31 (Bree: Remembering lightning)

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Sono arrivata all'appuntamento un po' in anticipo. Volevo essere sicura di riuscire a restare calma. Dopo tutto ci siamo incrociati solo una volta dopo la perdita del bambino e non so cosa potrebbe scattarmi dentro. Entro nel bar quasi in punta di piedi, cercandolo. I nostri sguardi si incorciano per un istante. Gli cadono dalle mani due tazzine vuote nel lavabo. Suo padre lo rimprovera, ma sembra non sentirlo. Si toglie il grembiule e va sul retro.

Mi avvicino al bancone. 

- Salve signor Nimei. -

- Oh Bree, ciao. - Sembra quasi più preoccupato del'ultima volta che ci siamo visti. - Stai bene? -

- Molto meglio, grazie. -

- Evan invece no. Bree io non riconosco più mio figlio. Ti prego dimmi qualcosa. -

Mi agito, sento fuoco scorrermi nelle vene. - Le ho già detto che lui glielo dirà. -

- Sappiamo entrambi che non lo farà. - Fissa i suoi occhi nei miei. - Bree, ti sto pregando. - Li vedo farsi lucidi. - Dimmi se è successo qualcosa. - 

Abbasso gli occhi. Se li chiudo posso ancora vedere Evan che mi strattona sulla scogliera e sentire i freni dell'auto che mi ha quasi investito. - Qualcosa è successa. Una cosa parecchio brutta. -

- Bree non farlo. - Evan è tornato dietro il bancone. Il fuoco nelle mie vene è stato sostituito da lastre di ghiaccio taglienti. - Devo farlo io. -

Il signor Nimei deve aver notato il mio cambiamento. - Se hai fatto qualcosa a Bree, giuro che ti strangolo con le mie mani. -

- Puoi iniziare, allora. - 

Il signor Nimei lo guarda interdetto mentre si avvicina a me. Cerca di accarezzare la mano che ho poggiato sul bancone. La ritraggo istintivamente. - Non merito alcun perdono Bree, ma voglio dirti comunque che il bene che ti ho voluto e che ti voglio è sempre stato reale. - Una lacrima gli riga la guancia destra. Si volta verso suo padre. - Papà, non è il caso di parlarne qui al bar. Stasera, a casa con la mamma, ti dirò tutto. - Torna sul retro, in silenzio.

Il signor Nimei sembra essersi imbambolato. - Ma cosa cazzo ha combinato? -

- Glielo dirà stasera. Dopo che avrà saputo si ricordi che io adesso sto bene. Evan non è un cattivo ragazzo, non voleva farlo. O almeno, lo spero. Solo che gelosia e rabbia spesso... - Mi si spezza la voce. Deglutisco il nulla. Ho la bocca completamente arida.

Il signor Nimei esce da dietro il bancone e mi raggiunge. Mi bacia la tempia. Riesco a stento a trattenere le lacrime che spingono prepotenti. - Piccola Bree. - Mi sorride teneramente. Stento un sorriso anche io. 

- Vedo che la tua passione per gli uomini maturi non è passata, eh Bree. - Mario è sulla soglia del bar. 

- Ciao Mario. - Gli sorrido, sul serio stavolta. - Lui è il padre di Evan. Dovresti ricordarlo. - Lo saluta educatamente. 

Stampo un bacio sulla guancia del signor Nimei e seguo Mario verso un tavolo. Non è cambiato molto da due anni a questa parte, quando ho dovuto abbandonare il gruppo. Alto, muscoloso, moro e simpatico all'inverosimile. Non fatico a ricordare perché, quando ho mosso i primi passi nella sua sala, lo adoravo. E poi ballare con lui era un'esperienza nuova e sconvolgente ogni volta. Col gruppo ballavamo hiphop, ma con me non si fermava lì. Preparavamo spesso uscite "di coppia" da aggiungere a quelle di gruppo per gli spettacoli. Mi ha insegnato le basi per praticamente qualsiasi cosa, dai passi a due di moderno a quelli caraibici. Un tuttofare della danza, come lo definivo io. 

- Allora, che favore devi chiedermi? -

- Più che un favore è un'offerta. -

- Che non si può rifiutare? - Ridacchio della mia citazione scontata.

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