63 (Bree: Remembering lightning)

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Il fulmine è terminato. Mi ritrovo a fissare il soffitto di camera mia, verde acqua come tutte le altre pareti. Decido di alzarmi, ma appena lo faccio cado in ginocchio per vomitare di nuovo.

- Bree, stai bene? - Mia madre arriva di corsa dalla sua stanza. Mi trova ancora accovacciata a buttare fuori il pranzo. Mi tiene la testa spostandomi quei pochi capelli che mi arrivano sulla fronte finché non finisco. Mi aiuta ad alzarmi e a sedermi sul letto. - Resta qui. - Va a prendere straccio e secchiello per lavare via tutto.

- Scusa. -

Lascia andare tutto e viene ad abbracciarmi. Sta piangendo. Me ne accorgo solo adesso. - Come stai? - Sussurra tra i singhiozzi.

- Meglio mamma. Sto meglio adesso. -

- Che ti è preso? -

- Ho avuto un ricordo e mi è presa male. -

- Come all'inizio? Perché? E' normale? -

- Non lo so mamma. -

- Io ti porto in ospedale. -

- No, mamma. Non c'è bisogno. -

- Io ti porto in ospedale e basta. - Mi costringe ad alzarmi e ad appoggiarmi a lei anche se riesco a star in piedi da sola. Mi porta fino alla sua macchina e mi ci fa entrare. Sale dal lato giudatore e prima di avviarla mi passa il mio cellulare che ha preso da sopra il comodino. - Chiama Steve e diglielo. -

- Per allarmarlo? - Uno sguardo di rimprovero.

- Chiamalo. - Parte e si dirige verso l'ospedale.

Ubbidisco all'ordine di chiamare Steve, ma invento una scusa. Non gli dico che ho vomitato, nè che mia madre mi sta portando in ospedale. Gli dico solo che stiamo uscendo e non ci troverà in casa. Mia madre, però, mi strappa il telefono dalle mani. - Steve, stiamo andando in ospedale perché si è sentita male. - Glielo urla terrorizzata quasi e poi mi torna il cellulare.

- Spiona! - Le dico fulminandola con lo sguardo. Poi riprendo a parlare con Steve cercando di convincerlo della realtà, cioè che non è nulla di grave e che è mia madre ad essere troppo paranoica. Non riesco a convincerlo e decide di venire in ospedale anche lui.

Ci incontriamo al parcheggio. Sono arrabbiata con entrambi che stanno trasformando una cosa insignificante in un'enorme tragedia. Entriamo nel pronto soccorso e Steve si precipita a parlare con la prima infermiera che gli capita a tiro spiegandole la mia situazione, esagerandola ovviamente. L'infermiera mi chiede di seguirla immediatamente e mi porta dentro uno stanzino dove mi fa accomodare su una barella che sembra parecchio instabile per poi scomparire al di là della porta. Passati circa dieci minuti decido di scendere dalla barella ed andarmene. Non sopporto tutta questa situazione. Purtroppo il destino ha deciso ancora una volta di darmi uno spintone. Scendendo dalla barella poggio il piede in malo modo e mi ritrovo faccia a terra con una caviglia storta e dolorante. Mi arriva addosso anche il vassoio per le suture su cui mi ero poggiata cercando di riprendermi dalla storta. Il baccano attira nello stanzino l'infermiera ed il dottore di turno. E qui il destino ha fatto proprio il bastardo.

- Bree cavolo! Non avresti dovuto muoverti. - Alex mi prende in braccio di peso e mi poggia di nuovo sulla barella. - Hai perso l'equilibrio? -

- No. - Rispondo seccata e seccante. Dal modo in cui lo fisso traspare tutto ciò che penso: 'Sei una merda!".

- Cosa è stato allora? -

- Ho messo male il piede. -

- Una storta? Vediamo questa caviglia. -

Cerca di sollevarmi il lembo dei jeans per guardarla, ma ritiro le gambe. - Non provare a toccarmi. - Lurido schifoso. Lo aggiungerei ma non lo faccio.

Bree: Remembering lightningDove le storie prendono vita. Scoprilo ora