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Presi una boccata d'aria.
Lo guardai con sguardo secco.
- Tu non ci tieni alla tua vita, vero? - dicendo ciò, lo presi per il colletto della maglia e lo alzai leggermente da terra; i nostri nasi si sfioravano appena.
- T-tengo più alla tua di vita che alla m-mia, Dante. - affermò con sicurezza,anche se ancora balbettava.
Rimasi per una manciata di secondi a fissarlo negli occhi.
"Perché sta dicendo queste stronzate?!" pensai incazzato, aumentando la presa.
Mi guardava serrando le mascelle e con gli occhi che rivelavano che stava pensando anch'egli.
Lo riappoggiai al suolo lentamente, abbasando la testa. Ma non levai la mano dal suo colletto.
I genitori erano ancora lì o forse avevano già chiamato la polizia... non so. Non prestavo più attenzione al resto del mondo se non a quell'amico perduto che avevo ritrovato, anche se lo negavo.
Sospirai, rimanendomene lì.
Il tempo si era fermato per noi due.
Quasi saltai dallo spavento quando mi abbracció stretto a sé, appoggiando la testa sulla mia spalla.
Non lo abbracciai.
- Dante... dimmi come ti posso aiutare... e lo farò... - mi sussurró vicino l'orecchio.
Un brivido percorse tutta la mia spina dorsale. Guardai oltre le sue spalle, vedendo che ore erano: l'orologio portava le 17:07. Guizzai lo sguardo verso la finestra, vedendo che il Sole stava calando velocemente.
Lo spinsi via da me, indietreggiando con spavento. Presi la maniglia scassinata della porta d'ingresso e varcai la soglia.
- A-ASPETTA! - mi gridò, prendendomi per il polso.
Lo guardai tremante, già sapendo cosa mi aspettava a "casa". Ma decisi di dargli una speranza a cui mantenersi... perché avevo deciso di riprendere la mia battaglia per la libertà, ma vendicandomi... uccidendo... distruggendo colei che mi aveva causato tutta la sofferenza.
- ... aspettami... fa' soltanto questo... aspettami che ritornerò... - gli regalai un ultimo sorriso per poi correr via, lasciandolo davanti alla porta bianca, con le mani che gli tremavano e il respiro irregolare.
- TI ASPETTERÒ, DANTE! LO FARÒ! RITORNA CHE CI CONTO! - mi incoraggiò e mi promise. Continuò ad incitarmi finché non uscii dal palazzo e, alzando lo sguardo verso il suo balcone, lo vidi sorridermi speranzoso ma con gli occhi appannati dalle lacrime.
- CE LA FARAI! LO SO CHE CE LA FARAI! - mi gridò un'ultima volta prima che il padre lo spingesse in casa con fare arrabbiato.
Iniziai a correre a perdifiato, nascondendo il coltello nella giacca grigia. Correvo, spintonando i passanti e quasi inciampando tantissime volte.
Sentivo le sirene della polizia: la mia sicurezza si trasformò in paura, mentre sfrecciavo tra i vicoli ormai buii perché il Sole era soltanto un lumino in confronto alla volta celeste già stellata.
Nel giro di mezz'ora, ero fuori dal centro urbano ed ero sulla strada che portava alla casa che io malediró per sempre.
Finalmente vidi la forma dell'abitazione e ad attendermi c'era il Clown con le braccia conserte. Per fare uno scatto di velocità, caddi in avanti, mangiando la terra. Alzai un po' il capo, vedendola piegata sulle sue gambe che mi rivolgeva uno sguardo apatico.

Lo Schiavo Del ClownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora