CHAPTER TEN

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La lunga nottata di lavoro è trascorsa tranquilla, sono ancora un po' sfasata dopo la sbronza del giorno prima, ma tra poco il turno finirà e potrò finalmente tornare a casa a riposare. Dalla finestra dell'ufficio fa il suo silenzioso ingresso il primo raggio di sole. È l'alba. Una luce arancione si rifrange sui palazzi del centro, dando alla città un colore incantevole. Scosto le veneziane, e per un attimo mi perdo nella mia solitudine in quel panorama mozzafiato.

<< Ecco qui le ultime cartelle, Clarke. >> Dice Eric entrando dalla porta.

<< Sono davvero esausto oggi. >> Mi giro a guardarlo con un accenno di sorriso e annuisco.

<< Anche io, non vedo l'ora di andare a dormire. >> Ammetto sfinita poggiandomi alla scrivania.

<< Siamo in due. >> Conferma cadendo sulla sedia con uno sbuffo. << Come ti senti, Clarke? >> Mi chiede serio Eric dopo qualche minuto di silenzio a contemplare la stanza, che pian piano prende il colore del fuoco per merito del sole della prima mattina. << Con quello che è successo giù in pronto soccorso l'altra notte, io sarei stato sicuramente sotto shock! >> Aggiunge in modo disponibile e comprensivo.

<< Sto bene, penso che sia stato più traumatizzante per voi vederlo che per me viverlo. Io in realtà non mi sono accorta di niente, quando mi sono girata l'uomo era già a terra e ho visto solo Lexa. >> Eric annuisce e io mi rendo conto di averti appena chiamata Lexa davanti al mio collega, cosa che dal suo sguardo coglie immediatamente anche lui.

<< Lexa è? >> Infatti lo sottolinea subito con un sorrisetto beffardo. E ora cosa mi invento?

<< Sì, ecco... lei si fa chiamare così... >> Mi giustifico balbettando un po'.

Non chiede più nulla fortunatamente, e io non ho nessunissima intenzione di aggiungere altro. Finalmente arriva l'ora del cambio turno. Recupero soprabito e borsa, e torno a casa.

*****

Lexa, un po' dolorante per la rissa del giorno precedente con Roan, non riuscì quasi a chiudere occhio ed alla fine, un po' per noia, e un po' per sfogare il nervoso che le saliva al solo pensiero di quel bastardo, decise di infilarsi una tuta e andare a correre. Il sole fece la sua comparsa appena uscì di casa e, immersa in quella luce calda e avvolgente, con le cuffiette infilate nelle orecchie, cominciò a correre senza una meta precisa.

Ad un certo punto, spaesata, si rese conto di essere finita nel quartiere di Clarke. Non si era nemmeno accorta di aver già corso più di 5 chilometri. Un'idea carina le passò per la mente e così, su due piedi, decise di metterla in atto immediatamente, prima di riprendere la corsa sulla strada di ritorno.

*****

Finalmente sono a casa. Lascio la macchina nel vialetto e mi incammino verso il portico, quando qualcosa attira la mia attenzione. Davanti alla porta ci sono dei fiori, un mazzo di Iris gialli che profumano dolcemente l'aria circostante. Il biglietto è scritto in una calligrafia a me già familiare. Lo prendo subito tra le mani e lo leggo.

"Spero ti piacciano, un bacio,

Lexa"

Sussulto per questo tuo gesto romantico e mi guardo in giro perplessa per controllare se sei nei paraggi, se me li hai portati tu fin qui, ma non vedo nessuno nei dintorni, né tantomeno l'azzurro sgargiante della tua auto. Stringo al petto il mazzo di fiori annusandoli con un sorriso allegro. Non sei qui, ma con un pensiero così dolce mi hai resa incredibilmente felice, dandomi la semplice consapevolezza che questa mattina hai pensato a me.

You are my weaknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora