Alexander's pov

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Quella mattina mi svegliai felice: finalmente avevo una famiglia! Quel bel letto blu in quella enorme stanza bianca era davvero molto confortevole. Presi il piccolo pettine marrone dal comodino e districai i nodi che si erano formati tra i miei capelli rossi.
Più arancioni che rossi.
Andai in bagno e mi lavai la faccia lentigginosa: le odiavo. Ogni volta che mi lavavo la faccia speravo che, insieme allo sporco, se ne andassero pure le mie stupide lentiggini.
Tornai in stanza e presi uno dei cambi puliti che i miei nuovi genitori mi avevano messo a disposizione.
Mi faceva strano pensare di avere altri genitori.
Avrei dovuto chiamarli mamma e papà? Forse sarebbe carino nei loro confronti, insomma, dopo tutto ciò che avevano fatto per me...
Delle lacrime mi bagnarono le guance tonde: i ricordi tornavano a galla. I miei genitori, quelli veri, erano stati inghiottiti dalle fiamme, senza che nessuno potesse fare qualcosa. Io ero troppo spaventato per aiutarli, ma se potessi tornare indietro, andrei io in cucina, morirei io per loro.
Scossi la testa e mi asciugai le lacrime con le maniche del maglioncino rosso che indossavo.
Ora dovevo solo concentrarmi sul presente ed essere felice.
Era ciò che, ogni notte, i miei genitori mi ripetevano nei miei sogni e se era un loro volere, lo avrei seguito: era un modo per sdebitarmi per il loro sacrificio.
Scesi in cucina, attirato dal buon profumo che mi era penetrato nelle narici.
«Buongiorno, tesoro» mi salutò la mamma.
Sì, li avrei chiamati così.
«Ciao» farfugliai, un po' assonnato.
«Hai fame?» mi chiese, sorridendo. Io annuii.
«Allora siediti che è pronta la colazione» mi invitò lei, mentre toglieva la padella dal fuoco, dopo averlo spento.
Mise nel mio piatto due uova, ancora fumanti, e mi versò del succo nel bicchiere, che svuotai subito.
Arancia, il mio preferito.
I nonni, che vivevano con noi, erano andati già a lavoro; non li vedevo da ieri sera, quando li conobbi.
Papà fece il suo ingresso in cucina, in pigiama e coi capelli arruffati. Mi diede un bacio sulla testa e poi uno sulle labbra di mia madre, che lo rimproverò.
«Cal, sei ancora conciato così? Guarda Alexander: è già pronto» rise lei.
Che bel sorriso che aveva la mia mamma!
Il mio papà sbuffò, ridendo e poi si sedette a tavola, di fronte a me, afferrando un contenitore pieno di cose strane e puzzolenti.
Perché loro mangiavano quelle cose?
«Cosa mangi?» gli chiesi. Lui si bloccò un attimo e cercò lo sguardo di mia madre, che rispose per lui.
«Lui ed io mangiamo questo cibo "speciale" perché...abbiamo lo stomaco delicato» disse. Io annuii.
Poverini, chissà che tortura per loro!

Scusate il ritardo ma ho avuto da fare con la scuola! :)

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