~Capitolo Ventitré~

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Le prime luci dell'alba invasero la stanza e gli occhi chiusi, si colorarono di arancione.

Li socchiuse leggermente per far entrare quel tanto di rugiada mattutina che le serviva.

Mentre spiccava il volo per una nuova giornata. Si rese conto che non sentiva Giulia da giorni, ma fece per chiamarla che, sbagliò e anziché di chiamare la sua amica chiamò.. Paolo.

-Ciao, Cuccioletta!- "Come cuccioletta?" Era proprio lui al telefono era strano sentirlo dopo tanti giorni.

I suoi occhi risultavano ancora gonfi da tutte le lacrime versate.

-Ciao scusami, ho sbagliato a telefonare, io volevo..- la interruppe dicendo:

-Scusa ma non ero in Italia e questo telefono, in tali occasioni, è sempre spento.-

-E dove sei stato?- mormorò Sylvia impaziente di sapere cosa fosse successo. A tale domanda non rispose, però esordì affermando.

-Tesoro arriverò  alla stazione di Rimini tra circa mezz'ora, volevo farti una sorpresa!-

"Come una sorpresa!?" Paolo per giorni non si fece sentire. E ora era a Rimini.

-Ok ci vediamo alla stazione!- affermò stupita. E riagganciò il telefono.

Con plateale entusiasmo si sistemò il trucco mettendo più fondotinta e correttore che mai per le occhiaie violacee sotto ai suoi dolci occhi nocciola. I capelli erano di un mosso che gli piacevano tanto e tacchi a spillo.

Corse alla stazione, preferendo un passaggio, per velocizzare il tutto.

Vedeva a una velocità assurda la strada sfrecciare alla sua destra. Quando arrivò,con un balzo, si ritrovò a scendere le scale del sottopassaggio. Il treno si fermò e lei stava ancora salendo. Ma quando Paolo scese dal treno, si corsero incontro abbracciandosi con arso desiderio. Le valigie lasciate cadere a terra con pressione coinvolgente; si baciarono passionalmente. Le bocche si staccarono solo quando non riuscivano più a prendere fiato. Le loro lingue si fusero in una sola e la loro pelle respirava la passione di quegli attimi pungenti.

Il treno riprese la sua corsa. E loro erano ancora abbracciati. L'orgoglio di Sylvia era andato via in quella scena, surreale, avverata.

Il suo silenzio le aveva fatto male da morire. Stava facendo parlare il cuore. Come poteva pensare che l'avrebbe lasciato andare. Non c'è niente che poteva cancellare anche se le avrebbe strappato il cuore. Era schiava della sua follia. Paolo era tornato e i suoi occhi gli dicevano che viveva solo di lei e del sapore che aveva. In questi casi bisognava mettere da parte la razionalità e scoprire la parte più sensibile di ognuno.

Aveva scelto un posto speciale, il posto del primo incontro. Non voleva andare via, voleva restare. Non respirava senza lei e lei senza lui era niente. Se si parlava ad alta voce si potevano svegliare i rancori.

Brucia dentro di lei il desiderio di lui. Non lo avrebbe più lasciato andare. Mai come poteva dire "mai". Era fatta di lui. La faceva vivere per poi morire. La sua immagine non poteva svanire, aveva avuto allucinazioni paradossali. Ma solo con la lungimiranza di averlo lì di nuovo, la forza datagli da lui, era arrivata a questo punto.

Si staccarono solo quando si resero conto che era ora di raccontarsi.

Posarono le valigie. Si rese conto che le domande le avrebbe rimandate all'indomani. Voleva solo essere sua. Tra le sue braccia forti e la sua mente aperta. Ogni volta che lei lo guardava si rendeva conto che viaggiavano senza una direzione. Lei lo aveva aspettato senza far rumore e lui l'aveva raggiunta.

Su un muretto seduti accarezzandosi. Abbracciandosi. Non c'è stata misura per la sua sofferenza.

Quelle distanze che li uccidevano erano state abbattute.

Le armi non servivano in quel duello. I baci strappati dal tempo e la resistenza di preservare al nuovo incontro.

Sylvia non vedeva altre ragioni che chiudere gli occhi e non pensare più a niente. Ma godersi quegli attimi.

SHE 2 #WATTYS2017 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora