36. Darci un taglio...

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L'aveva guardata come fosse la sua unica ancora di salvezza, poi aveva iniziato a colpire Fabian senza sosta. Non le piaceva affatto la violenza. La paralizzavano le lotte. Non riusciva più a riflettere, né ad agire. Fabian la picchiava... a volte... forse più di quanto volesse ammettere, ma era sicura che c'era sempre una spiegazione dietro più importante di qualsiasi gesto. Poi era il suo fidanzato! Come avrebbe potuto dubitare della sua buona fede? Voleva addirittura anticipare il matrimonio! Se questo non era amore...! E Jeffrey... era solo stato un grande sbaglio, come al solito... Era quella falla nel sistema della sua vita che riusciva a mettere in discussione sia lei che i suoi rapporti con gli altri. Doveva proprio darci un taglio. Lui non era così fondamentale per lei, andiamo! Fabian era molto più di tutto il resto. Era il principe azzurro che aveva sempre desiderato trovare e ora non lo avrebbe mai lasciato andare. Era ciò che dava un senso alla sua vita. Era questo ciò che si ripeteva ogni giorno che si svegliava. Dai, aveva davvero pensato di fuggire da lui? Non sarebbe mai arrivato a farle troppo male o ucciderla... o almeno credeva... Ma d'altronde se lo meritava... Fabian aveva saputo sicuramente ciò che era successo con Jeffrey... Era giusto pagarne le conseguenze e non lasciare che ci rimettesse lui. Uscì dal suo nascondiglio e fermò Jeffrey prima che fosse troppo tardi. Lo portò via con sé, lontano dal suo futuro marito che sperò potesse perdonarla. Si diresse verso il cancello della casa a fianco, tirando Jeffrey per il braccio. Stava studiando le parole giuste per allontanarlo l'ennesima volta.
Si fermarono. Si voltò verso di lui il più corrucciata possibile, nonostante l'aria gelida le ricordasse quanto avesse pianto prima e quanto ancora le lacrime le stessero rigando il viso. Lui alzò piano lo sguardo verso il suo con un misto di vergogna e ricerca di compassione. Forse già intuiva il discorso che avrebbero inevitabilmente affrontato.

 Forse già intuiva il discorso che avrebbero inevitabilmente affrontato

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- Jeffrey... Tutto mi sembra così... assurdo...-, si rese conto che non aveva idea di cosa dirgli o rimproverarli. Davanti a lui, a quel suo volto così dolce e pulito, nonostante l'incessante lotta, le si scioglieva il cuore.
- Mi dispiace.-, sussurrò innocente come un bambino. Scosse la testa. Doveva usare il pugno di ferro.
- Potevi veramente ucciderlo!-, sbottò.
Jeffrey si sentì gravare sulle spalle un peso che non aveva mai portato. In guerra era normale uccidere. Si doveva sopravvivere. Si doveva eliminare l'origine del male. Sempre. Uccidere era come bere, mangiare, dormire. Era così lecito che aveva dubitato di poter rientrare a far parte della società. Uccidere Fabian gli sembrava ancora più normale, perché? Perché forse era l'unica persona che aveva da sempre desiderato con tutte le sue forze uccidere.
Le parole di Carley gli scivolarono addosso. Era diventato impermeabile allo scandalo dell'omicidio.
- Sì. Avrei potuto. Dovevo proteggerti.-
- Proteggermi?! Ma da chi?! Ma ti senti, Jeffrey? Credi veramente che Fabian potesse farmi del male? Il mio fidanzato?!-, Jeffrey la guardò negli occhi per focalizzare dentro di sé quell'immagine di persona talmente illusa da credere nella falsità che si era volontariamente creata così da non vedere la realtà dei fatti e per promettersi di non diventare mai come lei. Non riusciva a crederci. Dopo tutto quello che aveva fatto per lei. Dopo tutte le cavolate sull'amore che si erano pronunciati. Dopo tutto ciò che era successo tra loro due... lei continuava a stare dalla parte di Fabian in tutto e per tutto.
- Eppure te ne ha fatto. O no? Vuoi nascondere anche il dolore che provi solo per una persona imperdonabile come lui?! Te li sei procurati tu quei segni di colluttazione?! Quei lividi?! Mi vuoi dire questo?! E da quando in qua il tuo fidanzato è tornato ad essere importante per te?!-, stava perdendo il controllo di sé, come sempre quando era coinvolta lei. Era come guidare una macchina senza tergicristalli durante una bufera.
- Da quando ho capito che mi ama nonostante lo abbia tradito!-, si impose Carley, mentre Jeffrey sbottò letteralmente dal ridere. Le ripeteva "Stai scherzando, spero.".
- Per te l'amore è picchiare a sangue? Per te l'amore è dirti che sei una prostituta? Che non vali niente?!-
- Lui vuole anticipare il matrimonio! Se non mi amasse perché lo farebbe?!-
Le spalle di Jeffrey divennero ancora più tese e le labbra più rigide.
- Perché ti vuole prosciugare di tutto il tuo patrimonio. Lui non è assolutamente chi pensi.-, questa volta fu lei a ridergli in faccia. Era arrivato pure ad inventarsi la storiella della buonanotte. Erano al capolinea.
- Dici sempre le solite cazzate! Tu non hai idea di come è lui con me!-, gli gridò.
Jeffrey prese un attimo di tregua. Non doveva perdere il dominio di sé. Doveva rimanere concentrato.
- Hai ragione. Io non ho idea di come lui sia con te. Ma so perfettamente come è lui con me, con la mia famiglia e perché no, anche quando vi ho visti insieme.-, Carley non si aspettò una risposta del genere. Credeva di aver già vinto, ma la sorprese il fatto che le dimostrò che non fosse proprio così.
- Lui non ti guarda nemmeno negli occhi. Fa altro. Ti porta in giro come un trofeo. Come la figurina di calcio a cui tutti ambiscono, ma che solo lui è riuscito ad ottenere. Si ricorda di te solo quando ha voglia di scopare e a quel punto ti accarezza la coscia, va più giù. Cristo. Quante volte avrei voluto rompergli la mano in quel momento, in cui ti metteva in imbarazzo. Eppure non l'ho mai fatto. Te ne sei sempre uscita da questi "discorsi scomodi" dicendo che io non potevo sapere. Non potevo sapere quanto fosse perfetto con te. Bene, ok. Lo ammetto. Non lo so, anche se me lo immagino. Me lo immagino davvero.-, si fermò per darle giusto il tempo di seguirlo.
- Ti ricordi quando ci scrivevamo messaggi in inglese? Io sì, lo ricordo perfettamente. Ti ricordi che tre giorni dopo, in cui conseguivamo questo gioco, io poi non ti ho più parlato, neanche quando ci siamo realmente incontrati? Vuoi sapere perché? Beh, per colpa di lui. Mi ha scritto al posto tuo, insultandomi più volte per allontanarmi da te e ci sarebbe anche riuscito, se io non avessi intuito che non potevi essere stata tu per come ti dimostravi comunque docile e sincera. Ha più volte cercato di sabotarci. Portandoti via quasi tutte le volte che avremmo dovuto incontrarci o dicendoti che ero un tipo strano, ossessivo e possessivo. Sì, lo so che te lo ha detto. Ma comunque, passiamo oltre. È stato più volte irrispettoso con la mia famiglia, sfottendo mio zio, i miei cugini, riversando tasse salatissime a mio nonno, fingendosi rammaricato e mascherandolo come un prestito. Mio nonno non ha mai visto il buco di un quattrino da lui. Inoltre ha chiesto a mio padre, quando ancora era in vita, di difenderlo in tribunale per una faccenda che lui riteneva di poco conto. Bene, non si è neanche presentato di fronte al giudice, mettendo in ridicolo mio padre. Altro? Beh, quanto sai del suo passato o del suo presente? Ti ha mai detto che ogni giorno, picchiava le sue sorelle, perché da loro contraddetto? O solo per divertimento? Ti ha mai detto dove era...-, elencò diverse giornate in cui Fabian era uscito di casa non per andare da lei.
- Ti ha mai detto cosa ha veramente fatto nei sui innumerevoli viaggi in India?-, si fermò. Si era ripromesso di non dirle mai niente a riguardo o perlomeno di usare il guanto di velluto.
- Ci siamo incontrati in un suo viaggio. Io ero di turno a Mosca con Jonathan. Ci chiamano per un raid notturno di controllo all'ospedale militare. Parlavamo di te prima di trovarci davanti uno di quei russi che prima ha tentato di ucciderti. Fece esplodere una bomba e riuscimmo ad uscire per puro miracolo. Persi i sensi. Mi risvegliai incatenato al soffitto di una stanza vuota. Lui era lì. Mi si avvicina. Mi gira intorno. Mi confessa di essere un capo terrorista. Mi minaccia di farti del male. Mi odia e io odio lui. Mi ha torturato per tre lunghi anni. Voleva che diventassi un suo uomo. Mi ha imposto di farmi un tatuaggio in lingua russa. Mi ha messo al fianco di un contrabbandiere d'armi e droga. Ho fatto il doppio gioco per un po'. L'ho ucciso per sopravvivere. Sono fuggito dal resto dei suoi uomini e ho chiamato l'esercito affinché Fabian venisse preso. Non è successo. Era già scappato. Non ha lasciato alcun segno di sé. I suoi uomini sono svaniti come fantasmi. Sono stato congedato forzatamente per essere stato sottoposto ad eccessivo stress. Sono tornato qui. E lui era accanto a te.-, Carley non riusciva a guardarlo, né a credergli. Si accosta a lei pacato.
- Ora sì che posso risponderti, Carley. No. Non è morto, né in mano alle autorità. Ma sì. Trovo che debba esserlo. Chi mi ha fatto queste cicatrici... è Fabian.-.

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