Quella notte mi svegliai di soprassalto: sentivo degli strani rumori provenire da fuori. Sentivo Nate...la sua voce. Com'era possibile? Mi alzai dal letto e mi diressi verso la finestra: non era lì. Sentii un campanello che non era quello di casa mia, quindi dedussi che il mio potere fosse l'udito amplificato. Non potei esultare per il mio potere, poichè udii delle grida e una gran confusione in casa sua.
Cazzo, e se fosse...? No, non poteva essere lei.
Aprii la finestra e uscii da casa tramite essa. Fu un ottimo atterraggio, nonostante fossi al secondo piano. Corsi come mai prima d'ora. Più veloce della preda che, guidata dalla paura, tenta di salvarsi dal predatore, più veloce delle moto che sfrecciano rapide in autostrada, più veloce del battito del mio cuore in questo momento, se lo avessi avuto.
Arrivai in poco tempo davanti a casa sua, sfondai la porta per entrare e non potei credere a ciò che vidi. Sangue d'appertutto: sul tappeto, per le scale, sui muri, sulle porte, sui mobili e perfino sul soffitto. Un paradiso, se non fosse che conoscevo l'odore di quel sangue. Seguii le tracce più calcate e giunsi in cucina, dove vi trovai Nate in un bagno di sangue. Aveva la faccia lacerata e sanguinante, il petto aperto, che mostrava il cuore esausto, privo di vita. Sul collo due buchi che lo trapassavano: era indubbiamente opera di quella megera. Accanto a lui giaceva la madre, sgozzata, col cranio distrutto e il cervello impregnato di sangue tra i frammenti delle ossa. Avrei voluto piangere, gridare, sfogarmi e scappare, ma dovevo sfruttare questo mio dolore per tramutarlo in rabbia. Dovevo usarlo come arma, l'unica che io possedessi. Baciai le labbra insanguinate di Nate.
«Ti amo» gli dissi, pensando scioccamente che mi avrebbe potuto rispondere. Lo aveva già dimostrato, morendo per me. Eppure era tutta colpa mia: una povera e buona famiglia massacrata a causa mia. Gli promisi giustizia, gli promisi che lo avrei vendicato e che non lo avrei mai scordato. La rabbia che avevo in corpo mi stava facendo esplodere, ma nulla in confronto alla depressione che mi aveva avvolta. E provai a succhiargli via il veleno, vanamente. Eppure mi volevo convincere che non fosse morto, che fosse ancora vivo e che mi amasse ancora, nonostante il suo cuore non battesse più, né per lui né per me. Non c'era più niente da fare, purtroppo: l'avevo perso, ma mi ripromisi che sarebbe stata l'ultima persona che mi sarebbe stata sottratta.
Sentii le sirene della polizia in lontananza: probabilmente i vicini avevano sentito qualche rumore e si erano allarmati. Uscii dalla porta sul retro, ripulendomi dal sangue che avevo sulle labbra e sulle mani con l'orlo del mio pigiama, poi corsi a casa, mentre le lacrime iniziarono a bruciarmi il viso, nonostante mi fossi ripromessa di non piangere. Arrivai sotto casa mia e pensai a come potevo rientrare. Dalla porta era escluso, dovevo entrare dall'unica finestra aperta: quella della mia camera, al secondo piano. L'unico problema era che la finestra si trovava in alto, e quindi avrei dovuto volare per raggiungerla.
Volare.
Presi un gran respiro e mi preparai, nonostante non avessi la minima idea di come si facesse. Prima che potessi fare qualunque movimento, due braccia mi avvolsero da dietro e mi sollevarono con loro, portandomi a destinazione.
Le mie narici inebriarono il suo profumo naturale e selvaggio e mi godetti il calore del suo corpo contro il mio.
«Mi dispiace» mi sussurrò Caleb, tenendomi ancora tra le sue braccia. Io mi voltai verso di lui e lo abbracciai a mia volta. Iniziai a singhiozzare e altre lacrime presero a nuocermi. Appoggiai la testa sul petto di Caleb, che sussultò a contatto con le mie lacrime, ma poi non ci diede più importanza e mi strinse più forte a sé, come se gli potessi sfuggire. Mi sentii protetta, tranquilla, amata, e pian piano il mio pianto cessò, concedendomi il sonno.
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Bad Blood
VampireE se la tentazione si rivelasse quasi letale? Cosa accadrà ad una ragazza come tante che è stata trasformata in vampiro con in realtà lo scopo di ucciderla?