Capitolo 15

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Non so dove stiamo andando e ad essere sincera non sono neanche tanto preoccupata.
La sua presenza mi rassicura, anche se non lo conosco per niente.
<<Siamo quasi arrivati, tranquilla>>, dice calmo.
Di tanto in tanto mi guarda, ma io tengo gli occhi fissi sulla strada.
<<D'accordo.>>
<<Come sta tuo padre?>> mi chiede, mentre siamo fermi al semaforo.
Mi giro verso di lui e incontro i suoi occhi verdi, <<Meglio, lunedì torna a casa finalmente>>, gli sorrido gentilmente tirando un sospiro di sollievo.
Accelera quando si fa verde e imbocca la prima strada a destra.
Ora che ci penso questa zona non mi è del tutto sconosciuta.
Sono quasi sicura che tra poco incontreremo un parco enorme dove venivo sempre con mio padre da bambina.
Amavo quel posto.
Immerso nel verde, pieno di scoiattoli che gironzolavano indifferenti della gente che scattava foto o tentava di prenderli.
Ho sempre avuto l'impressione che fosse un'oasi nel deserto.
Londra è affollata e mette di cattivo umore per tutto lo stress che provoca con l'andare del tempo, ma quel parco... beh, quel parco, infondeva una pace incredibile.
Non mi accorgo che ci siamo fermati, finché Lucas non richiama la mia attenzione sfiorandomi il ginocchio con la mano.

<<Hai intenzione di scendere o stiamo qui a fare il gioco del silenzio?>> dice ironico.
Lo guardo male e apro lo sportello.
Entriamo nel parco e iniziamo a camminare.
Non riesco a stargli dietro, ho i tacchi e lui tanto per cambiare ha le gambe il doppio delle mie.

<<O rallenti o rimango qui e non mi muovo>> gli dico, incrociando le braccia al petto.
Si volta e ride.
Sto maledicendo Laurel per avermi costretta a mettere queste dannate scarpe!
Cammino piano e ad ogni passo sento un dolore fastidioso ai piedi.
Se ho intenzione di proseguire devo toglierle.

<<Aspetta un secondo>>, lui si ferma e mi guarda corrucciato fino a quando non capisce cosa sto facendo.
Sfilo le scarpe sostenendomi al suo braccio e quando i miei piedi toccano il cemento freddo, sento un sollievo indescrivibile.
<<Meglio?>> chiede, con uno dei suoi sorrisetti sghembi.
<<Decisamente!>> ribatto, sfoderando un sorriso a trentadue denti.
<<Senti...>> inizio, ma mi interrompe.
<<Ti starai chiedendo perché ti abbia portata qui. Beh, prima che ti incontrassi alla festa avevo già deciso di volermi...rilassare e una volta in macchina ho deciso di venire qui senza pensarci due volte>> dice pacato, camminando di fianco a me.
<<Ottima scelta, venivo molto spesso qui da bambina. Amavo anzi... amo questo posto e l'effetto che mi provoca stare qui>> ammetto, girandomi a guardarlo.
Lucas ricambia il mio sguardo e i nostri occhi si incatenano.
Mia madre mi ha insegnato che gli occhi sono lo specchio dell'anima.
E non posso di certo negare che in quel momento vicino a lui mi sentivo proprio... bene.
Ma che diavolo sto dicendo!?
Devo smettere di pensare a lui in questo modo!
Dei tipi come lui non bisogna mai fidarsi.
Dovrei stargli lontana.
Eppure...
Sento un rumore strano, come se ci fosse del vetro che schiacciato si rompe in mille pezzi e lo vedo irrigidirsi.
<<Ferma. Non ti muovere, ci sono dei vetri per terra>>, dice infastidito.
Sto per piegarmi per mettere le scarpe, ma sento le sue braccia possenti circondarmi la vita e sollevarmi da terra come se non pesassi niente.
<<Ci avresti messo troppo tempo e odio aspettare>> dice freddo, inchiodandomi con lo sguardo.
I nostri visi sono vicinissimi, sento il suo respiro caldo sul mio volto e i suoi muscoli contrarsi ad ogni passo.
<<Mettimi subito giù!>> gli urlo contro acida.
Per tutta risposta, fa finta di farmi cadere e urlando, mi avvinghio ancora più stretta a lui che ride di gusto.
Sento il suo petto vibrare e il suo sorriso allargarsi.
Mi piace vederlo così...spensierato. E soprattutto mi piace sapere che in un certo senso questa spensieratezza gliela sto creando io.
Poggio la testa sul suo petto e mi rilasso cullata dal movimento dei suoi passi.

<<Sei proprio una bambina>>, dice scuotendo la testa.
Alzo il viso e lo incenerisco con lo sguardo, <<Ne sei convinto?>>
Lui annuisce divertito.
<<Lo sai che è la convinzione che fot...>>, non faccio in tempo a finire la frase che fa finta di farmi cadere di nuovo per terra.
<<Stai attenta a quello che dici perché da qui>>, mi stringe i fianchi e mi avvicina di più al suo petto, <<a lì>> indica con il mento il cemento pieno di vetri, <<è un attimo>>, conclude spavaldo.
<<Non ti stanchi mai di fare lo stronzo?>> gli chiedo infastidita.
Non risponde.
Arriva vicino a una panchina e mi mette giù senza troppe cerimonie, si siede accanto a me e accende un'altra sigaretta.
<<Perché non sei venuta a lavoro oggi?>> chiede tenendo la sigaretta tra le labbra.
Non pensavo che si sarebbe accorto della mia assenza.
<<Sinceramente?>>
Annuisce e prende un altro tiro.
<<Non avevo nessuna voglia di vederti>>, continuo guardandolo dritto negli occhi.
Non sembra stupito, <<Immaginavo. Hai intenzione di venire o no?>> chiede tranquillo.
<<Ecco... io...>> non so che rispondere, non ci ho ancora pensato.
<<Se ne hai davvero bisogno, non devi ripensarci solo perché io ti sto sulle palle. Non è una buona ragione, nanerottola>>, si gira verso di me e mi guarda serio.

Da quando mi da dei consigli?

Sospiro e annuisco. Non voglio dargli ragione quindi preferisco stare zitta.
<<Dovremmo tornare>>, gli dico dopo un po'.
Inarca un sopracciglio e schiaccia la sigaretta con il piede spegnendola.
<<Sharon si starà chiedendo dove sei finito>> dico ironica, <<O forse si starà divertendo con qualcun altro>> continuo, pensando di suscitare qualche sua reazione.
Il suo sguardo non cambia, è completamente indifferente.
<<Pensi che mi interessi qualcosa? Può fare quello che le pare, tanto tornerà sempre da me>> dice calmo.
Quanto diavolo è presuntuoso?
<<Avrà trovato di meglio>> dico acida.
<<È già tanto se trova qualcuno all'altezza, ma... di meglio? No nanerottola, non credo sia possibile>> risponde spavaldo, ridacchiando.
Non so perché, ma queste risposte mi sembra abbiano un doppio senso.
Arrossisco e abbasso lo sguardo.
Mi vibra il telefono e vedo un messaggio di Laurel.
Decido di leggerlo dopo, ma l'occhio mi cade sull'orario.
È già mezzanotte?
Domani mattina voglio andare da papà quindi prima torno a casa, meglio è.
<<Mr modestia, potresti riaccompagnarmi casa per favore?>> chiedo gentilmente puntando gli occhi nei suoi.
<<È presto e domani non devi andare
a scuola>> risponde con un cipiglio.
<<Lo so, ma domani mattina ho da fare delle cose, quindi...>> dico, rimanendo sul vago.
<<Va bene.>>
Adesso è freddo, anzi, sembra... irritato.
Ma cosa gli prende?
Di lui magari non conoscerò niente, ma la cosa di cui sono sicura è che cambia umore facilmente.
Mi viene voglia di strangolarlo quando fa così.
Inizio a mettere le scarpe, ma mi prende di nuovo in braccio come se fossi una bambola.
<<So camminare Lucas!>> sbraito, fulminandolo con gli occhi.
<<Sei lenta e io ho fretta>> risponde freddo, serrando la mascella.
È incazzato e non capisco perché.
Questo ragazzo è un mistero.
<<Adesso che ti prende?>> gli chiedo nervosa.
<<Perché non ti fai i fatti tuoi?>> risponde a muso duro.
<<Smettila di rispondermi così! Ancora non hai capito che non puoi trattarmi come tratti le ragazze con cui vai a letto!? Non sono come loro, quindi quando parli con me usa un po' di educazione!>> dico gelida, <<e-mettimi-subito-giù>> gli urlo in faccia, scandendo bene le parole.
Il suo sguardo è cupo e sento la sua presa farsi più salda.
Mi fissa pensieroso e continua a camminare lentamente.
Vorrei spostare lo sguardo dal suo viso, ma non posso fare a meno di notare quanto sia perfetto.
Naso dritto, zigomi alti, labbra carnose e quei dannati occhi verdi che mi fanno torcere lo stomaco ogni volta che li guardo.
Chiudo gli occhi e scaccio via questi pensieri assurdi.
Arriviamo alla macchina e mi mette giù salendo dal lato opposto.
Il tragitto è silenzioso e mi sento in imbarazzo.
Mi sto pentendo di avergli urlato in faccia tutto quello che provavo senza preamboli.
Forse dovrei chiedergli scusa.
O forse no.
Dopo una quindicina di minuti si ferma di fronte al vialetto di casa mia.
<<Senti...>> inizio, ma mi interrompe.
<<Non c'è bisogno che ti scusi solo perché ti senti in colpa. So perfettamente che non vuoi farlo e se ti può far sentire meglio non hai ferito i miei sentimenti>> ridacchia divertito.
Ecco di nuovo i suoi dannatissimi sbalzi d'umore!
<<Già, perché tu non hai sentimenti e bla bla bla
vero?>> rispondo seccata, alzando gli occhi al cielo.
Apro lo sportello e scendo dalla macchina.
È ora di mettere fine a questa serata.
<<Però su una cosa hai ragione>> dice, guardandomi dritta negli occhi.
Mi preparo psicologicamente a ricevere uno dei suoi soliti insulti.
<<Su cosa?>> chiedo, sbuffando stufa.
<<Sei diversa dalle altre.>>
Vedo un lampo attraversare i suoi occhi e mi sembra... sincero.
Mi ha appena fatto uno pseudo-complimento?
Ditemi che non sto sognando.
Chiudo lo sportello e lo osservo allontanarsi velocemente.

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