Capitolo 29

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Ancora non ci credo.

Luke Thomson non è mio padre.

Non mi sembra vero.

Sento le gambe diventare molli e la testa farsi pesante.

Tutto questo per me è pura follia.

Chi diavolo è mio padre allora?
Voglio scoprirlo, certo, ma questo non cambia niente.
Mio padre è e sarà per sempre Luke e questo non cambierà mai.
Mi ha cresciuta e mi ha amata come se fossi stata figlia sua e io non posso che ringraziarlo per questo.
Aveva paura di perdermi, ecco perché voleva tenermi all'oscuro di tutto.
Ovvio, non è comunque una giustificazione accettabile, ma se mi trovassi al suo posto cosa farei?

Di solito mettermi nei panni degli altri mi aiuta sempre a vedere la situazione da più punti di vista e avere una visione oggettiva.
Questa volta però, la situazione è così paradossale per me, che per quanto mi sforzi, non ci riesco.

Vorrei tanto tornare indietro nel tempo e non avere mai chiesto spiegazioni con così tanta foga.
Molte volte la verità è così scomoda che preferiamo rifugiarci nelle bugie.
Ora capisco perfettamente il perché.
Affrontare tutto questo mi sembra impossibile.
Sento la morsa nel petto farsi più stretta.
Mi continua a mancare l'aria nonostante sono fuori e il vento gelido mi soffia sul viso.

Devo assolutamente calmarmi.

Tiro fuori il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e mi ritrovo a digitare il numero di Laurel sulla tastiera.
Ho bisogno di parlare con qualcuno.
Ma sono davvero pronta ad ammettere a qualcun altro quello che ho appena scoperto?
Ne sono davvero capace?
No.
Non riesco ancora ad ammetterlo neanche a me stessa.
Dannazione!
Blocco lo schermo stizzita e rimetto il cellulare in tasca.

Mi asciugo le lacrime e faccio un respiro profondo.
I miei piedi prendono vita e inizio a muovermi lentamente sul marciapiede.

Vorrei solo non pensare a tutto questo.
Vorrei provare a far finta di niente, anche solo per pochi istanti.
Dopotutto è il mio compleanno, giusto?
Posso permettermi di dimenticare tutto questo solo per oggi?

Beh, so che se non voglio avere un attacco di panico, devo farlo.

Cammino verso il Pandemonium cercando di pensare a tutto tranne a quello che è appena successo.
Appena mi rendo conto che la moto di Lucas è ancora lì davanti parcheggiata, tiro un sospiro di sollievo e attraverso la strada.

Chi l'avrebbe mai detto che un giorno mi sarei rifugiata proprio qui?  

Spingo la porta ed entro.
La sala è completamente riordinata e lui è solo. Lo trovo seduto dietro la cassa, intento a scrivere qualcosa.
Appena mi vede alza lo sguardo e i suoi occhi meravigliati incontrano i miei.
<<Ehi>>, lo saluto avvicinandomi al bancone.
<<Sei così ossessionata da me che non riesci proprio a starmi lontana per più di... quanto tempo sarà passato? Tre ore?>>
Si alza sorridendo e aggira il bancone per raggiungermi.
Si piazza davanti a me e mi scruta attentamente, <<Stai bene?>> mi chiede dolcemente.
<<Si... ho solo litigato con i miei>>, mento, inventando la prima scusa che mi passa per la mente.
<<Non sai tenere la bocca chiusa neanche il giorno del tuo compleanno, vero?>> scherza, guardandomi divertito.
<<Certe abitudini sono dure a morire>> ribatto, provando a sorridere.
<<Cosa stavi facendo?>> gli chiedo, indicando con il mento il punto in cui si trovava seduto prima.
<<Contabilità>> risponde, facendo
spallucce, <<Allora... cosa ti va di fare?>>
Cosa mi va di fare?
A parte bere qualche elisir magico che mi faccia dimenticare tutto?
Non ne ho la più pallida idea.
<<Hai qualcosa in mente?>>
<<In realtà non mi aspettavo questa visita, quindi mi cogli un po' impreparato, nanerottola.>>
<<Potremmo fare anche una semplice passeggiata, che ne dici?>>
Si dondola sui talloni pensieroso e poi annuisce.
Si allontana un attimo per prendere la giacca e poi mentre sta per indossarla si volta a guardarmi.

My Drug is YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora