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Mi sentii rabbrividire.
Il mio corpo fremeva.
Non toccavo terra.
Dov'ero?
Cosa mi era successo e perché?
Perché sentivo dolore ovunque?
Perché mi sentivo schiacciare la testa?
Lentamente aprii gli occhi. Tutto girava vorticosamente attorno a me.
- ... d-dove...perché... da q-quanto... ? - non ragionavo affatto. La testa mi scoppiava e i pensieri erano come scappati via da essa.
- Buongiorno. Sai che hai dormito per una settimana? - una voce femminile mi parlò.
Avevo la vista offuscata e le orecchie mi fischiavano.
- Hey, mi senti? - mi domandò ancora. Sentii un dolore alla guancia, forse era uno schiaffo.
Cercai di strofinarmi gli occhi, ma realizzai di avere le mani bloccate al muro. Anche i piedi lo erano.
Quella che doveva esser una donna, mi gettò addosso dell'acqua gelida che mi svegliò completamente.
La vista si aggiustó, facendomi capire dove mi trovavo.
Davanti a me c'era il Clown con in mano un secchio di ferro vuoto. Mi guardava con un sorriso compiaciuto e soddisfatto.
- Bentornato nel mondo dei vivi di nuovo, schiavetto. - la vidi avvicinarsi velocemente verso di me, buttando a terra il secchio e tirando fuori un coltello.
- P-perché... sono appeso q-qui? - non riuscivo a non balbettare.
In parte era per il dolore e in parte per il freddo, visto che ero a petto nudo, bagnato fradicio, in pieno novembre. Spostai lo sguardo verso la mia pancia: era piatta come una tavola, forse era anche un po' troppo magra. Almeno avevo ancora i pantaloni e le scarpe... sporche. Molto sporche.
Alzai di nuovo lo sguardo solo per vedere la pazza ad un centimetro da me.
Ero più alto di lei di una decina di centimetri, perciò il suo viso arrivava al mio petto.
Mi saltò il cuore in gola, sbiancando e fissando lo sguardo nei suoi occhi pieni di odio e di sete di vendetta.
Cominciò a graffiarmi il petto con la punta della lama, facendomi sanguinare.
- Perché sei scappato? - mi domandò fredda. Non aveva neanche risposto alla mia domanda.
Non risposi.
- PERCHÉ SEI SCAPPATO DA ME?! -  affondò il coltello un po' più nella carne, facendomi gemere e stringere le dita tanto da farmi male i palmi con le mie stesse unghie.
Continuai a non rispondere.
Mi morsi il labbro inferiore.
La donna se ne andò velocemente per poi tornare poco dopo col coltello... ma dalla lama rossa ed incandescente.
- C-cosa vuoi farmi?! - iniziai a dimenarmi dalla paura, anche se così facendo peggioravo solo la mia situazione. Le catene ai piedi tiravano di più e sfregavano contro la pelle, arrossendola.
- ... è tempo di giocare, schiavetto. - piantó la lama nella mia spalla con tutta la forza che aveva.
Gridai a squarciagola, senza trattenermi.
- GRIDA! GRIDA PIÙ FORTE! - girava il coltello nella carne ustionata e bruciata, allargando il buco.
Sfilò l'arma e poi me la piantó nell'altra spalla, con ancor più forza.
E di conseguenza, urlai con ancor più d'angoscia e paura.
Il Clown iniziò a ridere... e rideva... rideva... rideva come non mai, continuando a infilzarmi con il coltello.
Pugnalandomi con la lama e con gli occhi, fissi su di me. Mi divorano vivo.
Mi ferí le spalle e le coscie, senza toccare i punti vitali... non voleva uccidermi. Voleva farmela pagare.
Voleva farmela pagare per averle disubbidito per l'ennesima volta.
La lama era ancora caldissima, e la fece scorrere sul mio corpo, facendomi contrarre tutti i muscoli per lo strazio.
Gridavo e piangevo finché non fui sfinito.
- Ma come? Già stanco? - domandò, alzandomi il mento col coltello, ustionandomelo.
- L-lasciami... ti prego... - sussurrai con quel poco fiato che mi era rimasto nei polmoni.
Lacrimavo. Tremavo e ansimavo.
Volevo che tutto quello finisse il prima possibile.
Preferivo la morte a lei.

Lo Schiavo Del ClownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora