The trouble

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Era giunta la sera e mi trovavo a casa di Pasley: dovevamo prepararci per la festa. Mentre lei finiva di mettersi l'eye-liner, io mi sistemavo il vestito rosso, molto, anzi troppo, stretto. Di lunghezza copriva metà coscia, ma per me l'unico problema era riuscire a respirare.
«Allora? Come ti sta il vestito di Ginger?» mi chiese Lily, scrutandomi da capo a piedi.
«Diciamo che io e mia sorella non abbiamo proprio la stessa taglia di seno» le risposi, mentre mi abituavo alla forte stretta del vestito.
Lei rise e poi tornò a sistemare il suo vestito verde acqua con balze nere.
Dopo essermi fatta un pò di boccoli e essermi truccata un pò, ero finalmente pronta.
«Okay, ci sono!» informai io, Lily. Sembravamo due ragazzine al primo ballo.
Prendemmo la sua auto e ci dirigemmo verso il locale in cui si sarebbe tenuta la festa.
«Allora, chi ti aspetta là?» le chiesi io, eccitata.
«Charlie Anderson, quarto anno» disse lei, maliziosa.
«Uuuh, e come te lo ha chiesto?»
«Diciamo che sono stata io a insistere, ma stasera capirà che sono la donna con cui passerà tutta la sua vita» disse lei, sognante.
«Wo, addirittura?» risi io, ricevendo una linguaccia come risposta.
Arrivammo alla festa e cercammo i nostei cavalieri.
«Uh, ecco Charlie! CHARLIEEEE, SONO QUI!» si sbracciò lei.
Quando lui la venne a prendere, Lily mi salutò, promettendomi che ci saremmo viste più tardi.
Intanto io non avevo ancora trovato Nate, così decisi di scrivergli un messaggio:
“Ciao, dove sei? Ti sto aspettando alla festa”.
Rispose dopo poco:
“Lo so, mi dispiace! Ho avuto un contrattempo sul lavoro, arriverò in ritardo. Scusa.”
Sbuffai: non era la prima volta che il suo lavoro ci divideva. Nell'attesa mi sedetti al bancone del bar e ordinai una birra.
Ad un tratto qualcuno mi sfiorò il braccio:
«Caleb» lo salutai. Lui mi sorrise dolcemente.
«Sei davvero bellissima» mi disse, guardandomi da cima a fondo. Io arrossii leggermente e lo ringraziai.
«Come mai tutta sola?» mi chiese, abbozzando un sorriso sbieco.
«La persona che sto aspettando è in ritardo» gli spiegai, guardandolo negli occhi, che stasera avevano qualcosa di diverso, ma erano solo più irresistibili.
«Ah. Ti va un pò di compagnia?» mi chiese. Io annuii e lui mi prese per mano e mi trascinò fuori dal locale, verso una specie di roulotte.
«Dove stiamo andando?» gli chiesi.
«A casa mia» disse, mentre apriva la porta del veicolo. Dentro era accogliente come una casa vera. C'era una sola stanza, dove vi erano: l'angolo cottura, un mini frigo, un tavolo con dei divanetti, un letto e una tenda, dietro alla quale, probabilmente, si trovava il bagno.
«Ma non abiti con tua madre?» gli chiesi, accomodandomi su uno dei divanetti, accanto a lui.
«Vivevo, ma ora sono indipendente» disse, guardando fuori dal finestrino, dove la luna pallida si tuffava nel mare che aveva rinchiuso negli occhi.
«E perchè non vivi in un appartamento ma in una casa su quattro ruote?» continuai io.
«È più facile scappare» rispose, con un filo di tristezza nella voce.
«Scappare da chi?» chiesi io, sottovoce. Lui si voltò verso di me e sorrise. Io, imbarazzata, presi a giocare con uno dei dolci boccoli che mi cadevano sulle spalle. D'un tratto si sporse verso di me e mi radunò i capelli dietro all'orecchio, spostandomeli indietro. Il mio cuore battè più forte. Si avvicinò di più e mi lasciò dei baci umidi sotto l'orecchio, facendomi chiudere gli occhi per il piacere. Scese sempre più in basso, fino al collo, dove lasciò un bacio più passionevole.
Ad un tratto, al posto delle sue morbide labbra carnose, sentii qualcosa di freddo e pungente sfiorare la pelle del mio collo e poi bucarla. Gridai, ma poi la vista mi si oscurò e svenni.

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