24

268 16 0
                                    

Si allontanò da me, senza fiatare.
Respiravo a fatica, quasi annaspando. Mi sentivo male: stava diventando troppo quello che dovevo sopportare ogni singolo giorno.
- E tu potresti fare la stessa fine, sai? - mi intimó, fulminandomi con lo sguardo.
Anch'io la guardavo, ma con degli occhi che avrebbero fatto pena a chiunque... tranne che al Clown.
Mi levó le cinghie da attorno le caviglie e i polsi. Mi aiutò a mettermi seduto sul tavolo, facendo si che non perdessi l'equilibrio.
La guardavo confuso e con le vertigini che mi facevano barcollare leggermente.
- Devi mangiare, su. - tirandomi per i polsi con fare calmo e dolce, mi fece scendere dal tavolo.
Scossi la testa per riprendere nuovamente lucidità, calmando anche il mio respiro e il mio battito cardiaco. Mi vennero anche un paio di colpi di tosse.
Sempre tirandomi per un polso, mi portò fuori da quella bruttissima camera ombrosa: fuori di lì, tutto era molto più luminoso, fresco e nuovo.
I muri non erano messi male e il pavimento non era sporco.
Mi fece sedere su una poltrona in soggiorno. Se ne andò, lasciandomi lì. "Eppure non ricordavo fosse così questa casa..." pensai sospettoso.
- Ma... perché è così... nuovo qui? - le domandai quando ella tornò con un po' di pane, una pera e una bottiglietta d'acqua.
- Non ricordi più? È sempre stata così questa casa. - mi spiegò acida.
Mi diede il mangiare che inghiottii letteralmente: avevo tanta di quella fame che avrei mangiato un intero frigorifero.
- D-davvero? - le domandai.
"Possibile che quelle testate mi abbiano fatto perdere la memoria?" mi chiesi preoccupato.
- Già. - rispose la rossa.
Guardai fuori da una delle finestre, vedendo che il sole era alto e splendente. Ma l'aria era ugualmente fredda.
Mi vennero i brividi.
- Bhe... era da un po' che non ci vedavamo, eh? - mi disse. Era stranamente tranquilla in quel momento.
- I-infatti... - le risposi balbettante.
Era un problema che mi seccava da qualche settimana, insieme al fatto che le mie unghie stessero acquistando un colore sempre più scuro. Erano quasi nere.
E anche i miei capelli si stavano colorando di una tinta inusuale: bianco. Quando mi capitava di sciogliere i nodi con le dita, mi ritrovavo dei capelli biondi e bianchi attorcigliati attorno ad esse.
Il dolore che ancora provavo alle mani si era affievolito, ma ciò non provava che io stessi meglio.
Mangiando mangiando, il mio sguardo, e mente, si pense nuovamente come sempre.
Il Clown mi prese per il mento, facendomi girare verso di lei. Osservava ogni dettaglio del mio viso come per trovare una qualche imperfezione o pregio.
Era dubbiosa: la fronte era leggermente corrugata e le labbra tirate verso il basso, imbronciate.
- A volte sembri un vero e proprio fantasma, schiavetto. Quasi non sei di compagnia. - disse, lasciando la presa un po' bruscamente.
Cercai di risponderle, ma non facevo altro che ingoiare la saliva che mi impastava la bocca.
Un rumore improvviso ci prese alla sprovvista. Un rumore di schiamazzi, risatine e parole scherzose.
Il cigolio della porta d'ingresso ci fece capire che qualcuno entrò in casa.

Lo Schiavo Del ClownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora