Ho provato a dire che era più pratico che io e Gigì andassimo insieme a casa lasciando i ragazzi liberi di tornarsene direttamente alla loro, ma Gigì mi ha fulminato in un batter d'occhio.
Il viaggio in macchina trascorre accompagnato da una conversazione stentata ed imbarazzata. Non è mai stato così tra di noi, ma stasera, adesso, sembra esserci nell'aria qualcosa di diverso. Perdo il respiro ogni volta in cui i nostri sguardi si incrociano di sfuggita. Lui tamburella con le dita sulla gamba e io non riesco a tenere ferme le mani sul volante. Sembriamo due quasi adolescenti al primo bacio.
Fermo la macchina di fronte casa mia. Di Joshua e Gigì neanche l'ombra.
- Credo che li aspetteremo per tanto. - Accompagna ciò che dice con un sorriso malizioso.
- Dici? -
- Secondo te perchè sono andati da soli? - Si avvicina a me.
Mi accarezza le braccia nude e un fremito percorre in un attimo il mio corpo. E' tornato serio. Le guance gli si sono tinte di rosso. Lo vedo nonostante la poca illuminazione. Le sue mani salgono a cogliermi il viso. Chiudo gli occhi. Il mio cuore sembra fermarsi, la pelle ribellarsi.
- Sei bellissima. -
Apro gli occhi appena in tempo per vedere i suoi chiudersi. La sua bocca si fionda delicatamente sulla mia. Richiudo gli occhi per godere di quelle sensazioni stupende. Le sue mani lasciano il mio viso per aggrapparsi strette alla mia schiena facendo aderire i nostri corpi l'uno a l'altro. Lo stringo a me anch'io, infilando le mani sotto la sua maglia per prendere contatto con la sua schiena. Il nostro bacio si evolve in continuazione, diventando adesso passionale, adesso tenero, adesso infuocato, adesso angelico. La direzione che prende, zigzagando tra mille sfaccettature, è comunque unica. E' viscerale, intimo e lo diventa sempre di più.
Un piccolo gemito mi sfugge via dalle labbra, nel momento in cui le sue le lasciano. Ci imprigioniamo in uno sguardo che sembra poter sconfiggere il tempo. Poi, riprende a baciarmi con estrema tenerezza, sforzandosi di arginare quell'eccitazione che ormai lo divora in modo più che evidente.
Quando questo meraviglioso bacio giunge al termine, sono le sue labbra a lasciarsi sfuggire un sospriro.
- Vuoi entrare? - Occhi negli occhi, il mio cuore sta saltellando fuori dal petto.
- E se arrivassero? - Il nostro abbraccio si scioglie lentamente.
- Se conosco lo sguardo di Gigì, non credo che arriveranno presto. - Gli prendo la mano.
Mi sfiora ancora le labbra ed io di nuovo credo di impazzire.
Entriamo in casa silenziosamente, come se qualcuno potesse sentirci. Richiusa la porta alle nostre spalle, la passione che fino a questo momento avevamo tenuto a freno si scatena. Mi abbraccia trasportandomi in un bacio impetuso. Io mi aggrappo a lui e gli salto in braccio agganciando le gambe alla sua vita. Continuamo a baciarci freneticamente, mentre lui si accascia sul divano del salotto con me ancora attaccata addosso. Mi poggia sul divano e quasi mi strappa di dosso la maglietta. Sfila anche l'elastico che teneva i miei capelli raccolti in una coda accomodata. Io sbottono velocemente la sua camicia, ma non arrivo a terminare di farlo. Se la toglie facendo saltare gli ultimi due bottoni. Arriva su di me tornando a impossessarsi delle mie labbra. Il contatto con la sua pelle è come una continua scarica elettrica. Continuamo a divorarci le labbra e ad accarezzarci in modo quasi selvaggio, avvinghiati seminudi sul divano, dimentichi di tutto ciò che c'è intorno e consci di nulla all'infuori dei nostri corpi.
Uno strano rumore proveniente dalla porta d'ingresso ci fa trasalire riportandoci alla realtà.
- Che cazzo è stato? - Lo stacco da me e mi siedo impaurita portando le gambe al petto.
- L'entrata. - Si alza dal divano e muove due passi verso la porta che continua a cigolare.
- No, Steve. - Mi stendo sul divano per arrivare ad afferrargli il polso. - Non andare. E se fossero dei malviventi? -
Torna a sedersi accanto a me. - Devo difenderti, no? - Mi bacia la fronte.
In quel momento la porta si apre.
- Te l'avevo detto che funzionava. E' solo un po' vecchiotta. -
La luce si accende.
- Ehm, Gigì te l'avevo detto che era meglio non entrare con la chiave. -
Raccolgo la maglietta da terra e la rinfilo velocemente. Raccolgo anche la camicia di Steve e gliela porgo mentre è ancora imbambolato e visibilmente imbarazzato. Mi avvicino a Gigì che continua a fissare gli addominali di Steve mentre si riveste.
- Credevo faceste tardi. - Bisbligio.
- Anch'io, ma lui non ha voluto. - La sua voce è ancor più bassa della mia.
- Cosa? -
- Poi ti spiego. -
Mi volto a guardare Joshua e gli faccio cenno di entrare. - Dato che siamo tutti qua, ormai vi offro qualcosa, no? -

E' bastato un buon the, per fortuna, a smorzare l'atmosfera di imbarazzo che si era creata. Nessuno di noi aveva voglia di far terminare la serata così, perciò abbiamo impiegato il tempo terminando una partita di Scarabeo che io e Gigì avevamo fermato da almeno due anni. I ragazzi sono andati via che erano ormai le quattro del mattino, così noi femminucce abbiamo potuto spettegolare su quanto successo. Io ho raccontato a lei di quello che avevano interrotto e Gigì mi ha raccontato che non avevo capito male le sue intenzioni, proprio per niente. Ha anche convinto Joshua a passare da un posto carino ed appartato prima di venire a casa, con la scusa di parlare un po' da soli. Ma arrivati al Panorama, parcheggio con vista stupendamente romantica che si trova poco distante da casa mia, Joshua si è bloccato. Le ha detto che non voleva rovinare tutto trattandola come una ragazza qualunque. Gigì aveva gli occhi a cuoricino anche mentre lo raccontava a me, non oso immaginare la sua faccia mentre lo ascoltava. Sono venuti anche a me! Sentire certe parole è merviglioso e sono felicissima che stavolta la persona a cui erano rivolte fosse proprio Gigì. Spero solo che siano reali.
L'ho abbracciata forte e ci siamo dirette in camera. La voglia di dormire stava a zero, perciò abbiamo iniziato una di quelle conversazioni infinite e senza senso che puoi fare solo con la tua migliore amica alle cinque di notte e che ti portano a guardare l'alba con una tazza di cioccolata in mano.

Bree: Remembering lightningDove le storie prendono vita. Scoprilo ora