Capitolo 27

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Lucas guida tranquillamente lungo le strade affollate e io lentamente mi rilasso stretta a lui.
Volto la testa di lato poggiando la guancia contro la sua spalla e osservo uomini che stringono le loro ventiquattr'ore e corrono frettolosamente sul marciapiede per raggiungere il posto di lavoro in orario.
Noto anche un gruppo di ragazzi con lo zaino in spalla che si dirigono nello stesso posto in cui dovrei andare io in questo momento.
Mi sto pentendo di essere qui con lui?
No.
L'aria fredda mi accarezza il volto e mi fa rabbrividire.
Lucas mi accarezza il dorso della mano con un tocco leggero quasi impercettibile e io mi stringo ancora di più a lui.
Ho molte domande da fargli e un assoluto bisogno di risposte.
Non so bene da quanto tempo siamo per strada, ma sembra che Lucas sappia perfettamente dove sta andando.
Dopo aver svoltato diverse volte accosta e spegne il motore.
Sfilo le mani dalla sua vita e mi guardo attorno.
Siamo a Primrose Hill, una zona residenziale di Londra che colpisce dritto al cuore per la sua eleganza e le sue architetture che sembrano essere uscite da un manuale di civiltà britannica.
Ci troviamo in una piazza pulita e ordinata, ma anche dominata dalle imperiose case in stile vittoriano.
È una piacevole oasi di relax nel cuore di una metropoli così eclettica e rumorosa.
Ci ero stata soltanto una volta, a fare una passeggiata con i miei genitori quando ero bambina.

Lucas scende dalla moto e si toglie il casco. Si piazza davanti a me e mi aiuta a togliere il mio posandolo sulla sella dove poco prima era seduto lui.
<<Come ti è venuto in mente questo posto?>> gli chiedo, scendendo dalla moto e sgranchendomi le gambe.
<<Una volta mi hai detto che ti piace andare al parco, così ho pensato che ti piacciono i luoghi.. silenziosi, e ho pensato di portarti qui>> mi confessa, con il viso rivolto verso uno degli edifici lì accanto.
Mentre guardo il suo profilo perfetto, non posso fare a meno di sorridere.
<<Grazie>> sussurro.
Lui volta la testa verso di me e vedo i suoi occhi addolcirsi.
Mi prende per mano inizia ad avanzare ai margini della piazza.
Appena vede una panchina si gira verso di me per avere la conferma che voglia fermarmi e io annuisco.
Si siede e io prendo posto accanto a lui.
Tira fuori il pacchetto di sigarette e ne sfila una, se la porta alle labbra e la accende.
<<Quando hai iniziato a fumare?>> gli chiedo curiosa.
<<Ho iniziato all'età di sedici anni>> risponde pacato, soffiando fuori il fumo. <<Quando mio padre se n'è andato>> aggiunge.
<<Mi dispiace>> rispondo rabbuiandomi.
Sarà morto o avrà abbandonato sia lui che sua madre?
Vorrei tanto chiederglielo, ma mi sembra un argomento troppo delicato da affrontare. Soprattutto con uno come Lucas.
<<A me no.>> fa una risata nervosa e poi continua <<è sempre stato assente. Come pensi possa crescere un bambino che non ha mai avuto accanto suo padre nei momenti più importanti della sua vita?>>
So che è una domanda retorica così aspetto in silenzio che continui.
Inizio a pensare a una vita in cui non sia presente mio padre, ma mi riesce troppo doloroso.
Fortunatamente la sua voce attira la mia attenzione.
<<Non è mai stato presente a nessuno dei miei compleanni. Non è mai venuto a prendermi all'uscita di scuola, non ha mai guardato un film con me, non si è mai seduto sugli spalti a tifare per me durante la mia prima partita di calcio, non si è mai reso conto che stavo frequentando persone poco raccomandabili e non gli è mai importato niente quando tornavo a casa con le nocche sbucciate, un occhio nero e i vestiti impregnati di fumo>>, si ferma per riprendere fiato e i suoi occhi verdi incontrano
i miei, <<non ha mai fatto il padre. Quindi, non mi dispiace affatto che se ne sia andato di casa. Non dopo tutto quello che ha fatto.>>
Quell'ultima frase lascia trapelare qualcosa di più.
Molto di più.
<<Cos'ha fatto?>> lo incalzo, mantenendo un tono di voce dolce.
Chiude gli occhi e vedo un muscolo guizzargli sulla mascella.
<<Non sei costretto a dirmelo...>>
<<Mio padre non si comportava in questo modo solo nei miei confronti. Con mia madre era ancora peggio.>> continuò, <<Inizialmente non ci facevo molto caso, ma poi tutto è diventato troppo...evidente. Non la degnava di uno sguardo, non la sfiorava neanche per sbaglio e quando lei cercava di affrontare il discorso lui si arrabbiava talmente tanto che era costretta a tacere per paura che potesse fare del male sia a lei che a me>>, mi rivela stringendo una mano a pugno. <<Ripensandoci, se potessi tornare indietro, gli avrei spaccato la faccia molto prima di quando è effettivamente successo>>, sibila a denti stretti.
<<La tradiva, ma non era un tradimento come tutti gli altri>> continuò inspirando forte, <<lui aveva proprio un'altra vita. Un'altra donna. Un altro matrimonio. Un'altra figlia.>>

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