capitolo 29

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Guardai l'asfalto sotto i miei piedi. Il sole batteva alto e riscaldava la mia pelle scoperta.
Entrai nell'edificio e il caos degli studenti mi fece sbuffare.
Mancavano pochi mesi alla fine di questo inferno, dicono che sapere che una cosa sta per finire presto in teoria ti da la forza di dare di più, di dare il massimo ma in pratica è tutto il contrario. Pensare che alla fine della scuola mancano tre quattro mesi, che poi a pensarci non sono neanche tanti, a me da ancora più noia. È da quando è iniziata che sto facendo il conto alla rovescia per le vacanze.

Cammino per i corridoi con svogliatezza, da lontano vedo il trio più simpatico e amichevole della scuola.
Una si guarda le unghie, l'altra si arrotola una ciocca di capelli rossastri tra le dita lunghe. Poi intravedo una delle più simpatiche delle tre. Denise.
Con la sua solita faccia da cazzo, guarda tutti gli studenti che passano per il corridoio con sguardo superiore, come se lei fosse quella che comanda il mondo.

Mastica la gomma con furia. Povera gomma, pensai.

Ha le braccia strette al petto, si trova proprio in mezzo al corridoio intralciando il passaggio.
Vidi tutti gli studenti che quasi si uccidevano pur di non darle una spallata o che si spiaccicavano contro il muro pur di non disturbare 'il padre eterno'.
Se fossi in loro una spallata non gliela avrei negata.

Sembravano le winx. C'è la rossa la bionda e la mora. Denise era la bionda ovviamente, i lunghi capelli biondo chiaro e leggermente mossi non si muovevano.

Ancora mette tutta quella laccha? Pensai.

Feci spallucce, quella ragazza non ha speranze. Andai dritta e non spostai mai lo sguardo, oggi non ero in vena di litigi. Ne oggi, ne domani, ne tra ottocento anni.

《Bionda.》disse quella voce stridula. Mi venne quasi l'istinto di tapparmi le orecchie per il fastidio.

Mi girai e la guardai. Occhi blu finti, troppo trucco e rossetto rosso.

《Denise.》dissi con freddezza.

《Come va?》disse lei sorridendomi falsamente.

《Alla grande perché?》dissi io già stufa delle sue domande inutili. Lo sapevano anche i muri che non gliene fregava nulla di me, ma perché ci sto parlando?

《Dove l'hai lasciato il tuo ragazzetto?》disse lei guardandosi intorno.

Grazie della considerazione, potevi anche rispondere invece di cambiare sempre argomento, pensai.

《Che cosa ti serve?》dissi io. Mi stava già facendo arrabbiare con la sua finta simpatia o qualsiasi cosa stava cercando di fare.

《Ma quanto siamo acide quest'oggi.》disse ridacchiando.

Dio mi sta facendo venire i nervi, non le è bastato il pugno dell'altra volta?

《Come già vi siete lasciati? Com'è non ti sopporta già più?》disse lei e sentii gli schiamazzi delle sue amiche.

La sorpassai evitando le sue battutine  al quanto ridicole e squallide.

Entrai in classe già incazzata nera.
Erano le otto e dieci e io già stavo dando di matto.

Stai calma, manca poco.
Me lo ripetei per calmarmi, devo stare tranquilla e non diventare un serial killer.

Poco dopo entrò Cristian portando con se lo zaino, ovviamente vuoto, al massimo ci sarà un quaderno. Si sedette e mi stampò un bacio.

《Ho un sonno che neanche immagini.》disse lui appunto sbadigliando.

Il sonno è l'ultimo dei miei pensieri oggi.

||Credevo di odiarti||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora