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Stringeva le mani attorno al volante, accellerando gradualmente e sfrecciando tra le poche automobili che stavano percorrendo la nostra stessa strada.
- "Datti una calmata", "Sii più socievole"," Non fare l'antisociale"... ecco cosa mi sentivo dire ogni singolo giorno... GRAH! LORO NON HANNO MAI CAPITO UN CAZZO! - si incazzó all'improvviso, battendo il palmo sul clacson.
Mi aggrappai al sedile per paura mentre la guardavo con gli occhi sgranati.
- Non è colpa mia se sono nata così maledettamente difettosa, no no! - guardava la strada con gli occhi stracolmi di collera.
- D-dai, non ci pensare... - mormorai intimorito. Mi stringevo fra le spalle con fare infantile, come quando un bambino cerca di calmare una lite fra i genitori.
- STA' ZITTO! - mi zittì dandomi uno schiaffo col dorso della mano, senza neanche guardare dove me lo stesse dando.
Soffocai un gemito, riabbassando lo sguardo e coprendomi la guancia arrossata con una mano.
Ella sospirò, rilassandosi e perdendo interesse nel suo rancore.
- Bhe... almeno non dovrò più aver a che fare con quelli... - sospirò nuovamente. Ticchettava con le dita sul manubrio, non esalando più una parola se non dei colpi di tosse.
Annuii intristito dallo schiaffo.
- Comunque, sono felice che tu non mi detesti. Significa molto per me. - dalla coda dell'occhio vidi che abbozzó un sorrisetto, rallentando perché iniziava a formarsi traffico.
" Se ti significa così tanto, perché mi fai del male? " pensai, continuando ad osservarla discretamente.
La rossa accese la radio e la sintonizzó su una stazione che stava riproducendo una canzone di Sam Smith. Mi piaceva.
Mi appoggiai al finestrino, guardando ogni auto che sfrecciava sulla corsia affianco. Erano bianche, nere, grigie o rosse; alcune erano anche viola o  gialle.
Mi sentivo ancora giù di morale, ma meno di prima.
Il cielo aveva cominciato a scaricare pioggia che poco a poco si intensificava; i vetri erano tutti ricoperti di gocce d'acqua che scivolavano giù.
In mente, presi a fantasticare su delle gare di corsa tra le varie gocce come un bimbo. Tanto a chi dovevo dar conto se volevo organizzare delle gare clandestine immaginarie?
Di tanto in tanto ridacchiavo anche, perché mi rendevo conto di quanto fosse immaturo il mio svago.
Il Clown lo notò.
- Schiavetto, perché stai ridendo? - mi chiese.
- Sto giocando. - le risposi seccamente e senza emozioni, troppo preso dalla mia fantasia.
- A cosa...? - continuò a domandarmi.
- Con le goccie: vedo chi è la prima a vincere. -  girai gli occhi verso di lei per solo una manciata di secondi prima di rivolgere la mia attenzione alla "gara".
- Sei proprio un bambino. - commentò ridacchiando.
Il traffico era quasi fermo e probabilmente sarebbe rimasto così finché l'acquazzone non si sarebbe calmato.
Tra me e me, mormoravo la canzone che in quel momento si poteva sentire alla radio.
- Sei bravo anche a mormorare una canzone, sai? -.
Mi ricordai che a lei piaceva come cantavo. Era da molto che non canticchiavo un po'.
- Dai, canta. Non tenere solo per te la tua voce. - mi incoraggiò, dandomi una gomitata amichevole.
- Sicura...? -
- Certo. Non ti devi vergognare se è questo il problema. - mi confortó più dolcemente.
Annuii, giocando con le dita. Iniziai a cantare la canzone, a bassa voce e timidamente mentre il Clown mi ascoltava deliziata.

Lo Schiavo Del ClownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora