Capitolo 4

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Arrivo a casa provando una rabbia indescrivibile.
Pesco le chiavi nella borsa e apro la porta. Tutte le luci sono spente e la cosa mi preoccupa... di solito a quest'ora mia mamma è in casa a preparare la cena e mio padre nel suo studio.
Entro, vado in cucina, ma non trovo nessuno, così provo con il salotto ma anche lì le luci sono completamente spente.
Salgo le scale e vado nelle camere da letto, ma di loro nessuna traccia.
Inizio a preoccuparmi davvero, così decido di chiamare mia mamma.
Risponde al terzo squillo.
<<Kirsten, tesoro>> dice soffocando un singhiozzo.

Ma cosa diavolo è successo?

<< Mamma! Cos'è successo? Stai bene?>>
<<Papà ha avuto un incidente. Adesso sono in ospedale e sto aspettando che qualche dottore mi dica come sta>> dice tutto d'un fiato.

Merda.

Non è possibile.

Resto immobile per un momento cercando di elaborare quello che ha appena detto.

<<Arrivo prima che posso mamma.>>

Cerco di mantenere la calma, così riattacco.
Scendo le scale il più velocemente possibile, mi sbatto la porta alle spalle e inizio a correre nella strada in preda al panico.

Le lacrime scendono veloci e mi appannano la vista.
Mi manca il respiro.
Non ce la posso fare ad arrivare in ospedale a piedi.
È a mezz'ora di distanza da qui maledizione! Sono veramente spaventata, tanto che ho le gambe molli e dopo poco mi ritrovo in ginocchio sul marciapiede di cemento.
Mi prendo la testa tra le mani e lascio libero sfogo alle lacrime. Faccio respiri profondi per calmarmi, ma non ci riesco in nessun modo.
Che giornata di merda.

<<Cosa c'è nanerottola? Non ti aspettavi quel trattamento?>> sento dire ironicamente.
Non mi ero accorta che qualcuno si era avvicinato tanto che ero persa nei miei pensieri.

Quel cretino è qui e sta ridendo di me.

Alzo la testa e lo fulmino con lo sguardo, ma la sua espressione sarcastica non cambia.

<< Cosa cavolo vuoi? Mi vuoi lasciare in pace per piacere?>> gli dico con la voce rotta per il pianto.
Non ho tempo da perdere con lui.
Devo trovare un modo per arrivare in ospedale. Subito.
<<Smettila di fare la bambina e dimmi se hai bisogno di qualcosa>> mi dice, visibilmente infastidito.
Mancava solo lui per completare in bellezza la giornata.
Non gli rispondo.
<<D'accordo fai come ti pare>>, si gira e fa per andarsene.
In quel momento però penso che non ho nessuna voglia di disturbare Laurel o i genitori di Thom quindi decido di fare una cosa che se non fossi disperata non avrei mai fatto.
<< Aspetta. Per favore>> farfuglio, chiudendo gli occhi e sospirando.

Si ferma e aspetta. Non si gira neanche.
Perfetto mi rende le cose facili.

<<De-Devo arrivare immediatamente in ospedale, ma non so come fare...>> inizio a spiegare, ma lo vedo irrigidirsi e poi a grandi passi oltrepassare la strada e scomparire dietro l'angolo.

Sono stata una vera stupida a pensare che mi avrebbe aiutata.

Piango a dirotto cercando con mani tremanti il numero di un taxi e la testa inizia a farmi male, quando vedo una macchina nera parcheggiarsi proprio di fronte a me.
<<Sali in macchina>> dice Lucas.
L'ultima cosa che voglio in questo momento è salire in macchina con un perfetto sconosciuto, ma è l'unica possibilità che ho per arrivare subito in ospedale da mio padre.

Mi alzo in piedi barcollando un po' con la testa pesante, salgo in macchina.
Lucas parte a tutta velocità guardando fisso la strada. Ha la mascella contratta e questo dimostra che non è contento di doversi far carico di questa faccenda. E come biasimarlo... Neanche mi conosce.
<<Senti... Mi dispiace. Non avrei dovuto coinvolgerti>> gli dico.
<<È grave?>> chiede, guardandomi di sottecchi.
<<Non lo so. Sono arrivata a casa dopo che tu mi hai... Beh, vabbè... Comunque, non ho trovato nessuno, ho chiamato mia madre e mi ha detto che mio padre aveva avuto un incidente. Non so altro.>>
<<Sarai lì tra poco, non preoccuparti>>, dice in tono pacato.

Non so cosa rispondere, quindi mi giro e guardo fuori dal finestrino.
È stato gentile ad accompagnarmi, ma resta comunque uno stronzo.

<<Non dormire nanerottola>> dice dopo un pó.
Mi giro e vedo che sta sorridendo.
<<Non sto dormendo.>>
<<Meglio così perché siamo quasi
arrivati.>>
Smette di fissare la strada per un momento e i suoi occhi incontrano i miei.
Il suo sguardo è magnetico, simile a quando l'ho incontrato per la prima volta e dentro di me si smuove qualcosa.

Dopo quel brevissimo contatto, mi sento stranamente nervosa e inizio a muovermi sul sedile, cambiando posizione ripetutamente per cercare di mantenere la calma.
Come fa con un solo sguardo a farmi questo effetto?
Scaccio via questo stupido pensiero e mi concentro sulla strada.

Cinque minuti dopo entriamo nel parcheggio dell'ospedale.
Appena la macchina si ferma, apro lo sportello e salto fuori.
Mi fermo dopo pochi passi perché mi rendo conto di non averlo neanche ringraziato.
Mi volto e lo guardo. È ancora seduto al volante e mi sta fissando.
<<Grazie infinite Lucas. Ti devo un favore>> gli dico e mi sforzo di sorridergli.
Annuisce e capisco che la conversazione è terminata.
Chiudo lo sportello e inizio a correre verso l'entrata dell'ospedale, sentendo i suoi occhi puntati sulla mia schiena.

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