22. Incontri spiacevoli...

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Il processo non era andato così male... Era riuscita ad assolverlo! Incredibile! Sentiva la fiducia in sé stessa rinnovarsi! Aveva battuto molto sulla constatazione: "Se doveva sembrare una messinscena, perché avrebbe mai lasciato il coltellino dietro l'albero?!". Nessuno aveva saputo ribattere. Inoltre, (per quanto aveva capito) anche il caporale maggiore dell'unità militare in cui aveva prestato servizio Jeffrey si era mosso per mettere una buona parolina sul suo conto. Col giudice o, come piaceva chiamarla lei, la giudicessa si erano lasciati al punto che i commissari avrebbero cercato più prove per determinare la colpevolezza o l'innocenza di Jeffrey. Era soddisfatta!
- Dai, prendi le tue cose che ti accompagno io...-, gli aveva proposto fuori dall'aula con un sorriso incontenibile.
- No. Ti ho disturbato abbastanza. Posso andare a piedi.-, la rassicurò, sistemandosi il colletto della giacca, scuotendo le possenti spalle.
- Hey, cliente! Non ti permettere di contraddirmi dopo che ti ho parato leggermente il culo!-, ribadì la sua superiorità, dandogli una leggera pacca in prossimità del sedere. Le sorrise leggermente a denti stretti.
- Vado a prendere i miei effetti personali, allora.-, le disse, guardandola intensamente. Quegli occhi la uccidevano in una maniera che neanche se fosse stato un vero assassino avrebbe mai potuto eguagliare.
Lo vide andarsene e solo quando superò l'angolo del corridoio, si accorse che stava leggermente sbavando con la bocca aperta. D'altronde quella cavolo di camicia non lasciava proprio nulla all'immaginazione. Ma proprio nulla! Cioè, faceva prima a togliersela! Forse era anche per questo che quella giudicessa aveva sospeso il giudizio.
Ancora un po' le bruciava che in qualche modo fossero stati insieme quei due. Poi, in aula lo guardava come se lo volesse tutto per sé da quel suo posto di vedetta! E no, cara mia! Mi sa che qualcuno ti ha leggermente seppellita... E il Guinness Worldwide Records va a... Carleyyy! Sorrise ad occhi chiusi, rialzando leggermente lo sguardo verso l'alto, come se già sentisse i milioni di applausi sotto di sé.
Sì, in effetti... Era meglio l'annuncio pronunciato da Jeffrey... Ancora le risuonavano quelle parole fantastiche, che pensava che chiunque altra donna al mondo avrebbe voluto sentirsi dire.
"L'unica cosa illegale che vorrei mai fare sei solo tu.", gli sarebbe saltato addosso in quel preciso istante. Cazzo! Non sentiva certe parole da... beh, da tanto... Fabian non le aveva mai detto una cosa simile o forse sì, ma solo ai tempi del fidanzamento... Le mancavano veramente certe parole... in generale le mancava sentirsi amata come con Jeffrey.
Le mancavano quei sorrisi inspiegabili, quelle occhiate fugaci, quel "essere scemi insieme", per intenderci... Riteneva assurdo che fino a qualche settimana prima avesse potuto buttare nel dimenticatoio tutto questo... Tutto quello che aveva passato con Jeffrey... Tutti quei momenti felici destinati ad essere rimpianti per sempre... E se Jeffrey non fosse mai più venuto da lei? Se lei non lo avesse mai più incontrato? Se non fosse mai andata a quel funerale? Avrebbe continuato a vivere la sua vita omologata agli altri, credendo di essere felice...
- Hey, tutto bene? Ti senti male?-, si accorse solo in quel momento che Jeffrey la stesse chiamando da più di mezz'ora. Era come se le sue orecchie si fossero otturate, mentre pensava.
- Sì, sto bene, ero solo pensierosa...-, preferì accertarsene lui stesso, scrutandola fin dentro l'anima attraverso gli occhi. Quegli splendidi occhi intensi in cui le piaceva così tanto annegare. Quando la radiografia giunse a compimento, le prese la mano e distolse lo sguardo, vedendo che la imbarazzava leggermente.
- Allora, andiamo?-, annuì con la testa e l'appoggiò sulla sua spalla, mentre si dirigevano verso l'uscita.
Le aprì la portiera dell'auto... Ecco, era questo di cui parlava... Faceva cose tenere e ormai in disuso come se fossero cose normalissime, facenti parte della vita di ogni giorno.
Mise in moto e non osò dirgli niente... Stava riflettendo... ma non solo sulla prossima frase da dirgli, anche sulla sua vita... La sua vita che sarebbe stata così superflua e vuota senza la sua presenza...
- Grazie per avermi difeso. So che è stata una grande responsabilità che nessun altro avrebbe mai avuto il coraggio di prendersi.-, congiunse le mani e allineò le spalle, come se avesse avuto un bastone di legno legato dietro la schiena.
- Figurati...-, sussurrò lei.
- Dimmi la verità. Che hai?-, si era dimenticata di questa sua infallibile capacità di intuire tutte le volte in cui andava in concerne depressione. Ancora oggi non capiva come facesse.
- Tieni gli occhi bassi. Sorridi senza che i muscoli oculari siano impegnati. Ho fatto qualcosa di male?-, giusto, leggeva il linguaggio del corpo con la stessa facilità con cui lei avrebbe letto un libro.
- Non centri tu, credimi... Sono contenta che tutto sia andato bene... Centra solo la mia vita...-
- La tua vita è essenziale per rendere possibile l'esistenza di altre vite, come la mia.-, lo vide con la coda dell'occhio mordersi il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo e diventando ermeticamente rigido... più o meno come prima quando le aveva detto che per lui lei era illegale. Ora sì che se lo sarebbe portato a casa e sbattuto come un uovo strapazzato. Che tenero, si disse... Perché no?
- Ehm... Ti spiace se facciamo una piccola capatina a casa mia?-, cercò di sembrare totalmente indifferente.
- No! Per niente!-, esclamò lui, d'altro canto felice per aver cambiato immediatamente discorso.
Arrivarono in 5 minuti di un silenzio inequivocabile. Carley parcheggiò l'auto e uscì frettolosa. Andò verso il cancelletto, ma si sentì tirare all'istante da due grandi mani sgraziate. Tentò di urlare, ma il pezzo di merda che l'aveva afferrata le spostò una mano sulla bocca, prevedendo la sua azione. Jeffrey uscì dalla portiera, aspettandosi che lei fosse passata avanti, ma la vide contorcersi tra le braccia dell'uomo e lo imputò con gli occhi già iniettati di sangue.
- Hey. Tu! Lascia andare la ragazza.-, gridò con un tono che Carley non pensò potesse mai raggiungere.
Poi lo sentì parlare in un'altra lingua a lei sconosciuta. Sembrava tanto russo, ma non ne era sicura. Cercò di divincolarsi, ma era inutile, l'uomo non si smuoveva di un millimetro. Cercò di girare la testa almeno per guardare negli occhi lo stronzo, almeno per vedere se lo conoscesse, ma una risata la ghiacciò all'istante. Una risata abbastanza contenuta, ma malefica al punto giusto per farle capire che fossero nei guai. Spuntò alla sua destra un altro uomo, pelato come una palla di biliardo che innalzò l'inquietudine fino al suo massimo.

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