35

201 15 5
                                    

- Sei in ritardo, schiavetto. - mi disse seriamenre il Clown.
Mi alzai sui gomiti con un po' di fatica perché il mio corpo fremeva dal dolore muscolare.
- M-mi dispiace. -
- Alzati ed entra dentro o ti ammalerai. E io ti dovrò ammazzare. - mi ordinò, rialzandosi ed entrando a passi svelti in casa, senza degnarmi d'uno sguardo o altro; ero invisibile ai suoi occhi.
Scossi la testa per farmi passare il leggero giramento e mi alzai a scatti. Entrando in casa, un pugno mi prese in piena guancia, facendomi sbattere contro uno dei muri dell'ingresso.
- E questo non è nulla. - mormorò ella, chiudendo la porta con un movimento fluido e calmo.
Lo zigomo sinistro mi bruciava e, mettendoci le dita sopra, mi accorsi che già si era gonfiato.
Mi raddrizzai, con lo sguardo che esprimeva la mia decisione: affrontarla e ucciderla.
- Perché ti impettisci tanto? Sai che sei un mio subordinato e anche che stai nel torto.
Non ti è bastato prenderti più tempo per spezzare delle vite, eh? - incrociò le braccia e si appoggiò su di un fianco, facendo andar dietro parte del camice.
- Clown... ti va un ultimo scontro? - le domandai cupo, a bassa voce.
- Mhm? Una lotta? E perché mai? Sai che perderesti. - sogghignó bastardamente.
- Non sottovalutarmi come l'ultima volta. -
- E va bene... senti, non mi va di farmi il sangue amaro stasera. Perciò, perché non ti rilassi? -.
La sua voce, il suo sorriso... erano così persuasivi. Era quasi impossibile dirle di no.
A passi lenti, mi si avvicinò; mi prese per il mento, appoggiando il suo petto al mio e i nostri visi erano a pochissimi centimetri di distanza. Sentivo il suo respiro caldo sul mio collo, lento e silenzioso.
- Ora andiamo a dormire e domani ci rimettiamo in viaggio, capito? - mi sussurró ad un orecchio, mettendosi sulle punte per raggiungermi meglio.
Servirono solo quelle parole e quel tono per farmi dimenticare tutto ciò che avevo appena vissuto: davvero ci voleva così poco per comandarmi a bacchetta?
- Sì... - accettai, senza obiettare.
- Bravo schiavetto. È così che mi piaci. - mi lasciò un bacetto sulla guancia per poi allontanarsi da me.
- Per stavolta ti faccio dormire con me, così ti riposi meglio. Contento? - mi sorrise, voltandosi e andando nell'unica stanza che non avevo ancora visto.
Annuii lievemente, seguendola a passetti incerti.
- Non avere paura... mica ti mangio? - sghignazzó la rossa, aprendo la porta di camera sua.
Si buttò sul letto vecchio di almeno 1000 anni, abbracciando un cuscino e rannicchiandosi attorno ad esso.
Esitante, mi appoggiai sul letto.
- Stenditi, avanti. - mi invitò gentilmente.
Ero stanco e stremato, i miei occhi a stento rimanevano aperti e la mia mente si era nuovamente svuotata da ogni idea e pensiero.
Mi tirò un pochetto per dietro la giacca; mi stesi a pancia in su e con le mani poggiate sul ventre, guardando il soffitto scuro. L'unica luce che illuminava quella stanza era una candela quasi finita, la solita che il Clown portava con sé.
Chiusi gli occhi.
Le braccia calde della donna mi strinsero in un inaspettato abbraccio, accompagnato dalla sua testa che poggiava sulla mia spalla.
- Buonanotte... - mi mormorò, addormentandosi.
Mi addormentai anch'io, senza ricambiare alcun affetto o parola.

Lo Schiavo Del ClownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora