Quello che mi rimane è piangere

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L'incubo sembra non voler finire più. Sono già due giorni che vivo chiusa nella mia vecchia stanza. Il diploma si avvicina ed io non ho nessuna voglia di diplomarmi e tantomeno di sposare quel ragazzo. La sua bellezza non sostituirà mai l'amore per Andrea. 

Andrea. Dov'è? Sta bene? Quell'idiota di Nill l'ha abbandonato sul ciglio della strada. 

Maledizione. 

Mi alzo e guardo fuori dalla finestra. Due macchine ed un testa di cazzo di nome Nill. 

Il problema di vivere in questa casa è che non mi lasciano mai sola. Non posso fuggire. Non posso usare il telefono. Non posso avere alcun colloquio con gente della mia età. Devo solo aspettare quel momento. 

Il momento in cui il mio inferno ha inizio. Non sapevo cosa aveva in mente il mio futuro ''marito'' ma di una cosa ne sono certa. Scapperò da questo posto. Ora o tra qualche giorno, mese o anno. Io lo farò. 

Mia madre entra senza bussare ed apre l'armadio. 

-Fatti una doccia e metti questi- un vestito elegante di color blu notte con tanti piccoli fiorellini azzurri. Il classico vestito da cocca di mamma. - Andremo a fare shopping. Il giorno è vicino- chiude la porta senza aspettare una mia risposta. 

La cosa che non avevano calcolato è che le finestre sono incustodite. Potrei ammazzarmi da un momento all'altro, infondo chi vorrebbe vivere così?

Mi faccio la doccia e indosso il vestito. Meglio non contraddirli, almeno fino a quando trovo una soluzione migliore. 

- Sei pronta? Andiamo- l'unica cosa che non riuscivo a fare è parlare. 

Avevo le labbra e la lingua intorpidita a furio di tenerla chiusa. 

- Come posso aiutarvi?- la commessa del negozio ultra super chiccoso iniziò una conversazione con mia madre mentre io mi perdevo in mille pensieri/idee per fuggire. 

1) posso mettermi d'accordo con la commessa per fuggire dalla porta antincendio.

2) posso urlare che mi tengono in ostaggio

3) posso fingere di essere pazza e finire in un manicomio

4) posso ferirmi con il taglierino lasciato incustodito sopra un pacco pieno di vestiti


-Ashley ti sbrighi?- 

O posso semplicemente seguirla e indossare qualsiasi schifezza che mi propone la commessa. 

Dopo 5 ore di shopping e 5000 vestiti dentro la nostra macchina con i vetri oscurati, siamo di nuovo a casa. Come tutti i giorni mi rifiuto di pranzare e di cenare. Avrò perso già 2 chili in 3 giorni. La ciccia sui fianchi sta piano piano scomparendo.

- Questi sono i libri. Ti conviene studiare per prenderti il diploma a e domani andremo a sistemarti il tuo esile corpo per il tuo sposo-

E no. Tutta la debolezza si mise da parte per dar vita alla rabbia. 

- Al diavolo. Io non mi sistemerò per nessuno e non studierò un bel niente- mi alzo in piedi e butto tutti i libri per terra. 

- Signorina non ti conviene contraddire tua madre. Sono molto arrabbiata per quello che hai fatto con quel pezzente e...- non finì la frase perché la mia mano finì dritta sulla sua guancia provocando uno schiocco pazzesco. 

- Non sposerò nessuno neanche sotto tortura e non mi diplomerò in questo posto schifoso chiaro?- 

Per la prima volta la vidi fragile con una mano sul formicolio causato dallo schiaffo e una lacrima che scese involontariamente. 

- Hai aggravato solo la situazione Ashley. Sappi che riferirò tutto a tuo padre- sbatté la porta e rimasi chiusa nella stanza a buttare qualsiasi cosa presente li dentro. 

Ero rovinata. Cosa avrebbero fatto ancora per tenermi chiusa li dentro?

Dei passi fuori dalla porta mi misero i brividi. Corsi a chiuderla a chiave scivolando subito dopo con la schiena. 

- Apri subito questa maledetta porta- mio padre sbatteva insistentemente la mano contro il legno e ad ogni colpo sussultavo terrorizzata. 

- Apri subito prima che la butti giù- urlava. 

Sembrava tutto un maledettissimo sogno senza via di uscita. Ti svegli ogni giorno e ti ritrovi ancora nell'incubo di due persone che dicono di amarti e non fanno altro che farti soffrire. 

Mi alzo in piedi e sono tentata di aprire e vedere fino a che punto farebbero soffrire la loro figlia. 

- Se non apri questa porta giuro che non risponderò delle mie azioni- era arrabbiato. Avevo toccato sua moglie e chissà cos'altro si era inventata. 

Anche se non l'amava, nessuno la poteva toccare, neanche sua figlia. 

Presi la decisione più difficile in quel momento. Aprì la porta e mio padre, con gli occhi rossi dalla rabbia e la mascella contratta, si scagliò su di me. 

- Non devi toccare più tua madre è chiaro?- una sberla così forte mi fece girare la testa per poi cadere per terra con la stanza che girava così forte che persi i sensi. 

Era un incubo. Preferivo morire. 

Mi sentivo debole e senza forze. Mi faceva male tutto, la faccia, il braccio, il fianco, il cuore. 

Nessuno mi tenne compagnia. Come per farmi capire che se non ubbidivo sarei rimasta sola. 

Piansi, piansi perché solo quell'opzione mi rimaneva. 

Solo piangere. 


Lo sbaglio più bello sei stato tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora