To the rescue

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Prendemmo il volo, mentre mio padre parlava con dei suoi uomini tramite un auricolare per farci dare le coordinate esatte del covo della megera.
«Quante cose non so ancora sui vampiri?» gli chiesi, mentre sfrecciavamo nel cielo stellato. Avevo l'impressione di poterle toccare e quel cielo così profondo e compatto mi ricordava lo sguardo di Caleb.
Dio, speriamo che non gli accada nulla: sono persa senza di lui.
«Tante, ma le imparerai. Io te le insegnerò, se vorrai» mi rispose. Io annuii sorridendo.
«Anche se tutto ciò non mi farà mai recuperare tutto il tempo che ho perso con te, tua madre e tua sorella» continuò lui, con tono malinconico.
«Non farti una condanna per qualcosa che non hai commesso tu: non è stata una tua scelta, e anche il solo pensiero che tu volessi rimanere con noi è bastato. Per proteggerci hai rinunciato a noi, e questo dimostra quanto ci ami. Non sei stato egoista, costringendoci a condurre una vita opprimente, difficile e turbolenta, bensì ci hai garantito un futuro splendido, migliore, che non è ancora giunto alla fine, quindi potremmo concluderlo insieme. Il passato è passato e ora conta solo che tu sia tornato» dissi. Lui mi mostrò un sorriso dolce, da papà, che fece apparire sul suo viso le rughe della sapienza, dell'esperienza.
«Certo, e sono tornato per restare» concluse lui, poco prima che fossimo giunti a destinazione. Atterrammo in un quartiere di periferia, dove vi risiedeva la parte vecchia e dimenticata della città.
Un posto perfetto per nascondersi.
Ci dirigemmo a passi svelti verso la vecchia sede dell'industria automobilistica e ci fermammo dinnanzi ad un enorme portone in acciaio, non sorvegliato.
«Perché non ci sono i suoi uomini qui?» sussurrai a mio padre.
«Perché non è la vera entrata. Non ci sono segni di forzamento, tantomeno di uso, ciò significa che neanche loro sono riusciti ad aprirla, quindi sarebbe inutile mettere delle guardie in un punto comunque inaccessibile» mi rispose mio padre, mentre percorreva con gli occhi l'intero edificio. Lo stesso feci anch'io, ma poi udii qualcosa col mio formidabile udito: dei litigi?
"Non mi interessa se la padrona è stata sconfitta, dobbiamo comunque portare a termine il piano che ci ha assegnato! Pensa, dopo aver eliminato questi vampiri impiccioni e questi umani inutili, non avremo più ostacoli e saremo noi a dominare il mondo!"
"D'accordo, capo, ma la ragazza e il padre sono..."
"Di quei due ci occuperemo più tardi, se ci sbarazziamo degli ostaggi avremo un vantaggio. Ora andiamo."
E poi udii dei passi e una porta metallica aprirsi e richiudersi.
«Papà, di qua!» lo chiamai, mentre mi dirigevo verso le voci che avevo sentito. Saltai agilmente sul davanzale della finestra al primo piano, venendo raggiunta da mio padre. Forzammo la finestra e la appoggiammo delicatamente al suolo, cercando di non farci scoprire. Ci ritrovammo in una stanza fredda, argentata e lievemente illuminata: sembrava il classico ospedale da film horror. Ci muovemmo, cercando di diminuire i rumori sordi che facevano i nostri piedi sul pavimento d'acciaio. Percorremmo un lungo corridoio pieno di stanze vuote: ancora nessuna traccia di guardie, ma dove erano finite? Cosa stavano facendo di così importante da lasciare libero ingresso a chiunque? E se ci fosse qualcosa di più grande di un semplice piano?

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