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Arrivai al paese dove dovetti nascondermi per non farmi notare.
Le strade erano affollate ed era impossibile che qualcuno fosse rimasto in casa... meglio così.
Come un gatto, passavo per le vie più strette e speravo con tutto me stesso di non incontrare nessuno.
Svoltato un angolo, quasi mi ritrovai davanti una coppia che parlava fra loro: mi attaccai con le spalle al muro, facendoli passare avanti. Non mi avevano notato.
Trovai un palazzo arancione dal portone aperto e vi ci entrai: l'interno non era per nulla moderno. Non c'era neanche l'ascensore o il portinaio, che probabilmente era ai festeggiamenti.
Dubito ora che ci fosse tutto quel tranbusto per una semplice messa di domenica. Bha, forse festeggiavano il santo patrono, chi lo sa.
Iniziai a salire le scale a passi leggeri ma privi di voglia, passando piano dopo piano finché non arrivai al quarto e ultimo piano.
Passai davanti ad ogni porta, che erano ognuna di un colore diverso, e mi soffermai davanti ad una porta bianca di legno, semplice da abbattere anche con tre calci ben assestati. Vidi che la targhetta coi cognomi dei condominj non c'era più, ma non era per terra perciò era soltanto assente.
Non ci diedi molto peso e decisi di irrompere in quella casa.
Origliai alle altre porte, cercando di riconoscere le voci di possibili testimoni: per una chissà quale botta di culo, non c'era nessuno negli altri tre appartamenti.
Mi misi davanti alla porta.
Mi riscaldai i muscoli, facendo respiri corti per darmi la giusta carica.
" Dante , dai! Entra nella maledetta casa, fallo! R-ripensa a tutto ciò che ti ha fatto quella puttana del Clown e scatenati contro il primo che vedi. Sicuramente chiunque è più felice di te e certamente non se lo merita, n-no? Bene... al mio 3..." pensai ciò, preparandomi a dare dei calci alla porta bianca.
"1..." chiusi gli occhi.
"...2..." respirai profondamente. Strinsi i pugni, quasi facendoli tremare, e mi riscaldai i muscoli.
"...3!" gridai in mente, sbarrando gli occhi e dando un potete calcio, accompagnato da un ringhio.
Diedi un altro calcio e poi un altro ancora: la porta non cadde per terra, ma la serratura cadde sul pavimento di marmo e la porta si aprì leggermente verso l'interno.
Entrai nell'abitazione con calma, impassibile. Richiusi la porta dietro di me, guardandomi attorno: era molto accogliente e la luce illuminava bene ogni singolo angolo di quel posto.
Passando di camera in camera, notai che sulle mensole c'erano varie foto di famiglia che mi erano molto familiari.
Alla fine della casa, c'era una stanza dalle pareti arancioni e verdi. Incuriosito, mi soffermai a studiarla: assomigliava tantissimo alla stanza del mio migliore amico d'infanzia, che si trasferì via da Pozzuoli ben 9 anni prima.
Mi sedetti sul letto dalle coperte marroni, rilassandomi e aspettando il ritorno della cara e sfortunata famigliola che sarebbe stata sterminata dal sottoscritto.
Passarono delle ore. Mangiai anche, e continuai ad aspettarli.
Verso le quattro del pomeriggio, finalmente, quando io stavo per andarmene, sentii delle voci preoccupate all'interno della casa: le mie vittime erano arrivate.

Lo Schiavo Del ClownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora