45 (Bree: Remembering lightning)

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Apro gli occhi. Accanto a me trovo ancora mamma che dormicchia scomodamente seduta sulla sedia. Prendo il telefono sul vassoio accanto al letto per guardare l'orario. Sono le 10 di mattina. Strano che nessuno sia ancora venuto a svegliarmi. Poso il telefono al suo posto e provo a mettermi seduta. Faccio un po' di fatica in più rispetto al solito, ma i muscoli mi rispondono. Decido di rischiare provando ad alzarmi in piedi senza che nessuno mi abbia autorizzato. Credo di poterlo fare. Giro le gambe per scenderle dal letto ed appoggio i piedi al pavimento. E' freddo, liscio, lo percepisco perfettamente. Afferrandomi al letto riesco a mettermi in piedi. Le ginocchia mi cedono un po', ma appoggiandomi al muro riesco a sostenere il mio peso. Faccio qualche passo, sorridendo per la soddisfazione di esserci riuscita. Mi dirigo verso il bagno, ma la porta della stanza si apre. Il rumore mi toglie la concentrazione e rischio di cadere. Mi appoggio con le spalle al muro per evitarlo.
- Bree, che ci fai alzata? - Mia madre, svegliata anche lei dal rumore, si precipita verso di me per sorreggermi, anche se in realtà ho già trovato di nuovo l'equilibrio.
Non le rispondo e continuo a fissare Alex che, nel suo camice bianco, è entrato nella stanza accompagnato dall'infermiera Anna.
- Signora, la lasci fare! - Dice Anna sorridendo a mia madre.
Si avvicina anche lei a me e mi stacca delicatamente le mani di mamma da dosso. - Vediamo come stanno messe queste gambine, eh tesoro? - Mi accarezza il viso dolcemente.
Sotto lo sguardo preoccupato di mamma e quello tenero di Anna, riprendo a fare qualche passo appoggiata al muro. Arrivata alla porta del bagno mi volto a guardarle con un sorriso entusiasta, quasi dimentica della presenza di Alex che si è finora limitato ad osservarmi dalla posizione che ha preso ai piedi del mio letto.
- Perfetto, Bree. Ti riprendi sempre in modo soprendentemente veloce. - Anna viene a sorreggermi per il braccio. Chiede a mia madre di fare altrettanto, poi si rivolge ad Alex. - Possiamo portare questa brava signorina a fare un giretto? -
- Credo si possa fare. Basta che non stiate molto in giro. Non deve stancarsi troppo e la dottoressa Collins sarà qui fra poco. Però prima devo controllare una cosa. -
Mentre si avvicina a me non riesco ad evitargli uno sguardo odioso.
- Controlliamo la gola, ok? - Mi dice mieloso come stanotte. - Apri la bocca. -
Ubbidisco.
- Perfetto. Il gonfiore è passato quasi del tutto, ma è ancora un po' arrossata. Ti faccio preparare un altro po' di the col miele per quando torni in camera. - Mi sorride. Visto così non si direbbe quel coglione che in realtà è. - Mi dici qualcosa così sento a che punto è la ripresa? -
Posso dirti vaffanculo? - Credo di stare molto meglio, Alex. - Pronuncio il suo nome fissandolo con occhi che sembrano fucili e scandendo il nome quasi facendone lo spelling. Voglio fargli capire che ho ricordato quello che è quando si toglie il camice bianco. La mia voce, comunque, si sta nettamente riprendendo, come il resto del mio corpo. Finalmente.
- Sì, lo credo anch'io. - Continua a sorridere. - Potete andare. -
Accompagnata da mamma e Anna esco in corridoio. Lui esce subito dopo di noi, ma va dalla parte opposta. Percorriamo buona parte del corridoio e le gambe iniziano a cedermi, così decidiamo di tornare in camera. Sdraiarmi di nuovo su quel letto sembra stranamente una cosa desiderabile. Come promesso, trovo il mio the col miele e lo mando giù piano.
La Collins arriva dopo poco che siamo tornati in camera. Il controllo va bene e si dice soddisfatta dei miglioramenti che ho fatto. Prima che vada via, arriva Benussi. Anche lui sembra parecchio soddisfatto. Dice che entro un paio di giorni dovrei rimettermi completamente. Domani ripeteranno gli esami del pre-operatorio per vedere se anche dentro la mia testa tutto sta andando per il meglio.
Mi lasciano di nuovo sola con mamma.
- Mamma ma non dovresti andare a casa a riposare? -
- Non mi va di lasciarti sola. -
- Mamma io sto bene. E tra qualche ora ci saranno le visite. - Le sorrido dolcemente. Povera mamma! Deve essere davvero distrutta dopo un'intera giornata e nottata su quella sedia. Credo che non abbia neppure toccato cibo. - Io sono più contenta se ora vai a casa, mangi tranquilla, ti fai un bel bagno rilassante, dormi un po' e poi torni con gli altri all'orario di entrata. -
Mi guarda parecchio indecisa. Non vuole lasciarmi, ma l'idea di un bel bagno e di una bella dormita comoda non credo le dispiacciano.
- Mamma, davvero. Vai. -
- Sei sicura? Cosa farai tu? -
- Cosa vuoi che faccia? - Rispondo ridendo. - Mi farò una corsetta nel giardino! -
Insisto ancora un po', ma alla fine la convinco ad andare. Rimasta da sola, sprofondo nel mio cuscino. La camminata di oggi mi ha davvero spremuto le energie. Non riesco a riposare, però. Non sono passati cinque minuti da che mia madre ha varcato la soglia che Alex si presenta in camera mia. - Posso? -
Per me risponde l'aria incazzata che mi compare automaticametne in volto appena lo vedo.
- Ho visto tua madre uscire e ho pensato di venirti a trovare per parlare un po' da soli. -
- Puoi anche andare via, allora. -
Ignorandomi, chiude bene la porta e si avvicina al letto. - Quindi ti ricordi di me? -
- Sì. Ti ho ricordato stanotte. -
- Immaginavo. Eri tranquilla con me, mentre stamattina sei tornata quella di sempre. - Sorride. Non si intravede malizia, però, in quello che dice.
- Cosa vorresti da me dopo come ci hai provato. Sono... Ero... No, sono! Sono la ragazza di tuo cugino e non avresti dovuto comportarti in quel modo. -
- Cosa hai ricordato? -
- Fino alla serata in discoteca. -
- Non so se te lo posso dire, ma ti ho già chiesto scusa per quello che è successo in discoteca. -
Continuo a fissarlo torvo.
- Scusa Bree, non sarei dovuto venire qui. - Si volta per andare verso la porta.
- Finalmente l'hai capito. -
Lo guardo allontanarsi.
- Ti ho detto che Steve sa tutto di quella sera? -
Si blocca e torna a voltarsi verso di me. Non so perché non sono riuscita a trattenermi. L'ho detto con orgoglio, quasi a sottolineare che non ha voluto coprirlo, quasi a enfatizzare quanto Steve sia stato migliore di lui nel non prenderlo a botte. In risposta lui mi guarda per un po' in silenzio, poi gli esce un mezzo sorrisetto. - No, tu non me l'hai mai detto. - Riprende a camminare verso l'uscita. - I pugni di mio cugino sì, però. - L'ha detto senza voltarsi, soddisfatto quasi quanto me poco fa, quasi a dirmi che no, Steve non era stato meglio di lui.
L'ha voluto specificare. Steve non mi ha ascoltato ed hanno litigato. Ma io lo sapevo? E' stata quella sera stessa o è successo successivamente? Meglio non dire niente a Steve per il momento.
Sto così per tutto il tempo che mi separa dalla loro visita. A fissare il muro e a cercare di capire ciò che potrebbe essere successo, a cercare di ricordare, ma ho solo peggiorato la confusione nella mia testa. Per fortuna sono arrivati puntuali togliendomi la possibilità di continuare a costruirmi castelli di sabbia e draghi di cartone. Oggi Claudio non c'è, ma gli altri sono tutti qui. Mamma è nettamente più riposata e si è rasserenata nel trovarmi esattamente come mi aveva lasciato. Gigì, Cristina e Debby si entusiasmano quando dico loro che stamattina ho fatto una passeggiata in corridoio. Mi chiedono di rifarlo, ma sinceramente non me la sento proprio. Steve è l'unico silenzioso. Seduto accanto a me, mi tiene la mano sorridendo, ma non parla quasi per nulla.
- Che hai piccolo? -
- Niente, piccola. Sono contento che stai meglio. - Mi bacia la fronte.
- Dici una parola ogni venti minuti perché sei contento? -
- Sono stato in giro tutta la mattina, sono un po' stanco. - Mi bacia di nuovo.
Gli sorrido. Gli porto la mano dietro il collo e lo attiro verso di me. I suoi stupendi occhi verdi a pochi centimetri dai miei. - La conosco questa scusa. L'ho praticamente inventata io! Ma non insisterò nel chiederti cos'hai. E' solo per farti sapere che ho capito che qualcosa non va. - Gli bacio le labbra, assaporandole per un lungo secondo. Mi mancavano.
Sorride imbarazzato. - Mi dispiace tanto per ieri. -
- Per la discussione con Claudio? -
- Sì. Mi sento in colpa. Ti sei sentita male per quello che ho fatto io. -
Lo accarezzo cercando di rassicurarlo. - Non devi. Sono io che non dovevo cercare di gridare. -
Ci sorridiamo a vicenda prima di scambiarci un altro bacio. Stavolta più lungo, più dolce, più tutto. Un bacio da togliere il fiato e dimenticare qualsiasi cosa intorno, persino mia madre.
La porta si apre mentre le nostre labbra sono ancora incollate. Ci concediamo ancora qualche attimo per noi, prima di staccarci e vedere chi è entrato. Steve diventa quasi all'istante una lastra di ghiaccio. Gigì e Cristina ammutoliscono e fissano Steve. Solo mia madre sembra essere contenta di vedere che è appena arrivato Alex. Credo non sappia nulla. Dietro di lui si presenta quasi subito la Collins. - Salve a tutti. - Sorride portandosi al centro della stanza, mentre Alex, anche lui ammutolito, resta vicino alla porta.
- E' venuta per controllarmi di nuovo? - Le chiedo, ignorando suo nipote.
- No, cara. - Non so perché, ma adesso quel 'cara' ha ripreso a starmi sullo stomaco. - Stiamo facendo il giro e volevo salutare i tuoi e rassicurarli che la ripresa sta facendo passi da gigante. - Continua a sorridere, ma da come guarda continuamente Steve comincio a pensare che lo scopo della sua visita sia un altro.
- Ho già detto loro quello che mi ha comunicato stamattina. - Acida. Se è entrata per mettere Steve e Alex di nuovo l'uno di fronte all'altro, per ricordare ancora a Steve quanto abbia sbagliato a lasciare l'università, è meglio che vada fuori di qui il prima possibile. Ed Alex dovrebbe andare via prima di lei.
Resta per un po' al suo posto in silenzio, continuando a sorridere. - Bene, allora. Domani faremo gli esami e vedremo come va il post-operatorio nella tua testolina. Per il momento ti lascio coi tuoi familiari. Credo che noi ci vedremo direttamente domattina. Dopo passerà l'infermiera per le medicine. -
Accoglie i saluti stentati da parte di tutti e si avvia verso la porta. Steve si alza e la segue fuori.

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