50 (Bree: Remembering lightning)

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- Vuoi cenare da me? Preparo qualcosa di veloce. - Lo bacio ancora una volta. Siamo in auto, davanti casa mia, da ormai un'ora.
- Mi piacerebbe piccola, ma... -
- Ma? -
- Ma dovevo essere a casa già due ore fa. Stasera avevamo i nonni a cena. -
- Perchè non me l'hai detto? Non ti avrei trattenuto. Già tua madre mi odia. -
- Mia madre non ti odia. -
- Dici? -
- Sì piccola. Anzi, dico che conoscendoti ti adorerà. -
- Sarà, ma io non ne sono molto convinta. -
- E' così, fidati. - Mi bacia la tempia.
Gli sorrido. - Dai, piccolo. Ora torna a casa. Ti prenderai qualche sgridata? -
- Da mia madre sicuramente, ma ci penserà nonno a calmarla non appena saprà il motivo del mio ritardo. - Sorride anche lui.
Frugo nella mia borsa cercando le chiavi di casa. - E tu che ci fa qui? -
- Cos'è? -
- Teddina. L'ho comprata insieme a Gigì. -
- Fammi vedere. - La prende in mano, osservandola scrupolosamente. - E' carina, sembra quasi da collezione. E poi, non so perchè, ma credo che ti assomigli. -
- Non so se prenderlo come un complimento. -
- Lo è. E' tenerissima. - La stringe a sè premendosela contro la guancia e arricciando le labbra come un bambino. E' dolcemente buffo.
- Tienila se ti piace. -
- Come hai detto? -
- Tienila, ho detto. Anzi, dammi un po'. - Riprendo Teddina e la lego per il nastrino allo specchietto dell'auto. - Così mi avrai sempre con te. -
Steve ride. Mi prende il viso tra le mani, premendo leggermente sulle guancie per far sporgere le labbra in avanti. - La mia Teddina. - Dice scuotendomi un po' il viso.
Cerco di sorridere, producendo in realtà una smorfia, mentre inizia a picchiettarmi di baci.
- Dai che si è fatto tardissimo. - Cerco di dire tra un bacetto e il successivo.
- Hai ragione, amore. - Amore, la prima volta che mi chiama così. E' stupendo il suono di questa parola pronunciata dalle sue labbra.

Apro gli occhi con Teddina ancora tra le mani. Mi ha spiegato più cose di quante non avessi sperato. Tra le tante cose ricordate, Cristina ubriaca, Alex sempre più stronzo e lo strano incontro con Samir, c'è una cosa che mi porta al settimo cielo. Quel 'ti amo' in barca. Oddio, che cosa straordinaria! Pensare che quando mi sono svegliata qui in ospedale non ricordavo di averlo neppure incontrato. Chissà come dev'esssere stato per lui!
La luce del sole che entra abbondante dalla finestra illumina la stanza. Non so quanto tempo è passato, ma adesso sento di avere una ragione di più per voler uscire in fretta da questo ospedale, perciò decido di raggiungerla. Faccio dei passi lenti, più per precauzione che per altro. Arrivo lì senza alcun problema e anche adesso non sento stanchezza nelle gambe. Guardo fuori. In tutto il tempo che ho passato qui dentro, questa è la prima volta che vedo cosa c'è fuori di qua. Sono circa al quinto piano. Sorrido ammirando tutto il verde che decora il cortile interno che unisce tutte le enormi palazzine.
- Vedo che ti sei ripresa quasi del tutto, ormai. Vero, cara? - La Collins è sulla soglia e mi guarda sorridente.
- Già. - La guardo sorridendo, abbastanza imbarazzata ripensando che sono difronte a quella che potrei definire mia suocera.
La Collins si avvicina sorridente nella sua impeccabile eleganza. - Mal di testa? Stancehzza? Qualche disturbo particolare? -
- No, nessun disturbo. -
- Che hai, cara? Sembri strana oggi. -
Sa è che ho appena ricordato che suo figlio mi ama. Non mi sembra il caso di dirglielo. - No, sono solo felice di stare migliorando. Voglio uscire il più in fretta possibile di qui. -
- E' quello che vogliamo tutti. - Mi da una pacca leggera sulle spalle. - Quindi sbrighiamoci a fare le analisi. Prima vediamo se stai bene, prima potrai andare via. -

Jessica mi ha accompagnato di laboratorio in laboratorio e di ambulatorio in ambulatorio per rifare tutti i controlli. E' stata molto più gentile del solito, o forse sono stata io a pormi meglio verso di lei. Ogni medico che ho incontrato si è detto felice di vedermi di ottimo umore. Mi ha riportato in stanza appena in tempo per le visite. Mamma è arrivata insieme a Claudio, seguita da Gigì e Cristina. Giovanni e Debby sono arrivati dopo circa mezz'ora. Per farsi perdonare il ritardo mi hanno propinato, sotto consenso della Collins, una porzione di cannelloni fatti in casa dalla mamma di Debby. Li ho divorati senza un briciolo di dignità sotto gli occhi di tutti.
- Non ne hai lasciato neanche un pezzetto per me? - Steve è appena arrivato.
Mi imbambolo a guardarlo sorridendo, senza essere capace di formulare un pensiero che si allontani dal mio ricordo del suo 'ti amo'. Mi bacia la punta del naso prima di accomodarsi sul letto in cui mi hanno costretta di nuovo. Si allunga verso il vassoio dall'altro lato e ne prende un tovagliolo. Mi pulisce agli angoli della bocca ridendo. - Sei proprio un bambina. -
- Una teddina, vorrai dire. -
A queste parole si blocca. Ferma la mano e mi guarda sorpreso. Vedo i suoi occhi illuminarsi. - Hai ricordato quel giorno? -
Annuisco continuando a sorridere. La sua mano si apre lasciando libero il tovagliolo di cadere sulle lenzuola bianche. I suoi occhi iniziano ad inumidirsi. - Hai ricordato tutto? -
Annuisco di nuovo.
- Anche... - lo zittisco poggiando l'indice sulle sue labbra.
Gli getto le braccia al collo, attirandolo verso di me e continuando a sorridere. - Ti amo. - Gli sussurro all'orecchio.
Le sue braccia mi cingono la vita stringendomi tanto da togliermi il respiro. - Anch'io, piccola. Ti amo, ti amo da impazzire. - Mi riempie di baci, salati da qualche lacrima.
- Perchè stai piangendo, piccolo? -
- Avevo paura che non l'avresti mai ricordato. -
- Che non avrei ricordato di amarti? -
- Anche. Sì. -
Gli asciugo le guance con le dita e porto il suo viso verso di me, per baciarlo. - Puoi smettere adesso. -
- Mi ami? -
Annuisco felice.
Un applauso parte nella mia stanza. Sembra che non fosse il solo ad aspettare che io lo ricordassi. Ci abbracciamo felici.
Lo sono, sì. Sono felice, abbracciata a Steve ed in mezzo alle persone più importanti della mia vita. Manca solo... no, non voglio soffermarmi a pensare alle cose brutte. Non voglio rovinata questa giornata per nulla al mondo. Stringo più forte il mio ragazzo e cerco di riempirmi gli occhi dei visi sorridenti delle mie amiche e di mia madre.
- Basta, basta, che me la sciupi! - Gigì si intromette tra di noi, staccandomi da Steve e prendendo il suo posto accanto a me.
Mentre lei mi parla, vedo mia madre continuare a conversare con Claudio tenendo le mani a Steve e continuando ad accarezzarle.
- Sono carini, vero? -
- Chi? -
- Tua mamma e Steve. Lo so che non mi stavi ascoltando, ma guardavi loro. -
- Ma non è vero, ti ascoltavo. -
- No che non mi ascoltavi. Ma non fa niente. - Preme le sue labbra contro la mia guancia. - Vi dispiace se porto questa malaticcia ad accompagnarmi a prendere un caffè? - Chiede a tutti i presenti.
Ci allontaniamo, così, dalla stanza e percorriamo il corridoio verso le macchinette del caffè in silenzio. Quando Jessica mi vede mi raccomanda di non assumere caffeina. Arrivati nel salottino, Gigì prende il suo caffè e mi offre una cioccolata. Ci sediamo sul divanetto e sorseggiamo le nostre bevande.
- Adoro essere innamorata, sai? - Gigì finalmente parla.
- Ti piace? - Le sorrido.
- Finalmente so quello che provi. -
- Cosa vuoi dire? -
- Tu ti innamori anche delle farfalline che ti girano intorno. -
- Non posso darti torto. - Rido. - Con Steve è diverso però. -
- Lo so. E' perché lui è diverso. -
- Sì. -
- Anche Josh. Lui è così... così... -
- Speciale? -
- Unico, direi unico. Mi ha trattato come mai nessuno ha fatto. -
- Ma alla fine avete... -
- Cosa? -
Le faccio intendere a gesti cosa le sto chiedendo.
- Bree! -
- Che c'è? Non posso chiedere? -
- No! -
- No che non l'avete fatto o no che non me lo dici? -
- No che non te lo dico. A parte che non posso. -
- A parte che sei diventata di settemila colori quindi l'ho capito da sola. -
- Stronza. -
- Ti amo anch'io. -
Ridendo torniamo in stanza. Non mi rimetto a letto. Prendo posto sulle gambe di Steve e ci resto finché l'infermiera non arriva a chiedere a tutti di andare via perché l'orario di visita è finito.
Li lascio andare con un po' di malinconia. Passeggio da sola, attraversando in continuazione la stanza, per un po'. Jessica mi porta la cena. La mando giù seduta sulla sedia che ha utilizzato mamma. Solo adesso mi rendo conto che sul vassoio c'è qualcosa. Una scatolina di velluto blu, stretta e lunga. Accanto c'è un biglietto. 'Scoprirai perchè'. Apro curiosa la confezione. Dentro c'è una biro a scatto, placcata in argento. La prelevo iniziando ad osservarla. E io che credevo di trovarci dentro un bracciale di Tiffany! Una semplice biro, sottile, elegante, molto carina, ma pur sempre una biro a scatto. La riposo dentro il suo cofanetto, nella speranza che mi aiuti a ricordare qualcosa che possa cancellare questo velo di delusione che, forse un po' egoisticamente, provo. Ma chi nella mia situazione non avrebbe sperato che dentro quel cofanetto ci fosse un bel regalo, magari che implicasse una proposta di portare la relazione a una fase successiva? Bree Collins suona così bene! Suonerebbe bene addirittura Brigida Collins. Ok, sto esagerando.
Proprio la Collins entra in stanza ad interrompere le mie fantasie.
- Cara, ho i risultati delle analisi. -

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