15. Le dovute eccezioni.

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Non sapeva proprio descrivere ciò che stesse provando in quel momento, percorrendo la strada del ritorno. Sapeva solo che non riusciva a smettere di sorridere. Poteva mai essere che fosse felice? Non aveva mai provato una felicità più pura e pensando ciò, si chiese se avesse veramente mai conosciuto la felicità. Quel bacio era stato... wow! Sì, non c'era altro modo per descriverlo... Proprio come il primo, d'altronde era finito pressoché allo stesso modo. Era in un punto di svolta, pensò... Forse aveva veramente la possibilità di farla innamorare di sé entro 2 anni. Gli occhi gli brillarono pieni di nuova speranza, mentre aiutava sua nonna ad estirpare l'erbacce con il suo coltellino svizzero portatile.
- Nipotino, ti trovo particolarmente pensoso oggi!-
- Nonna... pensieroso, casomai.-, ci tenne a precisare. Spesso sua nonna non faceva attenzione ad esporsi in modo corretto, perciò cominciava ad inventare sostantivi, aggettivi, soprannomi sconcertanti di cui Jeffrey teneva segretamente nota.
- Sì, quello che è!-, esclamò con la solita superficialità di chi non si accorge delle differenze lessicali. Jeffrey sorrise.
- È successo qualcosa... Lo percepiscono le mie brame!-, il sorriso si tramutò in sbigottimento... Non sapeva proprio a cosa si riferisse, ma preferì non chiedere.
- Centra per caso una ragazza?-, Jeffrey si chiese se fosse una chiromante nascosta, ma guardandola fare movimenti esagerati con le mani meglio di Houdini, preferì nuovamente non chiedere.
- Avanti, dicame la verità!-
- Nonna... È "dimmi", casomai.-
- Sì, quello che è! Dai, avanti! Sbottonati con la nonnina!-, quelle parole lo fecero trasalire.
- Nonna, ti prego non usare mai più questo verbo!-, commentò sconvolgendosi sempre di più ad ogni passo di quella conversazione.
- Non mi sembra comunque opportuno parlare di queste cose.-, cercò di concentrarsi sull'erbacce senza far trapelare informazioni.
- Ah! Sempre a fare il gentiluomo... Ti abbiamo cresciuto proprio bene io e tuo nonno... Anche lui era tanto riservato su certe cose...-, rifletté lei volgendo il capo verso il Sole.
Da quando era bambino, Jeffrey si chiedeva il perché le persone tendessero sempre a parlare delle cose più dolorose che le accomunavano tra di loro. Come se si cercasse un modo per eguagliarli a sé stessi, per trovare un punto di contatto tra individui troppo distaccati per essere uniti da qualcosa. L'unico modo per rendere questa eventualità possibile era la morte o parlare della morte. D'altronde tutti moriamo, tutti dobbiamo morire, tutti possiamo comprendere il dolore della perdita dell'altro solo quando la proviamo sulla nostra pelle.
Il nonno di Jeffrey era stato il suo punto di aspirazione... L'uomo che sin da bambino avrebbe voluto essere... Saggio, disponibile, altruista, aperto ad ogni eventualità.
- A volte mi ricordi lui, sai?-, quando sentiva dire a sua nonna quelle parole, lo riempiva d'orgoglio. Era ciò a cui aveva sempre puntato. Forse il suo unico obiettivo chiaro nella sua vita talmente confusa e sbiadita. Si ricordava ancora quando era andato da lui per dirgli che sarebbe stato un soldato.
- Non fare una scelta tanto avventata se non hai voglia di vivere... Devi sempre voler tornare a casa. Ringrazia ogni giorno il Signore della vita che ti da... Ogni giorno è un giorno prezioso in cui hai l'opportunità di salutare e amare instancabilmente chi ti sta vicino... Non dimenticarlo, Jeffrey...-, lo aveva ascoltato con attenzione, poi aveva rivolto lo sguardo verso i putti scolpiti proprio da suo nonno sul camino.
- Sono davvero belli quegli angeli...-, aveva commentato sospirando.
- Non sai da quant'è che chiedo a quegli angeli di venirmi a prendere...-, e lo avevano fatto il 29 febbraio di quell'anno corrente. Un giorno assurdo che non sarebbe neanche dovuto esistere sul calendario e Jeffrey non faceva altro che ripeterselo. Non era arrivato in tempo per salutarlo e ciò non riusciva ad accettarlo.
Ai pensieri si incupì.
- Comunque sia! Anche se sei gentalemen, le cose alla nonnina le puoi dire, cuore di panna!-, Jeffrey sperò di avere udito male, anzi malissimo, dato che a primo impatto gli era sembrato di sentire "genitale". Poi appena aveva pure sentito "cuore di panna", stava per venirgli una caria fulminea o almeno un colpo di diabete insormontabile.
- Nonna... Va beh, ho perso le speranze.-
- Perché? Ho sbagliato qualcosa?-, e lo chiedeva pure?!

Dopo aver pranzato, o per meglio dire masticato, annuito e sputato successivamente ciò che sua nonna aveva spacciato per un pasticcio di patate la cui origine era alquanto dubbia, erano tornati in giardino per riposarsi alla frescura degli alberi, fino a quando non avevano sentito una voce chiamarli. Era la zia Noelle che proponeva loro di farle compagnia. Avevano accettato. D'altronde, le erbacce erano state per la maggior parte estirpate, nonostante le lunghe pause che Jeffrey aveva dovuto sfruttare per riprendersi da ogni particolare sostantivo creato dalla fervida (ignoranza) immaginazione di sua nonna. Perciò potevano concedersi una chiacchierata, magari con dei tappi indiscreti.
- Allora, che avete fatto oggi?-, Jeffrey preferì non rispondere alla domanda di sua zia, pronunciata appena aveva cominciato a rilassarsi sul divanetto dai cuscini scomposti.
- Abbiamo lavorato in giardino! È un nipotino veramente dolcioso il mio!-, Jeffrey ignorò la puntualizzazione.
- Tu, invece, zia?-, si introdusse, spostando l'attenzione da sé.
- Io niente di particolare... Ora sto aspettando mio figlio... Sarebbe dovuto andare in India per qualche giorno, ma gli hanno rinviato la partenza!-, a quelle parole, Jeffrey non poté non pensare a Carley, al sapore delle sue labbra, alla reattività del suo corpo e lo volle di nuovo. Rimase assorto nei suoi pensieri, tanto che non sentì il resto della discussione tra sua nonna e la zia, fino a quando non nominarono la donna al centro di tutto il suo essere.
- Sì, Carley! La ragazza di mio figlio!-
- Ah, l'ho vista l'altro giorno! Ma che fine! Aggraziata! Si vede che è una bella figliola!-
- Sì, proprio così... Si vogliono sposare, sai? E avere almeno un figlio!-, solitamente si disinteressava altamente di quei chiacchiericci da cortile, ma nella mente si erano già impresse quelle parole.
- Ma è una splendida notizia!-, Jeffrey volle non aver mai sentito quelle parole. Non voleva crederci. Tutta la speranza che si era rinnovata con quel bacio era istantaneamente svanita. Cominciò a credere che era tutto inutile. Carley amava Fabian, grazie a tutte quelle convinzioni che aveva auto-assimilato e forse non c'era nulla che potesse svegliarla. Anche se avesse fatto di tutto per riuscirci, dove voleva arrivare? A sposarla lui, avere tanti figli e vivere una vita felice e contento? Neanche nelle fiabe accade, figuriamoci se nella vita reale. Quanto odiava questo mondo di incertezze, delusioni, contraddizioni, realtà deturpate dai desideri in cui vinceva solo chi era più capace a calarsi la maschera sul volto e vivere di apparenza. Ma poi chi voleva prendere in giro oltre sé stesso?! Come aveva mai potuto pensare di spodestare Fabian dal trono del cuore di Carley? Come aveva mai potuto pensare di valere più di un semplice amico o più di un'ex-fiamma? Si era solamente illuso di poter essere qualcuno che non sarebbe stato mai... qualcuno amato da chi ama veramente... Quanti possono affermare di esserci riusciti? Se sì, se ce n'erano, allora erano veramente un numero molto ridotto rispetto la vastità dell'intero universo... Un granello di sale in tutto l'oceano... Come aveva mai potuto pensare di essere quell'eccezione?! Forse sì, era quell'eccezione che però confermava la regola.

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