15 (Bree: Remembering lightning)

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- Passata la sbronza? -

- Sto meglio, grazie. Ora vado. -

- No, resta ancora un po'. -

- Samir, mi sento meglio. -

- Hai appena vomitato l'anima. Siediti e parliamo un po'. - 

- Se vuoi parlare, parliamo. Ma fuori di qui. Ho bisogno di aria. -

Mi accontenta. Ci sediamo sulla panchina fuori dal locale. 

- E allora Samir. Da dove vieni? -

- Albania. - Gigì c'ha indovinato! - Sono qui da cinque anni. -

Iniziamo a parlare e senza neanche accorgermene gli ho raccontato metà della mia vita dopo aver ascoltato metà della sua. Ha 28 anni, quindi solo sei più di me. Non è venuto in Italia per il lavoro perchè lì in Albania era ben sistemato grazie a suo padre. E' venuto per voltare pagina, per staccarsi da lui e da una storia andata male. Per risorgere dalle ceneri, come la fenice che si è tatuato poco prima di lasciare la sua terra. 

- Sei bravo a far parlare la gente. - 

- Ci hanno visto bene i miei genitori. -

- Cosa? -

- Samir, il mio nome, significa qualcosa tipo "compagno di una chiacchierata notturna". Perciò è destino per me. - Sorride. Di nuovo quel sorriso dolce. 

- Credo sia il momento di andare a casa adesso. -

- Posso accompagnarti? E' tardi. Ti seguo in macchina. -

Decido di fidarmi. Non so perché. - Ok. Prendi la macchina che ti aspetto qui. La mia è quella. - Indico la macchina di mia madre posteggiata perfettamente di fronte all'entrata del bar. 

Entro in macchina e mi guardo allo specchietto. Ho un aspetto a dir poco sconvolto, per non dire raccapricciante. Vedo arrivare Samir. Mi immetto in strada precedendolo e mi avvio verso casa.

Mi sono fermata a parlare con Samir ancora un po' dopo aver posteggiato l'auto in garage, seduti sul cofano anteriore della sua. Prima di andare via, mi ha baciato. Ed io? Io l'ho lasciato fare. Non dico che me l'aspettassi, ma ci stava perfettamente a conclusione di una serata come questa. Mi ha baciato teneramente. All'inizio sembrava quasi spaventato, forse perché pensava che avrei reagito male. Ha solo appoggiato le sue labbra contro le mie, delicatamente, per pochi istanti. L'ha rifatto. Poi si è tranquillizzato. E' diventato più sicuro, più deciso, ma è riuscito comunque a restare dolce accompagnando piano la sua lingua accanto alla mia. Non ha neanche tentato di toccarmi, fatto strano rispetto ai ragazzi che ho conosciuto. Per tutto il tempo ha tenuto una mano ferma sotto il mio mento. Con l'altra mi ha accarezzato il braccio, la sciena, ha giocato coi miei capelli. Infine mi ha stretto. Ed è stato bravo, caspita se è stato bravo. E' riuscito a farmi impazzire. Non so se è per quel pizzico di alcool che ancora mi circola nel sangue o se è stata tutta opera di quel meraviglioso, perfetto bacio. Ho tremato come una foglia per tutto il tempo. E poi? Poi l'ho ringraziato della serata e sono entrata in casa. Erano le 2. Mi sono subito buttata sul letto, il mio letto, e mi sono addormentata praticametne subito, totalmente vestita, col sorriso sulle labbra e un semi-sconosciuto in testa.

Mi sveglia il cellulare che vibra. Stranamente ho il sonno leggero di questi tempi. Prima di guardarlo corro in bagno a vomitare l'ultimo strascico di sbronza. Tornata a letto la chiamata era già terminata. Sono le 4. Chi può chiamarmi a quest'ora? Controllo la liste delle chiamate. Un numero che non ho in rubrica. Sono troppo stanca per andare a controllare se sia il numero di Steve. Spengo il cellulare per evitare di essere disturbata ancora, mi volto e ritorno nel mondo dei sogni. 

Bree: Remembering lightningDove le storie prendono vita. Scoprilo ora