~Capitolo Diciannove~

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"Questo treno è sempre in ritardo! Come farò a essere in tempo per l'ultimo esame? Oggi dovrò incominciare a sgombrare casa. Ormai la mi permanenza a Firenze sta per terminare. Devo accettarmi che tutto vada bene. Paolo mi ha detto che è partito, non so per dove. Non me lo ha voluto dire. Mi ha detto solo che starà via per un po' di giorni. Ma ha il cellulare spento e di lui non ci sono tracce."

Talvolta quando due persone sono lontane; si deve mettere in conto che, comunque, sono due sconosciuti. Soprattutto perché Paolo è un ragazzo maturo e non è ancora dato sapere cosa fa nella vita. Se ha una famiglia o altro. Quindi credo che sia normale che Sylvia sia diffidente, in questo momento, nei suoi confronti.

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Arrivata alla stazione di Firenze "Santa Maria Novella" e con l'ammasso ingombrante della borsa piena di li volumi già studiati e ripassati, andò direttamente a Piazza San Michele. Si recò in un bar ordinando un caffè per rimprendersi, dal viaggio e dalle idee molto confuse per quanto riguarda la sua situazione sentimentale.

La sua amica di università la raggiunse. Per tutto il tempo non fecero altro che ripetere, agitando così frettolosamente le mani, con il solo ed unico desiderio, di liberarsi da quel peso e dall'ansia adrenalinica, così potente, che solo l'ultimo esame può portare.

Sylvia guardò più volte il cellulare sfilandolo dal taschino della borsa. Ma di Paolo nessuna traccia. Cosi propose di recarsi in aula per attendere il loro turno.

Circa un'ora dopo, i conti erano fatti. Aveva superato brillantemente anche questo esame. Non mancava altro che festeggiare. Si organizzò con le ragazze del suo corso dandosi appuntamento alle 20:00 all'Hard Rock Cafè di Piazza della Repubblica.

Prima di ritornare a casa fece un giro per quella bellissima Città. Passò per il Battistero di San Giovanni. Ammirandone l'architettura e la scultura. Spoglio all'interno, ma le porte in bronzo risultavano meravigliose e poetica raffiguranti la vita di Cristo.

Di fronte a lei Santa Maria del Fiore. Con la cupola del Brunelleschi. All'interno, tale cupola, si presentava con una calotta, interamente, dipinta. Sulle pareti delle navate, invece, canti celestiali, muti ma apertamente intuitivi, ornavano la Chiesa con mestro di sensibilità acuta.
Una voce dal megafono avvisava i turisti di far silenzio, con una voce cupa quasi dall'oltretomba. "Silence, silence please".

Varcata la porta per uscire, era ora di pranzo. Decise di passare dallo zio che lavorava come artigiano al di là dell'Arno per mangiare un boccone insieme. Attraversò anche il Ponte Vecchio che luccicava interamente d'oro massiccio. era una giornata soleggiata, a tratti faceva anche caldo. Si sfilò la giacca e la nodò in vita. Ammirava l'Arno e il suo essere calmo rispecchiando ogni cosa nelle sue vicinanze.

Incantata da tali meravigli, imboccò la stadina dove lavorava lo zio.

Pelli di ogni tipo e di alta qualità ornavano la bottega. In vetrina abitavano due busti di manichini con armature in vera pelle e svariate cinture con fibbie anticate. Borse, cover per cellulari, portafogli, portachiavi. Lo zio stava lavorando per un cliente americano molto facoltoso, quindi attese qualche minuto prima di recarsi al ristorante. Un odore di pelle fresca aleggiava in quel piccolo e popolato negozio. Con i polpastrelli sfiorava gli utensili da lavoro e quel tavolo in legno rugoso, ma la sue essenza secolare predominava all'interno del negozio.

-Cinque minuti è sono pronto!- affermò mentre rifiniva con le sue dita decise e colme di esperienza i lineamenti di una cintura maschile con fibbia tipica degli anni Settanta.

-Non ti preoccupare, fai con calma!- disse mentre notava una borsetta da dietro lo scaffale anch'esso in legno molto scuro.

Quando ebbe finito, depose delicatamente i suoi utensili, appoggiò gli occhiali da lavoro sul tavolo, proseguendo per il ristorante.

Come al solito dovettero aspettare un po' prima di sedersi al tavolo; intanto s'informò di come si sarebbe svolta la tesi finale. In tutto ciò, di Paolo, nessuna traccia.

Pagarono il conto e Sylvia non ebbe che da affermare che si sarebbe recata a casa per una dormita meritata mentre lo zio riapri la bottega per rimettersi a lavorare.

Alle 19:00 la sveglia iniziò a suonare. Subito andò a buttarsi sotto la doccia per rinfrescare gli animi. Poi si ricordò di Paolo che non si era fatto vivo per tutta la giornata. Ma il display indicava solo un messaggio di Giulia che voleva essere informata come fosse andato l'esame.

"Che rabbia che ho dentro lo stomaco.non riesco a capire che fine abbia fatto. Perché non mi chiama? Provo a chiamarlo io." Uno, due, tre squilli. Segreteria Telefonica! "Come odio la segreteria telefonica." Appoggiò con violenza il cellulare sul tavolo e chiuse la porta dietro di se.

All'Hard Rock Cafè cercò di divertirsi, ascoltando della buona musica e sorseggiando, di tanto in tanto, una Coca-Cola.

Solo all'una di notte andò a casa. A dormire e cercare di non pensarlo.

~Spazio Autore~

Fatemi sapere se vi piace e tante stelline. ❤❤❤❤❤❤❤❤❤ A voi piace Firenze? Baci baci baci


SHE 2 #WATTYS2017 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora