~Capitolo Trentadue~

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Sono ancora su questo letto gelido. Ho freddo. Non vedo nessuno che entra in questa camera. Che tutti si siano dimenticati di me?

Eppure sento odore di ospedale. Quell'odore fastidioso che ti entra nelle narici. L'alcool che usano per disinfettare gli arnesi, la pelle degli ammalati per poter infilare aghi dappertutto.

Mi guardo un po' intorno e vedo dei macchinari fatti a posta per me. Questo tubo del naso che brucia. Ho tutto il contorno rosso fuoco. I miei piedi cercano di prendere calore sotto quel lenzuolo. I termosifoni sembrano essere spenti.

Cerco per alzarmi, ma le gambe sono come due pesi morti. Allora faccio per sollevare solo il busto, ma pesa anche quello. Anche la testa è difficile girarla intorno a me. Faccio per emettere un suono dalla mia bocca, ma non ci riesco. Penso che sia meglio rompere quel silenzio, chiamando qualcuno. Ma sembro muta. Nella mia testa le parole scorrono come una cascata, ma in realtà non riesco ad articolarne nemmeno una.

Riesco a malapena a capire dove sono.

Improvvisamente qualcuno passa davanti alla porta grigia. È un'infermiera del reparto. Aprì la porta e con disinvoltura annotò dei numeri che stavano sopra al macchinario dell'ossigeno.

Non si gira verso di me. È troppo impegnata nel suo lavoro. Vorrei farle capire che sono viva ma non faccio in tempo che riapre la porta e va via.

Dopo circa due ore di solitudine più profonda. Vedo una figura dietro al vetro avvicinarsi.

Paolo?

"Amore mio, mi sei mancato. E pure tantissimo."

Accostò le mani in ombra accanto alle tempie per cercare di capire come stessi. I miei occhi, serrati, lo guardavano.

Paolo se ne accorse. Incredulo. Corse dove c'era la porta e con un calcio l'aprì  e corse verso di me.

Si accasciò dicendo -Signore, le mie preghiere hanno dato il suo esito- mormorò -Sylvia ti sei svegliata!-

Dagli occhi mi uscì una lacrima dolcissima, di felicità. Mi prese tra le sue braccia e mi diede un desiderato bacio.

Dalla porta entrò una suora che fece il segno della croce e ringraziò il Signore per l'avvenuto miracolo. Si alzò la sua gonna nera a balze e si recò a chiamare il primario per farla visitare.

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Dopo un paio di minuti accorse. Notò il bip del battito del cuore, era regolare. Tutti i valori erano entrati nella norma. Le tolse i tubi dal naso affinché potesse respirare autonomamente. La fece trasferire in un altro reparto.

Dalla sala d'attesa Mete, Monica, Sophia, Giulia e il resto dei parenti videro arrivare Paolo di corsa. Con un sorriso trionfante. Tutti si portarono le mani alla bocca. Non credevano alle sue parole pronunciate scanditamente e con foga.

-Sylvia è viva!-

Informò tutti della situazione e s'incamminarono per recarsi l'altro reparto che, si trovava nell'ala opposta della struttura ospedaliera.

Ora tutti poterono farle visita. I medici furono chiari. La riabilitazione doveva avvenire con calma con con parsimonia.

Paolo che le sedeva accanto,  delicatamente portò un fazzoletto imbevuto d'acqua, alle labbra violacee, per farle reidratare. Le accarezzava il viso per spostarle i capelli, ripetendole sempre -Amore sono quì-.

Piano piano incominciò a pronunciare, di nuovo, qualche parola. La circolazione sanguigna stava dando i suoi frutti. Il suo corpo stava riprendendo calore. Riusciva finalmente a muovere le gambe e il busto.

I cinque sensi erano tornati. Si apprestò ad accennare un sorriso in segno di ringraziamento.

Ad una certa ora, tutti andarono via, rimase sola con lui.

Le teneva la mano forte. Infondendole parole di conforto. Fino a quando una frase lo destabilizzò. Con un filo di voce disse.

-Paolo hai un'altra?-

SHE 2 #WATTYS2017 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora