CHAPTER FIFTEEN

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Nei giorni successivi le cose tornarono alla normalità. Per Clarke i soliti frenetici turni in ospedale e per Lexa la gestione della palestra. Le giornate passavano frenetiche per entrambe le ragazze, ma erano costantemente accompagnate da un senso di vuoto, alleviato soltanto da quelle veloci chiamate e dal rapido scambio di messaggi che riuscivano ad avere. Il giovedì mattina, Lexa andò al Dojo per l'apertura e si mise a sistemare il disastroso disordine che avevano lasciato la sera precedente a fine allenamento. Anya la raggiunse poco dopo con in volto l'espressione più triste che la cugina le avesse mai visto negli ultimi anni. Per Lexa non c'era stato bisogno di chiedere, sapeva perfettamente cosa fosse successo e semplicemente restò al suo fianco, lasciandole il tempo di metabolizzare.

<< È partito, Lexa. L'ho appena accompagnato all'aeroporto. >> Si riferiva a Nyko, il suo fidanzato. << Starà via per sei mesi almeno, poi si vedrà... potrebbe essere anche molto di più. >> Aggiunse la ragazza sconsolata.

<< Lo so, tesoro, lo so. >> Disse dolcemente Lexa cingendola in un abbraccio. Non era un atteggiamento abituale mostrare affetto tra di loro, ma nei momenti difficili riuscivano a far cadere i muri e sorreggersi a vicenda.

<< Stasera pizza, film e gelato? >> Chiese speranzosa Anya, aveva proprio bisogno di una serata tranquilla e piena di quei piccoli confort per combattere la tristezza.

<< Certo. Pizza, film, e gelato. Solo io e te. >> Confermò la mora.

<< Grazie, Lexa. >> Rispose Anya con un sorriso, sciogliendosi dall'abbraccio.

E in quel momento, Lexa apprese che avrebbe dovuto sopportare un altro giorno senza Clarke. Senza poter sprofondare nell'azzurro cielo dei suoi splendidi occhi, senza potersi immergere nel dolce profumo della sua pelle, senza poter sentire di nuovo il sapore delle sue labbra. Erano solo tre giorni che non si vedevano, ma le mancava terribilmente.

Durante la pausa pranzo, mente Anya era impegnata con zio Titus, Lexa, presa dalla nostalgia, dalla voglia di sentire almeno il suono della sua voce, prese il telefono e compose il numero.

*****

<< Ehi... >> Rispondo al telefono con il sorriso e lo sguardo sognante. Sei tu.

<< Ehi, ciao... >> Mi saluti in modo semplice. << Ti disturbo? Sei al lavoro? >> Domandi preoccupata.

<< No, affatto, sto andando in pausa pranzo. >> Mi affretto a risponderti. << Sono contenta di sentirti. >> Aggiungo allegra.

<< Mi manchi... >> Dici sorprendendomi, chi lo avrebbe mai detto che dietro a quella combattente spietata in realtà c'è tutta questa tenerezza.

<< Anche tu... >> Affermo in un sospiro. << Magari stasera potrei... >> Continuo in tono suadente, iniziando a pensare a cosa proporti.

<< Non posso scusa, piccola, è per Anya ha bisogno di me stasera. >> Mi interrompi senza lasciarmi fantasticare sui nostri possibili programmi per la serata. << Ma prometto che domani mi faccio perdonare. >> Aggiungi come se ci fosse davvero bisogno di farsi perdonare per un impegno già preso con qualcuno della tua famiglia.

<< Non lo so se resisto fino domani senza di te... >> Rispondo ancora con voce provocante. Non voglio farti sentire in colpa, ma voglio farti capire che mi manchi davvero.

<< Ecco, ora mi sento in colpa. >> Sbuffi non cedendo alla mia provocazione. << Vorrei essere lì con te anche ora, lo sai, vero? >> Dici poi con dolcezza.

You are my weaknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora