~Capitolo Ventinove~

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Paolo atterrò con l'aereo delle 16:00. Il suo intento era quello di fare una sorpresa a Sylvia.

Organizzò tutto nei minimi particolari.

Come prima cosa si recò in un atelier del centro storico di Bologna. Tra i tanti capi dai tessuti pregiati, scelse la seta. Un abito lungo con scollatura a cuore e un solo copri spalle. Con uno spacco laterale molto sensuale.

Lo fece incartare in uno scatolo bianco con un grande fiocco blu, proprio come il vestito.

All'uscita del negozio si recò alla stazione per prendere il treno per Rimini.

Nella business class chiamò un autonoleggio per affittare una limousine laccata bianca con l'aperitivo ben disposto dentro con ostriche e una bottiglia di champagne pregiata.

Fece allestire una sala cinema solo per loro. In un giardino con fiaccole l'uno di colore diverso dall'altra intorno alle poltrone con rose ciano sparse per la distesa verdeggiante.

Arrivato a Rimini il tempo di prendersi un caffè e si recò in hotel. Posò il borsone a terra ma improvvisamente gli venne da vomitare e se ne andò in bagno di corsa.

Mentre rigettava quello aveva in corpo un giramento di testa improvviso.

Il telefono squillava.

Traballante e ancora sporco prese un asciugamano e se lo portò alla bocca. Arrampicandosi raggiunse il lavabo e si sciaqquò la faccia e si lavò i denti.

Decise di sdraiarsi un po'. Forse la stanchezza del viaggio. Tolse le scarpe e chiuse gli occhi.

Si agitatava. Sentiva urlare nelle sue orecchie. Non sapeva cosa stesse succedendo e perché si sentiva stonato.

Il telefono ricominciò a squillare.

-Pronto?- rispose senza guardare neppure chi fosse. Con tono molto stanco.

-Ciao Paolo, sono Mete, come stai?- pronunciò per rendersi conto se già sapeva.

-Salve, tutto sommato bene, lei? Come mai mi ha telefonato. È successo qualcosa?- domandò preoccupato portando la mano a stropicciarsi gli occhi.

-In realtà non mi sento bene, però non è per parlare di me che ti ho chiamato. Ma per Sylvia.-

Paolo interruppe la conversazione bruscamente. -Cos'è successo a Sylvia? Sta bene? Ditele che sto per arrivare, non importa di farla trovare vestita. Ho una sorpresa per lei.-

Dall'altra parte sentiva un pianto isterico.

-Signor Mete, sto impazzendo. Cos'è successo a Sylvia?- domandò interrottamente.

-Lei è in ospedale.- sospira. -Mia figlia è in coma-.

Dopo un minuto di silenzio.

-Dov'è adesso?- chiese con le lacrime in gola.

-Gesù Bambino!-

Chiuse la conversazione e chiamò un taxi.

-Immediatamente mi accompagni al Gesù Bambino! Il più infetta che può!-

L'auto sfrecciava nel traffico. Con un fazzoletto bianco che fuori usciva dal finestrino.

Da lontano avvistò l'entrata del pronto soccorso, con un salto pieno di tensione pagò e si recò al reparto.

-Dov'è Sylvia Medici?- domandò ad un infermiera di turno mentre correva.

Aveva gli occhi rosso fuoco, a ogni tocco sentiva le fiamme dell'inferno.

-Dov'è Sylvia!!!- urlò impazzito portandosi le mani dietro la nuca.

Un medico gli indicò la strada con un dito.

Corse più che poteva. La fronte bagnata dal sudore freddo.

-Non potete aprire la porta!- mormorò un ausiliario. -Non potete!-

Con un calcio sfondò la porta della stanza. Si accasciò vicino al letto. Prese le sue mani gelide. Il bip del macchinario attaccato al suo cuore aveva un ritmo regolare ma lento, avvolgeva la stanza.

-Amore!- urlò così forte che Sylvia ebbe un sussulto.

SHE 2 #WATTYS2017 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora