CHAPTER FOURTY-SIX

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Erano passati 7 giorni, 7 lunghi ed interminabili giorni in quella cella terribilmente bianca. Anya in quei 7 giorni stava impazzendo. La luce al neon era dannatamente fastidiosa, non c'è nulla di colorato o che la distraesse, oltre quel quadro sulla parete di cui ormai conosceva a memoria ogni singola pennellata. La porta era sempre chiusa, e all'interno della stanza non vi era assolutamente nulla per aprirla. L'unico pensiero a tenerla lucida era Raven... l'aveva vista l'ultima volta stesa a terra in un bagno di sangue, ma quando Lexa le aveva detto per telefono che era viva aveva ritrovato un motivo per voler uscire di lì.

Per non impazzire tra quella quattro mura, si era creata una sorta di routine. La mattina, dopo la colazione, faceva un po' di esercizi per tenersi in forma, e soprattutto per far passare il tempo, dopo pranzo, nella maggior parte dei casi, Dante Wallace le faceva visita. In altre circostanze lo avrebbe trovato un uomo piacevole, di grande cultura e gradevole compagnia, ma in questa spiacevole condizione non poteva che odiarlo. Anche se pian piano, si stava rendendo conto che Dante, e Roan prima di lui, erano solo delle pedine come lei, tutte disposte in una scacchiera ben più grande della sua misera cella. L'unica fetta di mondo esterno, se così si poteva definire, che riusciva a vedere nel video alla parete, erano gli incontri serali di quel torneo. Mr. Wallace le aveva parlato di quei tornei, e le aveva promesso che l'avrebbe portata a vedere la finale dalla prima fila se Lexa ci fosse arrivata.

Aveva capito per quale motivo era "ospite", come diceva lui, in quel luogo. Loro volevano Lexa, volevano che combattesse per loro. Volevano fare dei soldi con le scommesse, usandola come arma segreta nei combattimenti clandestini. E se Lexa avesse vinto l'avrebbero liberata. Ecco quale era il ricatto, ecco come l'avevano incastrata e corrotta. Fino a quel momento, le gare che aveva visto erano andate piuttosto bene. Del resto sua cugina era una dei migliori combattenti di tutto lo stato. Alcuni degli altri incontri che aveva visto, però, erano stati davvero brutali e non poteva non preoccuparsi del fatto che qualcuna di quelle persone spietate sarebbe potute capitare sul ring con lei. E tra i pensieri, e gli esercizi mattutini, il tempo era trascorso fino all'ora del pranzo.

*****

Oggi è il mio giorno libero, dopo tanto tempo finalmente avrei avuto un sabato senza lavoro per poter stare con te. Ma è inutile dire che tu ancora non ci sei. Te ne sei andata di casa da poco più di una settimana e nessuno sa che fine hai fatto.

Quando non sono a casa cerco di non sembraresconvolta, ma la verità è che guardare il mondo con i miei occhi tristi mi fasolo pensare a tutte le volte che avrei voluto chiamarti, e alla paura che miha bloccata dal farlo. "Smettila di cercarmi" questa è l'ultima cosa che mi haidetto prima di salutarmi. Ed ora che sono chiusa in queste mura da sola, nonriesco più a reprimere tutte queste sensazioni. Quindi vado in camera munita dicarta, penna e della mia Yamaha classica. In un modo che non mi capitava daanni, sento il bisogno di buttare fuori tutto questo dolore. La mano destrainizia a pizzicare le corde, mentre la sinistra ripete un giro lento e tristedi accordi. C - G - Am - Fmaj7, ben presto anche la melodia malinconica,assieme a qualche frase, vengono canticchiate dalla la mia voce abbattuta e unpo' graffiante.


Oh baby, you know that I'm far too cool

To let you see me upset or see me feeling blue

Oh, I'm not that wise So I keep it inside

This distance is taxing I can't relax so I

Take a walk, a walk outside

And I look at the world through my sad eyes

You are my weaknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora